23 settembre 1943: con un inganno, Kappler arresta Mafalda di Savoia
Con un inganno, Kappler arresta Mafalda di Savoia[1], arrivata il giorno prima a Roma.
I tedeschi, guidati dal generale Rainer Stahel, arrestano il generale Calvi di Bergolo. Con lui viene arrestato anche il generale Riccardo Maraffa[2], comandante della PAI a Roma e nel Lazio. Con altri ufficiali, tra i quali Carmine Senise, capo della polizia, il generale Ugo Tabellini, il generale Antonino Di Giorgio, dalla stazione Ostiense, verranno deportati in Germania, a Dachau. Fugge dal treno, prima della partenza il generale Leandro Giaccone. Abbandonata la divisa, in abiti civili riesce a sfuggire all’arresto Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo. Si nasconde nell’abitazione della cugina Fulvia Ripa di Meana, in via Bruxelles 47[3] e da quel momento entra nella clandestinità, assumendo l’identità di Giacomo Cateratto[4]. Subito inizia a organizzare la resistenza militare. Il primo nucleo del FCMR vede suoi fidatissimi uomini, tra i quali il colonnello Giovanni Pacinotti e il maggiore di artiglieria Mario Argenton. Segretario di Montezemolo, il pittore Michele Multedo. Ai suoi compagni dice: “Dobbiamo creare un fronte di resistenza, lavorare clandestinamente, nonostante l’occupazione. […] La prova si presenta dura, ma bisogna affrontarla e l’affronteremo”.[5]
I tedeschi si impossessano così delle strutture amministrative romane, in attesa di consegnarle al governo fascista di Sal .
Negli uffici del ministero degli Interni, i tedeschi si impossessano degli elenchi di tutti gli ebrei residenti in Italia.[6]
Di sorpresa viene sciolta la divisione “Piave” che aveva il compito di assicurare l’ordine in città. Ai suoi componenti viene ordinato di arruolarsi con i nazifascisti. Presso l’ambasciata tedesca si tiene il primo “Consiglio dei Ministri del Governo dello Stato Fascista Repubblicano”, presieduto ad Alessandro Pavolini.
Mussolini poi, tornato dalla Germania, annuncia l’istituzione della Repubblica Sociale Italiana. La sede del suo Consiglio dei Ministri sarà a Sal , sul lago di Garda.
Viene ordinato dai tedeschi lo sgombero per i civili della zona Anzio-Nettuno (Nettunia), da effetturarsi assolutamente entro il 31 settembre, pena la fucilazione. Alle persone era permesso trovare una sistemazione a non meno di 5 chilometri dalla costa.
Aldo Pavia
(nella foto Mafalda di Savoia)
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[1] Mafalda di Savoia (1902-1944). Figlia secondogenita del Re d’Italia Vittorio Emanuele III. Dopo l’arresto viene subito portata a Monaco di Baviera. Poi a Berlino da dove viene inviata al KL Buchenwald. Rinchiusa, senza possibilità di contatti, nella baracca 15, sotto il nome di “Frau von Weber”. Ferita gravemente durante un bombardamento americano, le viene amputato un braccio, ma dopo quattro giorni muore dissanguata e colpita da cancrena il 28 agosto 1944. Viene sepolta in una fossa comune, in una bara con l’indicazione “una donna sconosciuta”.
[2] Riccardo Maraffa (1894 -1943). Nel 1936 Capo della Polizia dell’Africa Italiana (PAI). Dopo la caduta della capitale, Maraffa si rifiuta di aderire alla RSI. Arrestato dalla Gestapo, viene deportato nel KL Dachau dove muore l’11 dicembre 1943, per un infarto.
[3] Si nasconderà poi in via Nizza e successivamente nel palazzo della Cancelleria, ospitato da monsignor Giulio Cercioni, parroco di San Lorenzo in Damaso. Mario Avagliano, op. cit. pag. 201.
[4] Successivamente prenderà il nome di Giuseppe Martini, impiegato presso l’Università Gregoriana. I tedeschi avevano messo su di lui una taglia di 2.000.000 di lire.
[5] Mario Avagliano, op. cit. pag.174.
[6] Gli elenchi erano conservati negli archivi della Direzione Generale della Demografia e Razza. L’indirizzario completo degli ebrei romani venne preparato dal commissario della questura Gennaro Cappa. AA.VV. Dizionario della Resistenza. Vol I°. Einuadi 2000.