Il film del 2005, diretto da Liev Schreiber, è la trasposizione cinematografica dell’omonimo romanzo di Jonathan Safran Foer. Un road movie che inizia con il registro della commedia balcanica e lo humor yiddish e ci trasporta lentamente in un mood del tutto diverso, abbandonando strada facendo le trovate al limite del grottesco per farsi serio e profondo.

Nel cast troviamo Elijah Wood, che nel 2001 raggiunse la fama mondiale interpretando il protagonista della saga de Il Signore degli Anelli; Eugene Hutz, di origine russa-ucraina e rom, anche cantautore del gruppo gipsy punk Gogol Bordello; Boris Leskin e Laryssa Lauret.

Johnatan è un giovane ebreo di origine ucraina, nato e vissuto negli Stati Uniti, che colleziona per passione oggetti riguardanti la storia della sua famiglia. Questa sua insolita attività lo porterà ad intraprendere un viaggio “organizzato” alla ricerca di tracce del passato. Si recherà nei pressi dello sperduto villaggio di Trochenbrod, in Ucraina, in cui suo nonno scampò alle persecuzioni grazie all’ aiuto di una donna del posto, rifugiandosi successivamente in America. Per compiere questo itinerario, Johnatan dovrà affidarsi a delle insolite guide locali, specializzate in viaggi della memoria: lo strampalato Alex con il nonno che si finge cieco e la loro bizzarra cagnetta. Le musiche, che ci accompagneranno per tutto il percorso, seguono abilmente il ritmo e i toni del film, passando dalle movimentate melodie slave ad arie più evocative.

Insieme riusciranno, a bordo di una malconcia Trabant e dopo diverse tappe, a raggiungere la località ricercata, e grazie all’aiuto dell’ultima testimone e sopravvissuta del villaggio “fantasma”, troveranno una lapide commemorativa dei 1024 abitanti trucidati dai nazifascisti nel 1942. L’intera comunità ebraica dello shtetl di Trochenbrod, all’epoca nel territorio polacco, oggi in Ucraina, fu annientata. Anche l’anziana signora Lista, unica abitante a salvarsi, ha collezionato negli anni i tanti oggetti rinvenuti delle vittime. Questo è infatti il solo modo che ha, in pratica, per mantenere il contatto e il ricordo di tutte le persone scomparse, vivendo fuori dal mondo, come se il tempo si fosse fermato a quegli orribili giorni.

Il film appartiene a quel filone di lavori cinematografici che utilizza linguaggi comici per la narrazione di temi drammatici, come Train de vie di Radu Mihăileanu o La vita è Bella di Roberto Benigni, solo per citarne alcuni. Tali registri sono stati per molti anni evitati, anche per via del grande shock subito inizialmente in tutto il mondo di fronte ad una tragedia collettiva come la Shoah. Più recentemente invece, il fine di divulgare e far conoscere la verità su questi difficili temi storici, ha consentito maggiore serenità da parte degli autori nell’affrontare questi argomenti con spunti a tratti divertenti. E se nella narrazione ci si dilunga anche troppo nella costruzione dell’antefatto comico – grottesco, nel finale, che arriva dritto al punto, si ritrovano serietà e sobrietà, a testimonianza della visione appena enunciata.

Una riflessione profonda e inaspettata è quella che gli spettatori si troveranno ad affrontare: l’importanza del ricordo e della testimonianza diretta, prima che la memoria collettiva scivoli col passare del tempo nella spirale del silenzio. Un viaggio leggero ma anche mistico, in cui i segreti più difficili da custodire potranno trovare una redenzione. Per far sì che ogni cosa sia, come suggerisce il titolo, illuminata.

di Alessandro Calisti

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