23 marzo 1944: l’attentato dei GAP in via Rasella
Nel giorno dell’anniversario della fondazione dei fasci di combattimento[1], i GAP attaccano in via Rasella[2] l’11a compagnia del III° battaglione dell’SS Polizei Regiment Bozen[3], composto da volontari, che quel giorno erano reduci da esercitazioni al poligono di tiro di Ponte Milvio. All’operazione militare prendono parte Rosario Bentivegna, Carla Capponi, Carlo Salinari, Franco Calamandrei, Pasquale Balsamo[4], Marisa Musu, Fernando Vitagliano, Raoul Falcioni, Franco Ferri[5], Francesco Cureli, Silvio Serra[6], Guglielmo Blasi.[7] 33 Le vittime tedesche. Le retroguardie del Bozen incrociano due partigiani di Bandiera Rossa, Antonio Chiaretti e Enrico Pascucci che nello scontro a fuoco vengono uccisi.[8] Viene colpita a morte dal disordinato fuoco tedesco di reazione Antonietta Baglioni, che abitava in Palazzo Tittoni. Muore anche Piero Zuccheretti[9], un ragazzo di tredici anni. Nei pressi di via Rasella vengono arrestati: Ferruccio Caputo, Cosimo D’Amico, Celestino Frasca, Romolo Gigliozzi[10], Fulvio Mastrangeli, Angelo e Umberto Pignotti, Antonio Prosperi, Ettore Ronconi[11], Guido Volponi.[12] Il giorno dopo saranno tutti assassinati alle Ardeatine.
Alle 19,30 arriva a Roma l’ordine ufficiale da Berlino: per ogni tedesco ucciso devono essere immediatamente fucilati 10 italiani. Della rappresaglia viene incaricato l’SS Herbert Kappler.
Ha inizio così la allucinante e tragica vicenda della preparazione della lista dei “Todeskandidaten”, dei destinati ad essere assassinati.
Aldo Pavia
(nella foto i rastrellamenti tedeschi degli abitanti di via Rasella)
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[1] I fasci di combattimento erano stati fondati a Milano, in piazza San Sepolcro, il 23 marzo 1919.
[2] Per una più completa conoscenza dell’azione militare di via Rasella si rimanda a: Rosario Bentivegna, Senza fare di necessità virtù. Memorie di un antifascista. Einaudi 2011. Mario Fiorentini, che aveva ideato e progettato l’azione, aveva pensato di metterla in atto più avanti, in via Quattro Fontane.
[3] Al reggimento Bozen, che a Roma aveva il compito di proteggere il personale tedesco, militare e civile, nella ritirata e fare da scorta ai prigionieri durante il trasferimento da via Tasso a Regina Coeli, verranno attribuite stragi di civili in Istria, nel Bellunese a Falcade e a Bois, per un totale di 87 rappresaglie, documentate dai ricercatori altoatesini e dai documenti raccolti negli archivi tedeschi di Coblenza. La compagnia attaccata a Roma contava di 156 uomini tra ufficiale e soldati. Le vittime naziste a via Rasella, considerando i 9 militari tra i 110 feriti deceduti nei giorni successivi in ospedale, furono complessivamente 42.
[4] Pasquale Balsamo (1924-2005). Tra i protagonisti dell’azione militare di via Rasella. Dopo la liberazione di Roma, continua nel suo impegno antifascista, entrando nel Gruppo di combattimento “Cremona”. Decorato sul campo di Medaglia di Bronzo e della Croce al Valor Militare. Dopo la guerra, giornalista, per 16 anni redattore e notista dell’Unità.
[5] Arrestato nell’aprile 1944, condannato a morte con esecuzione il 4 giugno, liberato dall’arrivo a Roma degli americani.
[6] Silvio Serra (1923-1945). Entra nei GAP con Luigi Pintor. Arrestato il 15 maggio 1944 dalla banda Koch. Torturato alla Pensione Jaccarino, consegnato ai tedeschi. Condannato a morte. Dopo la liberazione di Roma, si arruola volontario nei Gruppi di Combattimento e muore nella battaglia di Alfonsine, nel ravennate, nell’aprile 1945. Medaglia d’Oro al Valor Militare.
[7] Guglielmo Blasi, artigiano romano ma anche noto alla polizia come attivo ladro. Arrestato in aprile e condannato a morte perché sorpreso a scassinare un negozio e in possesso di armi, tradì i suoi compagni finendo per collaborare con la banda Koch e favorendo l’arresto di buona parte dei componenti i GAP.
[8] Rosario Bentivegna, op. cit. pag. 152.
[9] Piero Zuccheretti lavorava come apprendista ottico in via degli Avignonesi.
[10] Appartenente al PSI.
[11] Appartenente al PCI.
[12] Subito dopo l’esplosione, i tedeschi rastrellarono circa 110 persone che furono fatte allineare, con le mani in alto, lungo il muro di recinzione di palazzo Barberini, in via Quattro Fontane.