La presidente del consiglio, sia per dare forza a un governo che è strutturalmente debole e di basso profilo, sia per cercare di uscire dall’incubo di un accerchiamento che potrebbe farla cadere, ha lanciato la parola d’ordine: terza repubblica. Il consiglio dei ministri ha approvato un disegno di legge che è limitativo definire un pasticcio in quanto è un vero e proprio non sense costituzionale. Se ritenessimo la compagine di destra animata da una fine furbizia potremmo ritenere che ha agito così per chiudere gli oppositori in una trappola: in una specie di pallacorda tecnica. Constatiamo con sorpresa e amarezza che è quanto avviene poiché, fino a ora, le osservazioni riguardano il tecnicismo istituzionale. Nessuno, infatti, sfiora la questione storica e culturale che il solo parlare di terza repubblica pone. Se il problema del perché l’Italia ha questa Costituzione non interessa nessuno allora, comunque vada a finire, vuol dire che la coscienza collettiva del Paese ha perso la memoria dell’antifascismo, delle radici della Carta e delle sue caratteristiche  programmatiche, con la centralità del Parlamento e l’insostituibile ruolo dei partiti.

Dietro la parola d’ordine della terza repubblica c’è un’intenzione che riguarda il cambio di paradigma della storia italiana: che finalmente non si possa più affermare che la Repubblica e la Costituzione sono il frutto dell’antifascismo; che la vicenda complessiva del Paese ha un nuovo inizio all’insegna del concetto “vago e indefinito” di nazione. Una nuova stagione all’insegna della stabilità, ossia su una sonora bugia perché è vero che abbiamo avuto molti governi, ma la stabilità della Repubblica è sempre rimasta intatta e, nel caso della lotta al terrorismo, proprio la tenuta dell’arco costituzionale permise alla Repubblica stessa di venirne fuori. La debolezza riguarda la politica non le istituzioni.

Tramite quanto proposto verrebbe a essere cambiata non solo la parte ordinamentale, ma si sterilizzerebbe anche la prima parte che raccoglie il senso della battaglia per la libertà, il frutto alto del lavoro costituente. L’ordinamento attuale, per quanto in parte già sfregiato da partiti che hanno perso il senso del mandato politico e che tenevano solo a quello di governo, è però in gran parte integro ed è conseguenza coerente alla prima parte. Cioè ai principi programmatici fondamentali della Costituzione: ovvero l’eredità storica dell’antifascismo. Con tale stravolgimento Giorgia Meloni potrebbe vantarsi di aver realizzato il sogno di Giorgio Almirante.

Tutto ciò deve essere impedito. L’antifascismo è l’humus della democrazia politica italiana, perderne il senso concreto significa aprire un baratro pericoloso.

di Paolo Bagnoli

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