ARTOM EMANUELE

 

Emanuele Artom è nato a Torino il 23 giugno 1915 da genitori appartenenti alla media borghesia ebraica, entrambi valenti insegnanti. Il papà, il Prof. Emilio era stato volontario nella prima guerra mondiale e considerava il Risorgimento come il sanzionatore, non solo della unità e della libertà d’Italia, ma altresì dell’emancipazione ebraica. Il Prof. Emilio, insegnante di matematica al liceo scientifico, aveva una profonda cultura umanistica ed anche della lingua, della letteratura e delle tradizioni ebraiche; la mamma, la Prof.ssa Amalia, anch’essa insegnante di matematica.) era donna di grande cultura e sensibilità. Nell’impegno di Emanuele negli studi storici e politici, nell’ebraismo, nella lotta partigiana ed nel suo stesso sacrificio si intrecciano i temi che hanno caratterizzato tutta la sua vita, il suo essere ebreo e lo spirito patriottico risorgimentale, frutto entrambi dell’educazione ricevuta nella sua esemplare famiglia . Da entrambi i genitori Emanuele trasse la vocazione all’ insegnamento; anche nella sua attività partigiana si dedicò infatti con passione alla istruzione ed all’educazione dei suoi compagni, spesso valligiani incolti o, comunque, ragazzi cresciuti nella scuola fascista ignorando completamente ogni nozione di libertà e di democrazia.

Emanuele, avido lettore fin dall’infanzia, fu allievo del Prof. Augusto Monti al Liceo D’Azeglio di Torino. Ancor giovanissimo, negli anni 1935 – 1936 pubblicò degli studi storici, di storia antica e medioevale .Si laureò in lettere il 9 novembre 1937. Le leggi razziali fasciste restrinsero in modo molto importante le possibili attività di Emanuele dopo la laurea; impedendogli di avviarsi verso una regolare carriera universitaria e consentendogli solo delle ricerche e traduzioni di antichi storici greci ed ebrei . Particolarmente importante per la formazione politica di Emanuele fu un suo studio su David Levi, patriota risorgimentale, mazziniano, ebreo, chierese, basato su un manoscritto depositato da Nello Rosselli al Museo nazionale del Risorgimento di Torino; proprio da questo studio Emanuele ebbe occasione di approfondire le idee mazziniane e trarre ispirazione per la sua azione politica ..

A partire dall’autunno 1938, inizio delle persecuzioni razziali antiebraiche, a Emanuele ed al fratello minore Ennio ( perito poi tragicamente in un incidente alpinistico nell’estate (1940 ) fu affidata la Biblioteca della Comunità Ebraica di Torino; essi seppero trasformare quella che inizialmente era solo la sede per prelevare e scambiare libri di cultura ebraica in un luogo di vivaci riunioni settimanali dei giovani della Comunità, cui era preclusa ogni altra attività sociale; in tali incontri venivano illustrati e discussi temi storici, filosofici, religiosi e politici, con le debite cautele, dati i tempi; venivano inoltre organizzate piccole feste, gite in bicicletta o in montagna. Su Emanuele Artom e su alcuni altri frequentatori della Biblioteca ebraica di Torino in quegli anni l’Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione ha promosso recentemente, in una successione di città, la interessante mostra multimediale: “ A noi fu dato in sorte questo tempo”.

Fin dal marzo 1943 Emanuele aderì al Partito d’Azione, iniziando a svolgere la prima attività clandestina, successivamente aderì anche al Movimento Federalista Europeo del quale divenne un convinto sostenitore e propagandista. Emanuele era un convinto sostenitore dell’unità federale europea; per l’Europa “ si chiede una organizzazione con cui i cittadini europei abbiano rapporti diretti e non attraverso i governi, cioè la costituzione di uno Stato solo , sia pure con autonomie nazionali ……l’attuale conflitto ha aggiunto nuovi elementi e tra i principali : la divisione fra le due parti non è territoriale, ma politica fra partiti e non fra paesi; ……………è assurdo che domani risorgano le barriere fra popolazioni confinanti che da anni combattono una sola lotta: contro Hitler e …per la distruzione del fascismo “ ( Diari –pag. 47).

Immediatamente dopo l’armistizio, il 9 settembre 1943, Emanuele si “arruolò Volontario” nella Resistenza . Pochi giorni dopo egli salì in val d’Angrogna ed entrò nelle bande “Italia Libera” della Val Pellice, divenute in seguito V Divisione Alpina “Giustizia e Libertà”; egli venne inviato, come delegato del Partito d’Azione presso il Comando delle bande garibaldine di Barbato; qui affrontò con grande impegno le difficoltà della vita partigiana e, pur essendo negato a ogni attività manuale, dovette imparare mille umili incombenze (accendere il fuoco, spaccare la legna, farsi da mangiare, lavarsi la biancheria) e adattarsi a sopportare fatiche fisiche oltre al freddo, talvolta alla fame; ma anche in tale situazione egli cercò sempre dei ritagli di tempo da dedicare allo studio ed alla scrittura. Il suo compito principale consisteva nell’intrattenere i rapporti con la popolazione civile ma volle anche partecipare a qualche azione di guerriglia e dovette subire il suo primo rastrellamento. Nella banda garibaldina ebbe occasione di incontrare qualche partigiano, comunista convinto, con cui affrontò accanite discussioni sostenendo gli ideali socialdemocratici del Partito d’Azione; dopo essersi confrontato con il fanatismo di alcuni comunisti sentenziò: “ I fascisti fanno schifo, i nazisti orrore, i comunisti spavento” (Diari – pag.102) .

Conclusa l’esperienza del collegamento con le bande garibaldine ai primi di gennaio 1944 Emanuele rientrò in Val Pellice dove gli venne affidato il compito di Commissario Politico delle Formazioni di “Giustizia e Libertà” di quella valle. Nonostante la sua costituzione fisica poco adatta alle fatiche ed ai disagi della vita partigiana, in montagna, d’inverno, Emanuele era infaticabile nel visitare le varie Bande per portare la sua parola volta a incoraggiare i partigiani, spesso restii ai discorsi, ed a spiegare loro le ragioni e gli scopi di una lotta non solo di liberazione, contro gli invasori nazisti ed i loro sostenitori fascisti, ma altresì di rinnovamento democratico rifiutando invece l’idea di “guerra civile”. Egli affermava infatti : “voglio combattere la guerra contro i tedeschi e non la guerra civile” ( Diari – pag.72 ) .

Egli era ben conscio dei pericoli che affrontava come ebreo oltre che come partigiano; poche settimane prima di esser catturato, con tragica preveggenza, scriveva nei suoi Diari : “per il soldato la prigionia può essere anche un rifugio, per noi è la morte, e che morte: La morte di quel partigiano a cui i tedeschi strapparono le unghie prima di farlo fucilare” (Diari – pag.111) .

Il 23 marzo 1944, proseguendo in un grande rastrellamento già iniziato nelle Valli del Pellice i carri armati nazisti risalivano la valle Germanasca, sede del comando GL del quale faceva parte Emanuele; per sfuggire al rastrellamento, con alcuni compagni, egli cercò di passare in Val Pellice attraverso il Col Giulian, ma qui, sfinito per la lunga faticosa salita nella neve ancora alta si lasciò catturare da una pattuglia di militi appartenenti alle SS Italiane. Solo dopo qualche tempo abbiamo appreso le tragiche vicende che seguirono: riconosciuto come ebreo, dopo quasi due settimane di inenarrabili dileggi e sevizie Emanuele morì in una cella del carcere Le Nuove di Torino, il 7 aprile 1944; fu sepolto in un luogo rimasto tuttora ignoto, sulle rive del Sangone.

Emanuele ha impersonato perfettamente il militante di “Giustizia e Libertà”, sapendo unire il pensiero all’azione e contribuendo con l’esempio e con la sua opera di educatore a consolidare quelle caratteristiche di correttezza, di autodisciplina, di rispetto per la giustizia e di solidarietà, che contraddistinsero le Formazioni partigiane GL.

. Ugo Sacerdote

 

Per approfondire:

A cura di Guri Schwarz, “Emanuele Artom, Diari di un partigiano ebreo”, Bollati Boringhieri, Torino, 2008; a cura di Alberto Cavaglion, “La moralità armata. Studi su Emanuele Artom 1915-1944”, Franco Angeli, Milano, 1993; “Principi di storia e cultura ebraica. Emanuele Artom”, con prefazione di Max Varadi, Fondazione per la gioventù ebraica, Roma, 1978

 

 

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