Si è tanto parlato, da parte dei denigratori e degli avversari, di inefficienze e di incapacità del governo Parri di fronte ai grandi problemi. Ma costoro spesso dimenticano la situazione tremenda in cui il governo si trovava ad operare: distruzioni, disoccupazione, ordine pubblico, separatismo in Sicilia; soprattutto dimenticano i contrasti interni che paralizzavano l’azione del governo (basti ricordare quanto avvenne a proposito del cambio della moneta, che Parri riteneva necessario). Nessuno può dire se altri avrebbero potuto fare di più e meglio; secondo me, una cosa è certa ed essenziale e cioè che si deve alla sola presenza di Parri, con quel che lui significava allora, se il passaggio dal fascismo alla democrazia, dopo la tragedia della guerra, poté compiersi in modo incruento; basti pensare alla consegna delle armi imposta ai partigiani: chi l’avrebbe potuta ordinare se non Maurizio?
Testimonianza di Alberto Cosattini (del dicembre 1994), Segretario particolare di Ferruccio Parri durante il suo governo di coalizione sostenuto dalle forze del CLN, il primo dopo la Liberazione (giugno-novembre 1945).
Quando ho avuto la fortuna di esserLe vicino – a Torino, a Cuneo, a Boves – io mi sono sentito come illuminato dalla luce di serena intelligenza e riscaldato dalla fiamma di tenace e coraggiosa attività che emana da Lei: e ho portato con me, nel segreto dell’anima, la gioia commossa e riconoscente per averLa incontrata nel mio cammino, dopo tanti anni di mortificante servitù, dopo tanti e tanti oltraggi alla nostra dignità, alla nostra personalità. Grazie, caro Professore, di questo. Quando lo scoramento cerca di infiltrarsi nell’anima, quando la triste visione di tanta incoscienza vorrebbe prostrare o addormentare la nostra volontà e la nostra fede, io penso a Lei, al Suo esempio. E penso che il mondo vale e che la speranza non può morire, quando uomini come “Maurizio” sono con noi.
Tratto da una lettera di Carlo Galante Garrone a Ferruccio Parri, scritta, da Roma, il 19 settembre 1945.