Nasce a Meana di Susa, in provincia di Torino, il 13 agosto 1907.
Dopo avere frequentato la scuola elementare Federico Sclopis prosegue gli studi ginnasiali e liceali presso l’Istituto sociale dei padri gesuiti, dove conosce Mario Soldati e Carlo Dionisotti, legandosi a quest’ultimo di profonda amicizia. Nel 1925 si iscrive alla Facoltà di Lettere dell’Università di Torino ma dopo un anno passa a Giurisprudenza dove nel 1929 si laurea con Gioele Solari in filosofia del diritto, con una tesi su Jean Bodin. Gli anni dell’Università sono quelli della sua maturazione intellettuale e della sua formazione antifascista: frequenta il socialista Fernando De Rosa e conosce il pittore Carlo Levi.
Collaboratore, dopo la morte di Piero Gobetti, della rivista “Il Baretti”, nel 1930 è con Mario Andreis autore del foglio clandestino “Voci d’officina” e tra gli organizzatori a Torino del movimento antifascista clandestino “Giustizia e Libertà”. Sfugge agli arresti del 1932 e ripara in Francia dove a Parigi ritrova gli amici Franco Venturi e Carlo Levi, inserendosi presto nel vivace clima della cultura antifascista: collabora strettamente con Carlo Rosselli e diventa redattore del settimanale “Giustizia e Libertà”.
Arrestato ed espulso dalla Svizzera, si reca a Barcellona per prendere contatti con le forze rivoluzionarie. Partecipa attivamente alla guerra civile spagnola arruolandosi nella Colonna italiana guidata da Carlo Rosselli. L’esperienza spagnola sarà per lui un momento molto importante per le sue caratteristiche di autogoverno e spontaneità.
Dopo l’assassinio dei fratelli Rosselli per mano dei sicari fascisti il 9 giugno 1937, prende la guida del movimento di Giustizia e Libertà insieme ad Alberto Cianca, Fernando Schiavetti, Emilio Lussu e Silvio Trentin. Lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale e l’invasione della Francia nel 1940 da parte delle truppe naziste lo costringono a emigrare negli Stati Uniti, dove prosegue l’attività antifascista al fianco di Gaetano Salvemini. Sono gli anni in cui collabora con la Mazzini society, coi “Quaderni italiani” di Bruno Zevi e in cui scrive la “Vita di Carlo Rosselli”. Questo libro costituisce il primo esempio del lavoro storiografico garosciano che unisce la testimonianza personale alla ricerca documentaria.
Nel 1943 è paracadutato nei pressi di Roma ed entra a far parte del Partito d’Azione e della Resistenza. Dopo lo scioglimento del partito, confluisce nel Psdi. Tra il 1948 e il 1949 dirige il quotidiano “L’Italia Socialista”. Nel 1953 è accanto a Tristano Codignola, Piero Calamandrei e Paolo Vittorelli nel Movimento di Unità popolare. Collabora con la RAI e con varie testate, fra cui “Il Mondo” di Mario Pannunzio. Tra il 1953 e il 1963 insegna Storia delle dottrine politiche all’Università di Roma e dal 1963 è ordinario di Storia del Risorgimento all’Università di Torino e poi di Storia moderna dal 1968.
In quegli anni riprende il filo dell’attività politica ed entra nella Direzione del Partito socialista unificato, poi del Psdi. Dal 1969 al 1972 dirige il quotidiano “L’Umanità”.
Muore a Roma il 3 gennaio 2000.
Marco Zanier
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Per approfondire si vedano i suoi testi:
“Rileggere Carlo Rosselli nell’Italia del dopoguerra” a cura di Lauro Rossi ed Elena Savino, con introduzione di Paolo Bagnoli, Biblion, Milano, 2018; “Adolfo Omodeo“ a cura di Maurizio Griffo, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma, 2013 “Social-democrazia e terza via”, Fondazione Turati, Pistoia, 1982; “Il nodo israeliano”, Sansoni, Firenze, 1977; “Roma e la Resistenza”, Istituto di Studi romani, Roma, 1975; “Gli intellettuali e la guerra di Spagna”, Einaudi, Torino, 1959;“Storia dei fuoriusciti”, Laterza, Bari, 1953; “La vita di Carlo Rosselli”, Edizioni U, Roma, 1945
Si veda inoltre su di lui:
“L’impegno e la ragione: carteggio fra Aldo Garosci e Leo Valiani (1947 – 1983)” a cura di Franco Fantoni, Franco Angeli, Milano, 2009