Primo film a trattare dei sanguinosi fatti avvenuti in Bosnia Erzegovina, Quo Vadis Aida? è un lavoro scritto, diretto e co-prodotto da Jasmila Žbanić, datato 2020 e presentato in concorso alla 77sima Mostra internazionale del Cinema di Venezia nel 2021. Candidato agli Oscar come Miglior Film internazionale, ha ricevuto il premio per migliore attrice agli European Film Awards, per l’interpretazione di Jasna Đuričić.

Siamo in una regione segnata da ben dieci anni di conflitti, avvenuti nel cuore dell’Europa tra il 1991 e il 2001, senza il particolare impegno dei paesi vicini e dell’Unione Europea per mediare o porre fine ai combattimenti. La dissoluzione della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia, avvenuta nel 1992, comportò una difficile fase di transizione e il consolidarsi di aspri conflitti. Fra questi furono forti le tensioni e i movimenti nazionalisti che contrapposero innanzitutto i serbi ai croati. I nuovi stati indipendenti si divisero in Bosnia Erzegovina, Croazia, Macedonia, Montenegro, Serbia e Slovenia.

Il film inizia proprio nei giorni precedenti al massacro, che purtroppo non fu l’unico, dopo mesi di Guerra croato musulmana, caratterizzati da rastrellamenti, pulizia etnica, e assedi nelle principali città. Nel 1995, la cittadina di Srebrenica, precedentemente saccheggiata e abbandonata durante i mesi di distruzione ad opera delle truppe del Generale dell’esercito serbo Ratko Mladić, diventa un punto di rifugio grazie alla costituzione di una base delle Nazioni Unite. Intere famiglie di sfollati la raggiungono dai territori vicini sperando di trovare la salvezza, mentre altri si rifugiano nei boschi circostanti. La base, gestita da un contingente olandese e guidata dal colonnello Thom Karremans, ospitò inizialmente i rifugiati, ma i caschi blu finirono col consegnare tutti i musulmani bosniaci direttamente all’esercito nemico. Proprio a pochi passi dalla base, considerata una enclave internazionale, si consumò un eccidio vergognoso. Oltre 8000 uomini e ragazzi furono fucilati a sangue freddo dalle truppe di Mladić, e gettati in fosse comuni, mentre le donne furono allontanate e deportate in campi provvisori.

La trama del film, costruita sulle testimonianze dei superstiti e ispirata dall’esperienza del traduttore bosniaco Hasan Nuhanović, ripercorre angosciosamente le trattative fra il Generale Mladić e il Colonnello Karremans, mentre lo sguardo della protagonista Aida, traduttrice incaricata dall’ONU, segue con apprensione il precipitare della situazione, temendo il peggio per la sua famiglia e per tutti gli ospiti della base.

Sono forti e chiari gli atti d’accusa verso la gestione militare delle truppe dell’UNPROFOR (Contingente di Protezione delle Nazioni Unite), e infatti la controversa gestione causò non pochi guai al colonnello olandese, accusato di essere complice del massacro di Srebrenica. Lo stesso Nuhanović, il traduttore che perse padre e fratello dopo essersi rifugiato con tutta la famiglia nella base, ha dedicato gli anni successivi alla testimonianza, e ha intentato causa contro il governo olandese per l’accaduto, fornendo prove schiaccianti che hanno indignato l’opinione pubblica, ma non sono bastate ad ottenere l’autorizzazione a procedere nei confronti di Karremas. Altrettanto fallimentare è stato il coordinamento internazionale della missione, e nel film si raccontano le fasi in cui il comando della base fatica a trovare interlocutori e supporto dal Quartier Generale dell’ONU.

Il Generale Ratko Mladić, accusato per crimini contro l’umanità dopo un lungo e travagliato percorso di processi giudiziari, iniziato dal Tribunale penale internazionale per l’ex-Jugoslavia, è stato condannato all’ergastolo nel 2017 per il massacro di Srebrenica, qualificato come genocidio. Sconta attualmente la sua condanna nel carcere del Tribunale dell’Aja.

È difficile raccontare un film che attraverso la “finzione” ci rende diretti testimoni, si rimane rapiti dal ritmo serrato, in un crescendo di tensione fino al triste epilogo. Eppure malgrado la vergogna per l’accaduto e la rabbia nei confronti delle istituzioni assenti e incapaci, capiamo ancora una volta l’importanza della Memoria e della Storia, unica via di redenzione di fronte all’orrore della guerra. Una testimonianza coraggiosa e necessaria, che non si perde mai in retorica o banalità, ma arriva dritta al punto.

La guerra nei territori dell’ex Jugoslavia rimane, tuttavia. un grande fallimento delle politiche europee, per un’Unione che negli anni Novanta incominciava a crescere amministrativamente ma già dimostrava di avere scarse capacità operative e negoziali nei confronti delle vicine dispute internazionali.

Possiamo intuire facilmente che le ferite nelle comunità siano ancora aperte, visto che si tratta di fatti relativamente recenti. Nei pressi del luogo del genocidio, è stato realizzato il Memoriale di Srebrenica, un cimitero con un museo dedicato alle vittime, reperti e documenti d’archivio in costante aumento. Il 23 maggio del 2024, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione sul Massacro di Srebrenica, proclamando l’11 luglio Giornata internazionale di riflessione e commemorazione del genocidio di Srebrenica del 1995, da ricordare quindi ogni anno. A luglio 2025 saranno trascorsi 30 anni dal Massacro di Srebrenica.

di Alessandro Calisti

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