17 aprile 1918 nasce Luciano Bolis

Luciano Bolis nacque a Milano il 17 aprile 1918 da una famiglia di origini bergamasche, ultimo di tre fratelli (i primi, Marco e Gianfranco, diverranno anch’essi antifascisti e partigiani). Dopo gli studi liceali, dove ebbe come compagno di banco e poi amico di sempre il noto scrittore Luigi Santucci, pensava di dedicarsi all’attività musicale, poi si iscrisse alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Pavia, dove ebbe docenti che lo influenzarono in senso liberale e antifascista. Egli scese allora anche sul piano dell’azione con la diffusione di volantini e di opere vietate dal regime, prendendo contatti a Milano con Ugo La Malfa e con Ferruccio Parri (che fu uno dei riferimenti etico-politici fondamentali della sua vita).

Si laureò nel 1942, ma nello stesso anno fu arrestato e condotto davanti al Tribunale Speciale per l’attività cospirativa degli anni precedenti. Il processo si tenne a Roma il 24 novembre 1942 e Bolis fu condannato, restando poi in carcere a Castelfranco Emilia (Modena) fino al 27 agosto 1943.

Il libro che più l’influenzò fu ‘I doveri dell’uomo’ di Giuseppe Mazzini e mazziniano Bolis restò sempre nell’amore congiunto per l’Italia libera e l’Europa unita, oltre che nell’impostazione etico- religiosa.

Liberato dopo la caduta del fascismo, riprese i contatti con gli ambienti antifascisti milanesi, ma fu costretto alla fuga in Svizzera, dopo la proclamazione della filo-nazista Repubblica di Salò. Lì conobbe in particolare Ernesto e Ada Rossi, ai quali si legò profondamente per tutta la vita e dai quali ebbe anche le più precise indicazioni sull’idea e sul movimento federalisti. Altri incontri importanti furono quelli con Altiero Spinelli, autore con Rossi e Colorni del ‘Manifesto di Ventotene’, e con Fernando Schiavetti, già repubblicano, che aveva aderito negli anni Trenta a Parigi al Movimento ‘Giustizia e Libertà’ di Carlo Rosselli e che gli fece conoscere il maggiore scritto teorico del Martire ’Socialismo Liberale’ del 1930, che costituì una svolta nella formazione di Bolis e diede una tendenza anche socialista alla sua formazione di base, liberale in senso crociano e democratica in senso mazziniano.

Come Rossi e Schiavetti, anche Bolis aderì al Partito d’Azione, il vero nuovo partito politico antifascista dello scenario italiano, fondato nel 1942, i cui principali esponenti come Parri e La Malfa Bolis già conosceva.

Si dedicò ad un’opera di proselitismo azionista e federalista tra i giovani che erano espatriati, ma sentiva sempre l’urgenza e il dovere di impegnarsi in Patria nella Resistenza contro il nazi-fascismo oppressore. L’occasione capitò, quando furono arrestati Masia a Bologna e Lanfranco a Genova e Parri lo mandò a chiamare. Bolis scelse di andare in Liguria, dove era meno conosciuto, e dove divenne segretario regionale del Partito d’Azione clandestino e ispettore delle Brigate di ‘Giustizia e Libertà’ sia in città che in montagna. Fu fermato il 6 febbraio 1945 dai fascisti genovesi e torturato in modo bestiale. Bolis per non parlare si tagliò le vene ai polsi e la carotide. Fu casualmente soccorso e trasferito all’ospedale col solo scopo di strappargli i nomi dei compagni di lotta. Fu aiutato dalla straordinaria e coraggiosa infermiera Ines (che diverrà poi sua moglie), che intuì la situazione e divenne la collaboratrice dei partigiani per la sua leggendaria liberazione.

Dal 18 aprile 1945 al febbraio 1946, Bolis fu tagliato fuori dalla lotta politica per le sue condizioni di salute, ma utilizzò il suo tempo, su sollecitazione di Parri e Foa, per scrivere la sua testimonianza, che diverrà l’opera famosa ’Il mio granello di sabbia’, edito nel 1946 da Einaudi (ristampato nel 1973 e nel 1995) e che è considerato uno dei testi fondamentali della letteratura della Resistenza.

Appena fu in grado di muoversi, si buttò nella lotta politica, battendosi specialmente, come fece tutto il Partito d’Azione, per l’avvento della Repubblica, affinché avvenisse questa fondamentale cesura nella storia d’Italia e si compisse quel Risorgimento repubblicano liberaldemocratico, che era stato l’ideale e il sogno specialmente di Giuseppe Mazzini (dal quale il partito prendeva la sua stessa denominazione). Più modesto fu il risultato elettorale per il Partito d’Azione, che ebbe solo sette deputati alla Costituente (Calamandrei, Cianca, Codignola, Foa, Lombardi, Schiavetti, Valiani,

con Bolis finito 14°), scontando anche la separazione di La Malfa e Parri, in dissenso con la vittoria di Lussu al Congresso del Partito d’Azione del febbraio 1946 e che avevano costituito il Movimento della Democrazia Repubblicana, con il quale furono comunque eletti, arricchendo la componente azionista alla Costituente, insieme allo stesso Lussu e a Mastino, eletti con la lista del Partito Sardo d’Azione. Lucidamente Bolis individuò nel voto femminile tradizionalista e nell’immaturità politica degli italiani, dopo vent’anni di dittatura, le ragioni del consenso a forze demagogiche e qualunquiste o a quelle cattoliche e social-comuniste, legate a facili schemi e memorie prefascisti. Ma, mazzinianamente, non si ritirò dall’impegno politico, perché pensava che la politica non dovesse essere lasciata ai professionisti, ma, come egli dice, essa fosse” l’affare di tutti i cittadini, quindi come cittadino sentivo anch’io il dovere di continuare a farla nei limiti delle mie possibilità”(‘Intervista sull’antifascismo’, in ’Nuova Antologia’, Firenze, 1992, p. 263). Si impegnò quotidianamente in un’opera di pedagogia civile fino alla morte, sentita come dovere assoluto, sia per la costruzione di una Italia repubblicana veramente libera e democratica e giusta socialmente, sia per l’avvento dell’Unità Europea, altro vero orizzonte rivoluzionario nella storia d’Italia e degli altri paesi europei, capace di salvare i popoli dalla secolare guerra civile, che aveva insanguinato il Continente.

Rivendicò sempre il valore della Resistenza, come secondo Risorgimento, fondamento della nuova Italia repubblicana, che andava sempre onorata, senza svalutarla o denigrarla, sempre più approfondendola (come si fece poi con gli Istituti Storici della Resistenza, fondati da Parri, e di cui Bolis fu segretario per la Liguria), facendone cogliere la complessità delle sue componenti, senza quindi egemonia comunista di essa, pur riconoscendo il valore dell’apporto comunista.

Pur partecipando alle varie iniziative della diaspora azionista dopo la fine formale del Partito d’Azione nel 1947 (Azione Socialista Giustizia e Libertà – Unità Socialista – Partito Socialista Unitario – Unità Popolare), Bolis si concentrò soprattutto nell’impegno federalista, specialmente accanto ad Altiero Spinelli, di cui fu il più stretto collaboratore fino alla sua morte nel 1986, con un’azione memorabile per la costruzione dell’Europa unita.

La casa di Bolis a Strasburgo (dove egli ha vissuto per quindici anni) è stato uno dei luoghi nodali dell’impegno federalista italiano e dei suoi risultati.

Quando si ebbero le prime elezioni europee nel 1979, ritornò in Italia, presentandosi come indipendente nelle liste del Partito Repubblicano Italiano, ma non fu eletto, a dimostrare ancora di più l’immaturità e l’ingratitudine storiche dell’uomo medio italiano.

Ma egli non era scosso o demoralizzato dagli insuccessi, forte della sua fede, e ha continuato fino alla morte a Roma il 20 febbraio 1993, impegnandosi quotidianamente, oltre che nel ‘Movimento Federalista Italiano’ e nella ‘FIAP’, come presidente della ‘Federazione delle Case d’Europa’ per l’Italia, dirigendo il suo foglio ’L’Avvenire degli Europei’, che aveva la sede redazionale presso la sua casa di Roma, facendo vivere la ‘Fondazione Europea Luciano Bolis’, costituita con Ines nel 1983, con diverse iniziative editoriali, pubblicistiche, archivistiche.

Ha voluto che le sue ceneri, dopo la cremazione di agnostico convinto, fossero portate nell’isola di Ventotene, affinché riposassero accanto a quelle di Altiero Spinelli, in modo che le urne dei due Forti, divenissero, foscolianamente, incitamento etico e politico per le nuove generazioni dei vari paesi europei, che vi recano annualmente per i seminari federalisti.

Ho avuto l’onore di lavorare con Lui negli ultimi anni della sua vita, per rinnovare la memoria rosselliana del socialismo liberale insieme all’indimenticabile Leone Bortone e credo, senza tema di essere smentito, che Bolis si dispone oggettivamente come uno dei più grandi Italiani ed Europei del Novecento.

Nicola Terracciano

Per approfondire:

Luciano Bolis “Il mio granello di sabbia”, Einaudi, Torino, 2020; Cinzia Rognoni Vercelli “Luciano Bolis dall’Italia all’Europa”, Il Mulino, Bologna, 2007; Luciano Bolis “Spinelli visto da vicino”, S.I., 1991 (presso Istituto nazionale Ferruccio Parri); Luciano Bolis “Il mio filo di Arianna : diario di dieci mesi dal 29 settembre 1986 al 29 luglio 1987 : annotazioni, pensieri, ricordi”, Dimensione europea, Roma, 1991; Luigi Santucci, Guido Bersellini, Luciano Bolis “Antifascisti perché? Ricordi e riflessioni di tre giovani degli anni Trenta” con Prefazione di Leo Valiani, Scegliere, Pavia, 1983; Luciano Bolis “La nascita degli Stati uniti d’America”, Edizioni di Comunità, Milano, 1957

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