Alessandro Calisti
Sciopero. La protesta dei lavoratori secondo Eisenstein
Esordio di Eisenstein datato 1929, Sciopero “Stačka” è un film che testimonia fra i primi tutta la potenza dello strumento simbolo della lotta dei lavoratori. Un’azione simbolica e pragmatica allo stesso tempo, che qui è raccontata con un montaggio sperimentale capace di tradurre le varie fasi della protesta in visioni concettuali. Il regista aderisce infatti alle tesi dei formalisti russi, traducendo i concetti in immagini. Lo spettatore segue l’azione degli operai dall’inizio alla fine, il ritmo è sempre sostenuto ed accompagnato da scene evocative e corali. La vita della fabbrica viene così sviscerata durante vari momenti. Si parte dalle riunioni sindacali clandestine, passando per le spie e le repressioni della polizia. Si mostrano i vari responsabili della produzione che devono confrontarsi con una gerarchia piramidale, ben rappresentata in una scena in cui possiamo seguire la telefonata del capo della fabbrica arrivare fino agli industriali ed ai gerarchi. Le condizioni di vita di tante donne e uomini impiegati nella fabbrica sono rappresentate in modo realista, e il lungometraggio è ancora oggi considerato un vero e proprio cult ricco di innovazioni tecniche, dal montaggio alla fotografia, con uso di sovrimpressione e controcampi.
Anche per il pubblico che si accinge a guardare Sciopero per la prima volta, possiamo dire che la pellicola abbia mantenuto una grande attrazione, sia per gli effetti stilistici e che per le tecniche di regia proposte. Sergej Michajlovič Ėjzenštejn, questo il nome del regista poi semplificato in Eisenstein, nacque a Riga nel 1889 a Riga e morì a Mosca nel 1948. Fu regista e teorico russo. Oltre agli studi di ingegneria, si appassionò da giovane ad altre discipline come estetica, psicologia, storia dell’arte e si avvicinò in seguito all’ambiente del Prolekult, teatro d’avanguardia, collaborando come scenografo, costumista e aiuto regista.
Ispirato dal cinema del regista americano David Wark Griffith, considerato il padre del linguaggio cinematografico e in parte da quello del russo Dziga Vertov, promotore di un cinema realista e non-narrativo, Eisenstein girò La corazzata Potëmkin (1925) Ottobre (1927) e Aleksandr Nevskij (1938), rientrato in Russia dopo una fallimentare esperienza ad Hollywood.
Le sue opere così rivoluzionarie lo hanno reso uno dei registi più influenti della storia dello spettacolo, nelle accademie di cinema si studia ancora il montaggio delle attrazioni, sua più celebre teoria di cui riportiamo un passaggio tratto dal volume Sergej M. Ėjzenštejn. Il montaggio, a cura di Pietro Montani, Edizioni Marsilio, 1986:
«L’attrazione è per noi qualsiasi fatto presentato, (azione, oggetto, fenomeno, combinazione consapevole etc.) noto e verificato, inteso come impulso che esercita un determinato effetto sull’attenzione e l’emozione dello spettatore, e che connesso con altri fatti, è capace di orientare l’emozione dello spettatore in una determinata direzione indicata al fine che lo spettacolo si propone».
Lo sciopero rimane un tema delicato e complesso, ispiratore di una filmografia internazionale in continua crescita, nel tentativo di rappresentare le motivazioni e le lotte sindacali che sono ancora attuali e che si sono evolute a seconda delle epoche storiche. Solo per citare alcuni esempi potremmo elencare Sfida a Silver City di Herbert J. Biberman (1954), Tempi moderni di Charlie Chaplin (1936), Fronte del porto di Elia Kazan (1954), Bred and roses di Ken Loach (2000), La classe operaia va in paradiso di Elio Petri (1971), Crepa padrone, tutto va bene di Jean-Luc Godard e Jean Pierre Gorin (1972).
Non mancano poi numerosi lavori, dal dramma alla commedia, che hanno raccontato le conseguenze della crisi del lavoro e delle battaglie per i diritti civili come Billy Elliot di Stephen Daldry (2000), Grazie, signora Thatcher! di Mark Herman (1996), We want sex! di Nigel Cole (2010).