Silvio Trentin nasce a S. Donà di Piave l’11 novembre 1885 da una famiglia di possidenti terrieri. Con la guida del maestro Ciceri frequenta a S. Donà i cinque anni della scuola elementare. Dagli insegnamenti del maestro apprende un’educazione mazziniana basata sui doveri dell’uomo, che persegue coerentemente per tutta la vita. Il padre muore a causa di una polmonite e Trentin resta orfano a soli 7 anni. Ha cura di lui e dei fratelli soprattutto lo zio paterno Antonio. Dopo le scuole elementari viene iscritto al liceo ginnasio Canova di Treviso. Di carattere vivace, viene espulso dal Collegio per le sue esuberanze giovanili. Allora lo zio lo iscrive al liceo “Marco Foscarini”. Dopo il liceo frequenta l’Università di Pisa e nel 1908 si laurea in legge. Ottiene la cattedra di Diritto Amministrativo e insegna nelle Università di Pisa, Camerino e Venezia.
A S. Donà muore il fratello maggiore Giorgio e così deve occuparsi del nipote Bruno e dei beni familiari. Nel 1916 sposa Beppa Nardari e dal matrimonio nascono tre figli, Giorgio, Bruno e Franca.
Intanto, nel 1915, l’Italia entra in guerra a fianco degli alleati contro l’Austria e Trentin parte volontario. Ritiene la guerra necessaria, sia per il completamento dell’unità nazionale con Trento e Trieste, che per bloccare la preponderante potenza tedesco-austriaca. Non è nazionalista, ma fa parte del gruppo di interventisti democratici. Compie numerose azioni di guerra, tanto da ricevere medaglie al valore ed encomi.
L’esperienza della guerra è traumatica, tanto da rimuovere le sue precedenti convinzioni, ed egli comincia a nutrire la speranza di un futuro di pace.
Dopo la guerra, si interessa alla creazione di un Istituto di Credito per lo sviluppo economico del Veneto. Successivamente si candida alle elezioni politiche in una lista denominata Democrazia sociale veneziana e risulta l’unico eletto di quel cartello. La legislatura dura solo un anno e quattro mesi. Non viene rieletto nelle successive elezioni politiche.
Dopo avere vinto un concorso per la Cattedra di Diritto amministrativo torna all’insegnamento a Macerata.
L’antifascismo di Trentin è una rivolta morale, che egli manifesta apertamente contro il regime fascista recandosi, il 4 novembre 1924, a rendere omaggio alla tomba di Giacomo Matteotti nel cimitero di Fratta Polesine. Quando il regime proibisce ai dipendenti dello Stato di manifestare liberamente le loro opinioni intellettuali e politiche, Trentin si dimette per protesta dal suo incarico all’Università.
La vita per gli oppositori diviene difficile e Trentin con la famiglia si trasferisce in volontario esilio in Francia. Vende tutti i suoi beni in Italia e, con il capitale ricavato, acquista una azienda agricola a Ville du Cedon vicino ad Auch.
Purtroppo, a causa della crisi monetaria, l’investimento nell’azienda agricola non è una scelta felice, pertanto è costretto a rivenderla. Per mantenere la famiglia, svolge umili lavori manuali in una tipografia di Auch. Per dissidi con il datore di lavoro, viene licenziato con conseguenze economiche disastrose. La moglie è costretta dalle necessità a vendere gioielli e mobili. Grazie all’aiuto degli amici, si trasferisce nel 1934 a Tolosa dove acquista una libreria, che diventa presto un centro di incontro e di collegamento dei maggiori antifascisti, sia durante la guerra civile spagnola che nel periodo successivo all’occupazione tedesca in Francia.
Prende contatti con Carlo Rosselli, Lussu, Salvemini e altri antifascisti. Aderisce al Partito Repubblicano Italiano in esilio, poi alla Concentrazione Antifascista e infine al movimento Giustizia e Libertà.
Dopo lo scellerato patto Molotov – Ribbentrop del 1939, superando le sue riserve, appoggia l’unità d’azione con i comunisti italiani per combattere il nazifascismo. La sua salute è malferma, soprattutto per un disturbo cardiaco che talvolta lo costringe, con suo rammarico, a giorni di inattività.
La notizia dell’assassinio dei fratelli Rosselli lo colpisce profondamente. Di tale delitto accusa pubblicamente il fascismo tanto da provocare le ritorsioni del governo fascista italiano.
Intanto l’Italia, nel 1940, entra in guerra a fianco della Germania. Con l’occupazione tedesca della Francia nasce il governo collaborazionista di Vichy, e per Trentin comincia un periodo di intensa attività nella Resistenza francese.
Allo scopo di promuovere il futuro degli Stati Uniti d’Europa, nel 1942 fonda il movimento Libérer et fédérér, in sintonia con il Manifesto di Ventotene di Spinelli, Rossi e Colorni.
Dopo la caduta del fascismo del 25 luglio 1943 torna in Italia. Al suo arrivo a S.Donà di Piave, riceve dagli amici e dai concittadini una festosa accoglienza. Dopo l’8 settembre, quando la città viene occupata dai tedeschi, i suoi concittadini mostrano nei suoi riguardi diffidenza e paura. Questo atteggiamento lo rattrista profondamente.
Si dedica ad organizzare le formazioni partigiane di Giustizia e Libertà nella Resistenza veneta.
La notte del 19 novembre viene arrestato da agenti fascisti e condotto nel carcere Parlotti, dove per due giorni è sottoposto a sfibranti interrogatori. Pochi istanti prima dell’arresto, per non tradire i compagni, ingoia i documenti più compromettenti. A dicembre viene rilasciato sofferente ed esausto. Le sue condizioni di salute peggiorano. Muore il 12 marzo 1944 a Monastier di Treviso. Prima di morire, su un foglio scrive: “Purchè l’Italia viva”.
Vittorio Cimiotta
Per approfondire si vedano i suoi scritti:
“Diritto e democrazia. Scritti sul fascismo 1928 – 1937” a cura di Giannantonio Paladini, con introduzione di Angelo Ventura, Marsilio, Venezia, 1988; “Federalismo e libertà : scritti teorici 1935-1943” a cura di Norberto Bobbio, Marsilio, Venezia, 1986; “Antifascismo e rivoluzione: scritti e discorsi 1927 – 1944” a cura di Giannantonio Paladini, Marsilio, Venezia, 1985; “Politica e amministrazione : scritti e discorsi 1919-1926” a cura di Moreno Guerrato, Marsilio, Venezia, 1984; “Dallo Statuto albertino al regime fascista” a cura di Alessandro Pizzorusso, Marsilio, Venezia, 1983; “Dieci anni di fascismo totalitario in Italia: dall’istituzione del Tribunale Speciale alla proclamazione dell’Impero, 1926 – 1936” con prefazione di Enzo santarelli, Editori Riuniti, Roma, 1975; “Stato, Nazione, Federalismo”, La Fiaccola, Milano, 1945 (ora anche in anastatica presso Marsilio, Venezia, 2010); “La crise du droit et de l’état” con prefazione di F. Geny, L’Englatine, Bruxelles, 1935 (ora anche in italiano “La crisi del diritto e dello stato” a cura di Giuseppe Gangemi, Gangemi, Roma 2006); “Autonomia, autarchia, decentramento”, Officine Grafiche Ferrari, Venezia, 1925
Si vedano inoltre gli studi su di lui:
Frank Rosengarten “Slvio Trentin dall’interventismo alla Resistenza” , Ronzani, Dueville, 2021; Norberto Bobbio “L’esempio di Silvio Trentin. Scritti 1954 – 1991” a cura di Pina Impagliazzo e Pietro Polito, Firenze University Press, Firenze, 2020; Giuseppe Gangemi “G. B. Vico nel pensiero di Silvio Trentin”, Gangemi, Roma, 2017; “Liberare e federare. L’eredità intellettuale di Silvio Trentin” a cura di Fulvio Cortese, Firenze University Press, Firenze, 2016; “Dalla libertà al federalismo. Silvio Trentin tra storia e teoria politica” a cura di Davide Cadeddu, Biblion, Milano, 2010; Silvio Cortese “Libertà individuale e organizzazione pubblica in Silvio Trentin”, Franco Angeli, Milano, 2008; Moreno Guerrato “Silvio Trentin. Un democratico all’opposizione”, Vangelista, Milano, 1981; Vittorio Ronchi “Silvio Trentin, ricordi e pensieri 1911 – 1926”, Canova, Treviso, 1975