Nel 1979 Bettino Craxi, segretario del Psi da tre anni, lanciò il progetto della “grande riforma”, con l’obiettivo di fondare una nuova Repubblica che avrebbe dovuto dotare il paese delle strutture adeguate per procedere ad una sua vasta modernizzazione. Per dirla con Giuliano Amato, si trattava di portare a termine «l’elezione diretta del presidente della Repubblica», così da creare «una figura che nonostante le coalizioni alternative» avesse avuto «una legittimazione nazionale».

Ad opporsi al disegno craxiano fu soprattutto il Partito comunista, che aveva storicamente legato la propria legittimazione democratica alla difesa della Resistenza e dell’assetto istituzionale da essa prodotto attraverso la Costituzione. La polemica sulla “grande riforma”, comunque da contestualizzare nel vasto scontro a sinistra sviluppatosi tra Psi e Pci nel corso degli anni Ottanta, finì per avere degli effetti dirompenti sulla memoria della Resistenza e sulla stessa unità dell’antifascismo. Ciò avvenne malgrado il ruolo centrale avuto da entrambi i partiti nell’edificarla e nonostante l’arrivo al Quirinale di Sandro Pertini, un vero e proprio Resistance President.

Lo scontro in atto tra Psi e Pci non poteva che riverberarsi anche sulla Fiap, specialmente considerate le posizioni della Federazione a favore dell’unità politica delle forze antifasciste nell’ottica della lotta al terrorismo. [1] Per il presidente Enzo Enriques Agnoletti, come per gli altri massimi dirigenti della Federazione, era un errore il varo, con l’arrivo del 1980, delle coalizioni governative di pentapartito (Dc, Psi, Psdi, Pri e Pli). Anche a causa di queste divergenze politiche, Eneiques Agnoletti ed altri dirigenti socialisti di provenienza azionista, tra cui Tristano Codignola, furono espulsi dal Psi, scatenando un’ondata di polemiche nel partito.

Tenuto conto del rapporto comunque solido che si era costruito tra la Fiap e il mondo socialista, l’espulsione di Enriques Agnoletti, di Codignola e di altri esponenti del Psi fu davvero un momento di cesura per la storia della stessa Federazione. A ben vedere, le distanze tra la Fiap e il gruppo dirigente del Psi emergevano anche dinanzi al rapporto da tenere nei confronti del Movimento sociale italiano. Se per la Federazione presieduta da Enriques Agnoletti qualsiasi contatto sarebbe stato da evitare, alcuni rappresentanti del partito di Craxi, così come di altri partiti dichiaratamente antifascisti, presenziarono ai lavori del XIV Congresso nazionale del Msi, svoltosi a Roma nel novembre-dicembre 1984. Secondo la Fiap si era così verificata non solo la concessione di credito nei confronti di quel movimento, bensì «un’ulteriore prova della progressiva liquidazione della barriera tra forze dell’arco costituzionale e altre forze». In pratica, nell’aria si poteva cogliere «uno strisciante […] marcato revival fascista». [2]

A destare preoccupazione non fu, però, soltanto l’apertura nei confronti del Msi operata da Craxi. Fu anche la decisione del governo, guidato sempre dal leader socialista, di procedere alla scarcerazione anticipata di Walter Reder, l’ex ufficiale delle Ss che guidò il massacro di civili a Monte Sole (o strage di Marzabotto),[3] a generare sconcerto. Per la Fiap non si trattava soltanto del tentativo di «cancellare la distinzione tra chi era dalla parte della storia, della ragione […], e chi barbaramente cercava di cancellare e stravolgere ogni valore che rende la vita degna di essere vissuta». [4] Semmai, si era nel pieno dell’operazione che aveva lo scopo di indebolire il legame che univa la memoria con la politica dell’antifascismo.

Come rispose la Fiap a queste nuove tendenze?

Da un lato, continuò a partecipare alle celebrazioni ufficiali, ad esempio a quelle in occasione del quarantennale della Liberazione, che però si svolse “al ribasso”. Se nel 1965 e nel 1975 erano stati approvati degli specifici provvedimenti con lo scopo di sostenere finanziariamente ed organizzativamente le manifestazioni celebrative, nel 1985 non venne votata alcuna legge ad hoc, come rilevato opportunamente da “Lettera ai compagni”. [5]

Al tempo stesso, la Fiap promosse l’organizzazione «di discussione e di dibattito» allo scopo di «suscitare l’interesse e il consenso delle nuove generazioni». [6] Tra le varie iniziative assunte, deve essere ricordato il convegno, tenutosi a Bologna nel marzo del 1984, sulla vicenda del Partito d’azione dalle origini alla resistenza armata, da cui poi sarebbero stati pubblicati gli atti che ancora oggi rappresentano un contributo importante per chiunque intenda approcciarsi a questi campi di studio. Altrettanto indicativa della capacità della Fiap di interagire con la comunità scientifica, specialmente quella porzione che lavorava nell’Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia, fu la predisposizione del volume che conteneva i documenti prodotti dalle formazioni di Gl nel corso della guerra partigiana. Anche se la Fiap dovette sostenere praticamente in solitudine il peso finanziario dell’operazione, Enriques Agnoletti, come scrisse nella prefazione, decise di appoggiare comunque la ricerca perché il volume avrebbe rappresentato una risposta alle «tesi di indifferentismo, quasi di parità tra le parti», emerse «nel quarantesimo anno della Liberazione». [7] Considerate le posizioni sostanzialmente revisioniste emerse anche nel Psi, il ragionamento di Enriques Agnoletti pareva anche una risposta indiretta proprio al nuovo atteggiamento socialista nei confronti della stagione resistenziale.

Al di là di questi aspetti, fondamentali per comprendere l’atteggiamento della Federazione, deve essere ricordato un ultimo aspetto. Nel 1986, dopo la scomparsa di Enriques Agnoletti, come nuovo presidente venne eletto Aldo Aniasi. Scegliere il già comandante “Iso”, sindaco di Milano dal 1967 al 1976, nonché ex ministro della sanità dal 1980 al 1981, aveva un significato ben preciso: voleva dire affidare la guida della Fiap ad una figura che aveva più volte affermato la propria intenzione «di preservare l’autonomia e l’indipendenza dell’associazione». [8]


[1] Cfr. Dietro di noi c’è una riserva ci sosterrà e sosterrà l’Italia. Relazione del presidente Enzo Enriques Agnoletti, “Lettera ai compagni”, a. XIV, n. 1, gennaio 1982, pp. 4-6.

[2] Ampia riflessione nel Paese per il 40° della Liberazione, ivi, a. XVI, n. 13, dicembre 1984, p. 1.

[3] La posizione ufficiale della FIAP in La coscienza non può essere tacitata dalla ragion di stato, ivi, a. XVII, n. 1, gennaio 1985, p. 1-8.

[4] Ricordiamo degnamente il 40°, ivi, a. XVII, n. 1, gennaio 1985, p. 2.

[5] Manca un’iniziativa ufficiale di largo respiro, ivi, a. XVII, n. 4, aprile 1985, p. 1.

[6] Relazione sull’attività della FIAP (1984) e sull’attività che si terrà nel corso del 1985, Roma, 9 maggio 1985, in AINFP, FFN, s. 7 Corrispondenza, b. 45, fasc. 35.

[7] E. Enriques Agnoletti, Documenti sulla guerra di popolo, in G. De Luna et al. (a cura di), Le formazioni GL nella Resistenza: documenti settembre 1943-aprile 1985, Franco Angeli, Milano, 1985, p. 13.

[8] Lettera di Oreste Gementi, Milano, 18 novembre 1986, in AINFP, FFN, s. 7 Corrispondenza, b. 46, fasc. 36.

di Jacopo Perazzoli

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