Tratto da Lettera ai compagni – Mensile della FIAP – Aprile 1975 – Anno VII, N. 4 – pp. 1 e 12.
La nostra linea
Refrattario come sono di natura alle celebrazioni oratorie e terrorizzato dalle sagre obbligate che la ricorrenza del trentesimo scatenerà̀ dalle Alpi al Lilibeo, vorrei dire ai compagni che l’occasione po- trebbe meglio servire a rivedere e rinfrescare valutazioni fondamentali storicamente ancora valide ad orientarci.
L’interesse politico è già̀ calamitato dalle elezioni prossime, che avranno lungo il filone principale l’impegno se non la violenza delle crociate contrapposte. Che cosa rimarrà̀ dei ricordi di rito dedicati alla Resistenza? Fiori secchi, annodati alle tirate d’obbligo contro MSI e fascisti. Mi auguro che il dopo- elezioni consenta qualche settimana per le riflessioni partigiane, sempre utili al paese se concrete, serie e non affogate nel corporativismo combattentistico, epilogo fatale di tutte le guerre. Non vorrei, compagni, che mi riteniate sollecitato dal mio cattivo umore di bastian contrario. Vi è una ragione, la semplice ragione dell’età̀, che spiega la diversità̀ delle mie valutazioni e considerazioni rispetto alle vostre: parlo, si intende, della maggioranza dei combattenti per la Liberazione. Quando ha preso termine la lotta avevo 55 anni; la maggioranza di voi poteva essere sui 25 anni – ecco un censimento interessante da organizzare. Ho cominciato ad occuparmi delle vicende e dei guai del nostro Paese dalla fine della prima guerra mondiale. Lunga partecipazione dunque con la formazione morale, politica ed intellettuale dell’antifascismo e con la nascita del fascismo. E possibilità̀ anche di maturo giudizio sull’Italia post- fascista che il crollo mussoliniano lasciava in pesante eredità ai nuovi regimi. Voglio dire allora che le mie conclusioni ed i miei giudizi valgono più dei vostri?
Non sono così presuntuoso. Una delle attività̀ culturali più̀ onorevoli degli anni più̀ vicini a noi è data dalla crescente frequenza di studi, di serietà̀ ed onestà ideologica spesso pregevoli, dedicati alla sto- ria dell’Italia contemporanea. Fa ancora difetto eguale attenzione per il regime fascista. I lettori della “Lettera” possono rallegrarsi dell’interesse e della partecipazione che i suoi collaboratori prendono a questa attività̀. Ma il movimento di idee, anche di origine straniera, francese, inglese, americana, in quel tempo che va dalla prima guerra al pre-liberazione fu assai più̀ ampio, complesso e diffuso, anche durante la persecuzione fascista, di quanto non dicano le notizie, necessariamente parziali, normalmente circolanti. Utile e meritoria l’indagine condotta sulla estensione della influenza di Gobetti, e tuttavia non tale da esaurire il quadro culturale e morale di quella Italia antifascista. Quando maturano i tempi della Resistenza attiva, opera una ampia schiera di intelligenza e volontà̀ che esercita una forza trainante sugli schieramenti liberali e borghesi di posizione democratica, così da poter equilibrare la necessaria alleanza con le forze comuniste in una lotta armata a direzione unitaria per la liberazione del nostro Paese da fascismo e nazismo. È questa la speranza che l’Italia partigiana, soprattutto del nord, consegna, a prezzo di tanto sangue, alla nostra storia.
Chi comprese allora questa semplice verità̀ così dolorosa e così gloriosa?
Non certo i compagni, dei nostri stessi partiti che facevano la politica a Roma e neppure noi stessi, incapaci anche noi di valutare in quegli anni di trambusto la nostra storia. Incapaci voi stessi, lettori, se continuaste a considerare Resistenza e Liberazione, come un episodio isolato, per sé stante, e non come il primo epilogo di un movimento di ribellione che prende le mosse dal momento della stessa manomissione fascista, prima ancora dell’assassinio di Matteotti. Pure non sarete ancora nel vero se non intendete come solo un movimento, una tensione liberatrice che deriva da profonde radici può̀ resistere e superare urti e pressioni frazionatrici.
Dunque, è una volontà̀ di fondo di nuovo risorgimento, che ancora opera determinando i seguiti della Liberazione. Gli uomini che compongono la Consulta sono ancora in grande maggioranza, quelli stessi della lotta di Liberazione, e questo spirito anima la lotta per il referendum e la stessa composizione della Costituente.
È ancora partendo dal 1945 che si compiono i passi avanti sino alla proclamazione della nuova Co- stituzione.
Leggete gli articoli fondamentali dei “diritti di libertà”. Li troviamo negli scritti dei nostri maestri. E se sono maestri anche miei quanti anni hanno sulle spalle? Le deviazioni cattoliche che allora ci hanno offeso non alterano la generale accettabilità̀ e modernità̀ democratica della struttura immaginata per lo stato. Occorrono certamente, a mio parere, gli aggiornamenti necessari ad una società̀ moderna, ma pur sempre concepiti con lo stesso spirito di equilibrio. Anche la nostra Costituzione è stata frutto di un compromesso politico, come era stata la condotta unitaria della Lotta di Liberazione, con la stessa capacità di mediazione che non fosse sopraffazione, e – più ancora – con la stessa volontà̀ di stabilire soluzioni dettate da un interesse nazionale democraticamente riconosciuto e mai prevaricato. Mi scuso se insisto sulla identificazione di una continuità̀ di fondo direttrice della nostra riscossa nazionale, che è stata valida finché l’ha governata una regola democratica. Lascio a voi di giudicare il lungo tempo del dominio politico democristiano e le burrascose incertezze alle quali esso ci ha condotto.
Sarebbe bene, mi pare, che la FIAP si facesse promotrice di studi e confronti attuali sulla opportunità̀ di revisioni istituzionali, oltre a realizzare un regime effettivo di giustizia per i lavoratori in un quadro intangibile di libertà e di opinione. È difficile ogni previsione in questo regime di inquieti nuvoloni. Una linea maestra di condotta, tuttavia, ce la insegna sempre, compagni, la nostra linea, a cominciare da un lontano passato.
Fermo punto di partenza resta per noi, sempre, la Costituzione. Anche con il suo divieto ad ogni ritorno ad un regime fascista. Anche perciò̀, con la nostra disapprovazione al proposito, speriamo caduto, di onorare il Trentennale con una solenne riunione del Parlamento. La lotta di Liberazione si è conclusa con la Costituzione, che condanna il fascismo, non col Parlamento, che ospita il fascismo, nemico primo della Resistenza.
Il Parlamento potrebbe, se sono necessari altri eloquenti discorsi, onorare la Costituzione e i trenta- mila giovani che sono caduti per essa.
di Ferruccio Parri