Pilo Albertelli è stato un insegnante e partigiano italiano
Pilo Albertelli nacque a Parma il 2 ottobre 1907, figlio dell’onorevole socialista Guido, eletto per più legislature negli anni tra il 1900 e il 1920, rappresentante delle attese operaie della Bassa Parmense, avversato dai fascisti e costretto a lasciare la sua città nel 1925, dopo che le squadre fasciste gli incendiarono lo studio. In questa atmosfera familiare, impregnata dal culto del Risorgimento e di Giuseppe Mazzini egli si formò ed aprì la mente ad alti ideali ed alla concezione che la vita va vissuta come una missione. Si laureò a Roma nel 1930 in filosofia, dopo avere avuto in Guido Calogero uno dei suoi maestri e successivamente suo compagno di lotta nella Resistenza. Iniziò l’insegnamento al Liceo di Formia, poi al “Tasso” dì Roma e quindi al Liceo di Livorno; nel 1935 fu trasferito al Liceo “Umberto I” di Roma dove insegnò fino al 1941. Qui svolse un insegnamento che assunse sempre più l’aspetto di un vero apostolato.
Il regime, nel pieno trionfo delle sue idee malsane (siamo alla vigilia dell’Impero), fa presa su quelle coscienze di adolescenti soffocando le loro personalità e con queste le loro fresche energie. Anche a Roma gli studenti hanno per lui grande affetto e ammirazione e attendono le sue lezioni; finita l’ora, i giovani gli si accalcano intorno. Quante volte la sua voce suonava dalla cattedra ammonitrice contro le false idealità del fascismo, ma non uno tra centinaia di giovani che lo ebbero come maestro osò accusare il professore antifascista tanto egli sapeva entrare nei loro cuori. Testimoniano dei suoi allievi Mario Del Viscovo scrivendo: “Durante tre anni, stringendoci intorno a lui quasi materialmente, salutandolo mentre entrava e lasciandolo quasi a malincuore, noi sentivamo che aveva fiducia in noi, che non eravamo qualcosa che trattasse con freddezza e disinteresse, ma il centro della sua vita: pareva che per noi egli studiasse e vivesse, a noi pensasse tutta quanta la sua giornata”. La lotta al fascismo era cominciata presto nella vita di Pilo Albertelli.
Nel 1928 fu uno degli organizzatori della rivista “Pietre” che avrebbe dovuto essere un organo di diffusione della concezione liberal-socialista. L’iniziativa lo portò ben presto in carcere, nell’aprile del ‘28, (allora aveva appena più di 20 anni) con i suoi amici. Tra essi Ugo La Malfa, Lelio Basso, Gino Luzzatto, Mario Vinciguerra, Umberto Segre e altri. Fu condannato a 5 anni di confino, poi tramutati in 3 anni di sorveglianza speciale. Nel 1941 lasciò il Liceo Umberto e iniziò la sua collaborazione all’Istituto di Studi Filosofici, dopo aver pubblicato due importanti lavori: “Problema morale nella filosofia di Platone” e il volume degli “Eleati” nella collana dei filosofi antichi di Laterza. Intanto si era entrati in guerra.
Fu uno tra i fondatori del Partito d’Azione nel 1942, insieme al suo grande amico Ugo La Malfa e ad altri. Collaborò al giornale clandestino “L’Italia Libera” ed è suo il corsivo del 25 luglio 1943. Egli iniziò ad operare nell’organizzazione militare clandestina del Partito d’Azione della quale assunse il comando a Roma. L’8 settembre 1943, con l’abbandono della Capitale da parte della Corona, con lo sfacelo dell’Esercito tradito dai capi, si apre l’ultimo atto della tragedia nazionale, atto del quale doveva farsi protagonista quella parte più generosa del popolo italiano, in cui il senso della libertà non fu mai spento, il popolo dei patrioti, dei partigiani, dei non collaborazionisti, dei cospiratori contro i nazi-fascisti. Pilo Albertelli è con questo popolo in armi che, accanto a sparute unità dell’Esercito, salvava a S. Giovanni e a S. Paolo, contro i tedeschi, l’onore della Città Eterna. E comincia per lui, infaticabile, l’opera quotidiana di raccolta e di trasporto d’armi e di munizioni, di organizzazione di squadre armate; di depositi clandestini, ricoveri di fortuna, documenti falsi e le prime operazioni belliche sulle vie di comunicazioni nemiche. Si dedicava alla lotta e all’organizzazione cospirativa e come dice il prof. Vittorio Ezio Alfieri, suo amico fraterno: “suscita ammirazione e reverenza vedere questo professore, questo uomo di altissima cultura mettere da parte ciò che era stato l’oggetto principale della sua vita, i libri e le disquisizioni teoriche, e mostrare con i fatti che la filosofia non è filosofia vera se non è vissuta”.
Il 1’ marzo 1944, dietro denuncia di un delatore, fu arrestato e portato alla Pensione Oltremare, covo della Banda Koch, dove cominciarono le torture nel vano tentativo di farlo parlare. Due volte tentò di togliersi la vita. Martoriato, con tre costole rotte, non parlò. Il 20 marzo lo trasferirono a Regina Coeli. Poi fu trucidato nell’eccidio delle Fosse Ardeatine alla periferia di Roma”, dove muore il 24 marzo 1944.
In Pilo Albertelli il Paese ha riconosciuto, oltre all’uomo di azione, le straordinarie qualità morali e le capacità di trasmetterle ai suoi allievi, facendogli l’onore di intestare al suo nome tre scuole e tre strade, a Parma, a Livorno e a Roma.
Guido Albertelli
Per approfondire:
“Pilo Albertelli – Una vita per la libertà da Parma alle Fosse Ardeatine” a cura dell’Istituto comprensivo Albertelli – Newton, M68, Parma, 2005; Vittorio Enzo Alfieri, “Pilo Albertelli : filosofo e martire delle Fosse Ardeatine”, Spes, Milazzo, 1984; Benedetto Croce, “Lettere a Vittorio Enzo Alfieri”, Sicilia Nuova Editrice, Milazzo, 1976