Con il 2024 si chiude un anno di celebrazioni e studi inerenti a Giacomo Matteotti, leader socialista assassinato nel giugno 1924 dalla Ceka fascista alle dirette dipendenze di Benito Mussolini. Sono stati davvero tanti i dibattiti, i convegni, gli interventi e le pubblicazioni che l’hanno ricordato ma, anche, studiato in modo approfondito. In questa sede non si propone una rassegna bibliografica né un elenco di eventi, sarebbe un’operazione lunga che altri hanno utilmente realizzato. Qui si vuole porre l’accento su un’iniziativa della FIAP che, con il contributo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha realizzato un progetto intitolato Matteotti e gli altri. Si tratta di dodici podcast, accompagnati da altrettanti scritti che nel prossimo gennaio saranno pubblicati sul sito di Lettera ai compagni on line. Il progetto è stato realizzato in modo che ogni podcast, da un lato, fosse parte di un quadro complessivo ma, dall’altro, potesse costituire un approfondimento indipendente dalle altre tessere del puzzle. L’idea di fondo che ha animato coloro che hanno ideato e realizzato il progetto era di porre Matteotti in rapporto con varie aree politico-culturali (anche interne al mondo socialista) e singoli dirigenti di partito e intellettuali antifascisti in modo tale da far emergere le diverse sensibilità (e i programmi politici rivelatisi inconciliabili tra di loro) di fronte all’emergere della violenza fascista e all’avvento al potere di Mussolini. Attraverso il rapporto con gli altri, sono state evidenziate le priorità politico-culturali dello stesso Matteotti, senza dimenticare il suo carattere non privo di spigolosità, la sua storia familiare e sua moglie Velia, madre dei tre figli: Giancarlo, Matteo e Isabella. Dal progetto è emerso, talvolta in modo diretto e quasi aspro, il confronto tra Matteotti e i diversi ambiti politici del suo tempo, non sempre in linea con le sue istanze. I socialisti riformisti (con particolare rifermento a Filippo Turati e Anna Kuliscioff), i massimalisti, i comunisti (con Antonio Gramsci protagonista), i cattolici (con il fondatore del PPI Luigi Sturzo al centro della scena). E ancora il grande storico Gaetano Salvemini, Luigi Albertini (a lungo direttore del Corriere della Sera), Giovanni Giolitti (il politico di maggior prestigio dell’Italia liberale), Giovanni Amendola (tra i principali animatori della secessione dell’Aventino nel 1924) e altri antifascisti, accomunati da sentimenti repubblicani, dalla dura critica alla monarchia sabauda e alla classe dirigente liberale, come Piero Gobetti e Carlo Rosselli, anch’essi uccisi dalla violenza fascista. Tutti i dodici podcast, compreso quello dedicato a Matteotti e Mussolini, si basano su documenti originali, in primis lettere e articoli. Questo perché, pur utilizzando un linguaggio nuovo capace di arrivare ai giovani in modo più diretto rispetto alla storiografia, non si è voluto rinunciare al rigore dovuto a un lavoro storico, con l’idea di fare divulgazione unendo alla finzione dei dialoghi i contenuti originali figli del vissuto dei protagonisti del tempo.
Matteotti è stato un leader politico di assoluto rilievo, troppo spesso schiacciato sul suo omicidio ma, in realtà, capace di proporre riflessioni profonde su vari temi, oltre a svolgere un’attività frenetica da amministratore nei comuni del suo Polesine e da deputato alla Camera, tra il 1919 e il 1924. Non si possono dimenticare la sua formazione, la sua passione e le sue grandi competenze nel campo del diritto, la serietà e la scomoda intransigenza che influenzò anche i rapporti con i suoi compagni di partito, prima nel PSI e dall’ottobre 1922, in vista della fatidica Marcia su Roma, nel PSU di cui fu segretario. Matteotti, neutralista e pacifista, fu un socialista di estrazione borghese che immaginò un’alternativa democratica al capitalismo senza mai, da una parte, cadere nel cieco dogmatismo e, dall’altra, non mostrando alcuna considerazione per un riformismo accondiscendente rispetto ai potenti e capace di arrivare a forme di collaborazionismo con il fascismo, che fu il suo più grande nemico. Mussolini e gli squadristi padani capirono presto la sua pericolosità ed è per questo che, fin dall’inizio del 1921, lo individuarono come una delle persone più pericolose per il nascente regime totalitario. Risultava scomodo perché, instancabile, ai comizi politici rivolti innanzitutto ai braccianti univa la puntuale analisi della realtà e dei dati: pensava che solo così si potesse smascherare la propaganda e svelare gli affari sporchi dei vertici del fascismo. La sua eredità, in un momento storico cupo in cui il nazionalismo e il populismo sovranista stanno riemergendo con forza non solo in Italia, va tutelata e valorizzata senza strumentalizzazioni né retorica, atteggiamenti contro cui Matteotti si batté fino alla fine con determinazione e coraggio.
di Andrea Ricciardi