di Francesca Tortorella

Francesca Tortorella è una giovane studiosa attualmente attiva in Francia, di cui il Mulino ha appena pubblicato nella collana del Centro di ricerca sull’integrazione europea (CRIE) la tesi dottorale con il titolo Un antifascisme européiste. Giustizia e Libertà et le Partito d’Azione (1929-1947). Il lavoro è frutto di una cotutela fra l’Università di Siena (Prof.ssa Ariane Landuyt) e l’Università di Strasburgo (Prof. Sylvain Schirmann).

Il volume può considerarsi l’ideale proseguimento del libro di Piero Graglia Unità europea e federalismo: da Giustizia e Libertà ad Altiero Spinelli, uscito nel 1996. Quel lavoro ripercorreva la riflessione dei maggiori esponenti di Giustizia e Libertà (Carlo Rosselli, Andrea Caffi, Ernesto Rossi e Silvio Trentin) sui temi dell’unità europea e si concludeva con l’elaborazione da parte di Rossi e dell’ex-comunista e in seguito azionista Altiero Spinelli del Manifesto di Ventotene (inverno 1941). Lo stesso studioso aveva, originariamente, in programma di portare la sua trattazione fino alla conclusione dell’esperienza del Partito d’Azione, che di Giustizia e Libertà erediterà il programma e la dirigenza, prima di occuparsi della figura di Altiero Spinelli.

A distanza di molti anni, Tortorella ha raccolto il testimone da Graglia per portare a compimento un’opera che richiedeva di essere terminata. È, infatti, sorprendente riflettere su quanti esponenti azionisti abbiano dedicato tempo ed energie ad elaborare teorie sull’unità federale del continente europeo o a proporre soluzioni per gettare le basi di un processo federativo tra i paesi che erano stati sconvolti da ben due guerre mondiali in trent’anni.

Le matrici risorgimentali comuni a molti di loro, con riferimenti al pensiero di Giuseppe Mazzini (Ferruccio Parri, Piero Calamandrei, Francesco Fancello, Tristano Codignola) o di Carlo Cattaneo (Mario Boneschi, Norberto Bobbio), predisponevano indubbiamente questi uomini a rifiutare una visione grettamente nazionalista e a favorire una lettura dei rapporti tra le nazioni improntata a vincoli di fratellanza e solidarietà. È opportuno ribadire la qualità degli uomini che si sono accinti a quest’impegno nelle file del Partito d’Azione. Scorrono sotto i nostri occhi i nomi, oltre a quelli che sono stati già fatti, di Mario Alberto Rollier, Umberto Campagnolo, Dante Livio Bianco, Federico Chabod e altri ancora.

Invero, a dispetto dell’importanza che il Partito d’Azione ha rivestito nella Resistenza armata in cui è stato secondo quanto a partecipazione attiva solo al Partito Comunista (Giovanni De Luna l’ha definito il partito dei fucili), esso è stato a lungo dimenticato dalla storiografia (non è questo il luogo per indagarne le ragioni). Risollevato dall’oblio all’inizio degli anni Ottanta dalla ricerca pionieristica di De Luna, sono seguiti a questo molti lavori su scala nazionale e locale come pure su esponenti più o meno importanti del partito. Si è mancato, però, d’indagare finora – come invece sarebbe stato doveroso ed è stato fatto per altre forze politiche – l’apporto che il Pd’A ha fornito al dibattito che ha accompagnato la nascita e lo sviluppo del processo d’integrazione europea.

Tortorella, dunque, riprende il discorso dove Graglia l’aveva lasciato. Riconnette il discorso di Giustizia e Libertà degli anni Trenta al mutare delle condizioni politiche interne e internazionali fino alla nascita del Partito d’Azione nel giugno 1942. Dà conto delle personalità e della qualità dei progetti che si sono succeduti, da quelli maggiormente conosciuti a quelli meno noti. Tra questi ultimi, la Dichiarazione di Chivasso (19 dicembre 1943) dei rappresentanti delle popolazioni alpine, in cui si perorava l’introduzione del federalismo “infra-nazionale” su base regionale, studiata poi da Emilio Lussu che alla Costituente sarà relatore sullo statuto regionale valdostano. E ancora gli accordi di Saretto del 31 maggio 1944 tra partigiani azionisti piemontesi e maquisards francesi, in cui si cercò di ristabilire per la prima volta la fiducia reciproca tra i rappresentanti dei due paesi dopo che essa era venuta meno a causa del ‘coup de poignard’ italiano del 10 giugno 1940. Ricordiamo, inoltre, l’attività di un altro azionista – già coinvolto nelle discussioni preparatorie della Carta di Chivasso – cioè lo storico Federico Chabod, che operò attivamente contro le pretese annessionistiche del generale De Gaulle sulla Valle d’Aosta.

Per la prima volta, dunque, le riflessioni e le iniziative pro europee di esponenti del Partito d’Azione trovano un luogo dove sono raccontate e descritte. Sarà possibile apprezzare, in tal modo, la ricchezza e l’originalità di molte di esse.

di Andrea Becherucci

 

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