GINZBURG LEONE

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Leone Ginzburg nasce a Odessa il 4 aprile 1909.

Nella Torino magica di quegli anni che vede ritrovarsi Piero e Ada Gobetti, Alessandro Galante Garrone, Carlo Levi, Norberto Bobbio, Franco Venturi , Aldo Garosci, Luigi Einaudi e il figlio Giulio, Massimo Mila, Cesare Pavese, Natalia Levi, Barbara Allason, Augusto Monti e tantissimi altri, incontriamo anche Leone Ginzburg. Sarebbe da studiare la Torino di quegli anni, magico esempio di cultura, di resistenza civile, di intransigenza democratica, di amore disinteressato per gli altri. Di famiglia ebrea di origine russa ma naturalizzato italiano Leone frequenta il Liceo Massimo d’Azeglio quando comincia a scrivere lunghi racconti, traduce da Gogol “Taras Bulba”, scrive un saggio su “Anna Karenina”.

A Parigi, dove si era recato per completare la tesi di laurea in lettere, aveva avuto modo di incontrare Croce, Carlo Rosselli, Salvemini che inevitabilmente influenzano i suoi orientamenti politici.
Leone Ginzburg, dopo la laurea in Lettere Moderne aveva subito ottenuto la libera docenza . Con Giulio Einaudi costituisce l’omonima Casa editrice. L’8 gennaio del 1934 è uno dei pochi docenti a rifiutare il giuramento di fedeltà al regime fascista, pagandolo con l’estromissione dall’università. Non solo: intensifica l’attività clandestina nel movimento “Giustizia e Libertà” e poche settimane dopo viene arrestato con Carlo Levi, Augusto Monti ed altri.

Ginzburg fu uno dei pochi che cercò di capire cos’era avvenuto in molti giovani con l’iscrizione al partito nazionale fascista. Nel 1933 scrive:” Per molti giovani l’iscrizione avvenuta o prossima…è stato praticamente il primo compromesso con la propria coscienza e sarà il primo rimorso. Noi vogliamo essere vicini a questi giovani…non permetteremo che si avviliscano di più, che da un primo compromesso accettato a malincuore siano tratti a desiderarne e a promuoverne altri…..ma è necessario che approfondiscano la loro coscienza rivoluzionaria con la meditazione, lo studio, l’attività clandestina”.

Il Tribunale speciale condanna Ginzburg a quattro anni di reclusione. Un’amnistia gliene risparmia due, e lui esce dal carcere di Civitavecchia il 13 marzo del 1936. Come sorvegliato speciale non può svolgere attività pubblicistica, così svolge, con Cesare Pavese, un intenso lavoro all’Einaudi. Si sposa nel ’38 con Natalia Levi, e lo stesso anno, a causa delle leggi razziali, perde la cittadinanza italiana. Quando, nel 1940, l’Italia entra nel conflitto, Ginzburg è arrestato e confinato, come “internato civile di guerra” in Abruzzo, a Pizzoli.

Con la caduta del fascismo, il giovane intellettuale ritorna a Roma ed è tra gli organizzatori del Partito d’Azione e poi delle formazioni partigiane di “Giustizia e Libertà”. Lavora alla sede romana
dell’Einaudi e, durante l’occupazione, adotta il nome di copertura di Leonida Gianturco. Dirige “L’Italia Libera”, giornale del Partito d’Azione, sino a che viene sorpreso nella tipografia clandestina.
È il 20 novembre del 1943. A Regina Coeli i fascisti scoprono presto chi è davvero Leonida Gianturco e il 9 dicembre Leone Ginzburg viene trasferito nel “braccio” controllato dai tedeschi. Interrogatori, torture, una mascella fratturata.

Leone Ginzburg scrive alla moglie Natalia Levi, che diverrà la grande scrittrice e commediografa che tutti noi conosciamo come Natalia Ginzburg : “Una delle cose che più mi addolora è la facilità di cui le persone intorno a me (e qualche volta io stesso), perdono il gusto dei problemi generali dinanzi al pericolo personale. ”

Purtroppo Leone Ginzburg non sopravvisse alla fine del fascismo. Morì nel 1944 nell’infermeria del carcere di Regina Coeli, dove giunge in gennaio, in stato di semincoscienza, una mascella fratturata, per le torture subite dai tedeschi. Nei giorni successivi si spegne, senza che nessuno gli abbia prestato soccorso.

Queste le poche parole con cui Natalia ricorda gli ultimi giorni di Leone: “Venne poi il 25 luglio, e Leone lasciò il confino e andò a Roma. Arrivata (anch’io) a Roma, tirai il fiato e ho sperato che sarebbe cominciato per noi un tempo felice. Non avevo molti elementi per crederlo, ma lo credetti. Leone dirigeva un giornale clandestino ed era sempre fuori di casa. Lo arrestarono, venti giorni dopo il nostro arrivo; e non lo rividi mai più…Leone era morto in carcere, nel braccio tedesco delle carceri di Regina Coeli, a Roma durante l’occupazione tedesca, un gelido febbraio”. La morte lo aveva raggiunto il 5 febbraio 1944.

Fabio Galluccio

Per approfondire si vedano i suoi scritti:

“La tradizione del Risorgimento” con prefazione di Maurizio Viroli, Castelvecchi, Roma, 2014; “Anna Karenina” di Lev Tolstoj con traduzione di Leone Ginzburg e introduzione di Natalia Ginzburg, Einaudi, Torino, 2014; “Lettere dal confino: 1940 – 1943” a cura di Luisa Mangoni, Einaudi, Torino, 2004; “Scritti” a cura di Domenico Zucaro, prefazione di Luisa Mangoni, con introduzione di Norberto Bobbio, Einaudi, Torino, 2000; “Scrittori russi”, Einaudi, Torino, 1948

Si vedano inoltre su di lui:

Angelo D’Orsi “L’intellettuale antifascista. Ritratto di Leone Ginzburg”, Neri Pozza, Milano, 2019; “Carlo Muscetta Leone Ginzburg” a cura di Vincenzo Frustaci, Il Girasole, Valverde, 2012; “L’itinerario di Leone Ginzburg” a cura di Nicola Tranfaglia, Bollati Boringhieri, Torino, 1996;

 

 

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