Il regista Alain Ughetto ripercorre la storia della sua famiglia e degli italiani dei primi del Novecento, costretti ad emigrare in Francia in cerca di fortuna. Un film d’animazione in stop motion che, attraverso il dialogo familiare tra il nipote Alain e la nonna, diventa gradualmente il racconto corale di più generazioni. Siamo in Piemonte, in un piccolo paese montano a un passo dalla Francia. Luigi Ughetto e la moglie Cesira decidono di varcare i confini per lavorare e mantenere la famiglia. Oltralpe, infatti, c’è bisogno di manodopera e gli italiani sono disposti a fare di tutto: muratori, falegnami, operai e minatori.
Quella dei due protagonisti, però, è una generazione molto sfortunata: sono contadini sempre alle prese con fame, miseria ed epidemie; afflitti dall’impossibilità di curarsi e da una vita di stenti. Come se non bastasse, gli uomini vengono chiamati alle armi prima per la guerra in Libia, poi per lo scoppio della Prima e della Seconda guerra mondiale. La famiglia ha numerose perdite nel corso degli anni, ma anche nuovi arrivi. E, mentre gli uomini sono impegnati nei cantieri o al fronte, le donne partoriscono, crescono i figli e lavorano. È uno spaccato malinconico e duro quello che offre Manodopera allo spettatore, che non risparmia critiche al fascismo e a un prelato più interessato a ricevere omaggi dalle famiglie del paese che ad aiutare i bisognosi.
Una testimonianza storica che sembra a tratti una favola, ma che è un pugno nello stomaco. I momenti di serenità sono davvero pochi, eppure si rimane incantati di fronte alla forza d’animo di queste persone tanto semplici quanto determinate ad andare avanti nonostante le frequenti avversità. C’è spazio anche per gli episodi di razzismo e di diffidenza verso gli italiani, le razzie e le aggressioni dei fascisti. Un film che commuove perché, mentre viviamo le avventure e le disavventure dei nostri bisnonni e delle nostre bisnonne, ci sentiamo quasi in colpa per il benessere diffuso in cui oggi siamo abituati a vivere, mentre le vecchie generazioni non avevano nulla: acqua, luce, gas, riscaldamento, medicine e previdenza sociale. Questa è la storia di una famiglia povera, che rimane sempre unita e ha una visione di futuro e di speranza, nonostante tutto. Non si scoraggia mai, nemmeno di fronte ai lutti improvvisi, quando le bombe distruggono la casa o i nazisti invadono la Francia.
Le musiche originali sono state composte da Nicola Piovani, Premio Oscar per la colonna sonora de La vita è bella di Roberto Benigni nel 1999, e ci accompagnano con intensità contribuendo a creare un clima magico e poetico, perfino nei momenti più difficili. Il regista Alain Ughetto, classe 1950, ha voluto così omaggiare i suoi nonni trattati da cani in Francia. Il titolo originale del film è, infatti, Interdit aux chiens et aux italiens – vietato ai cani e agli italiani – citando una scena del film, in cui un cartello è appeso fuori da una locanda. Non mancano poi le ricostruzioni della stampa francese dell’epoca, in cui si descrivevano i nostri connazionali come disponibili a fare qualsiasi tipo di lavoro e a qualsiasi orario, senza dignità e abituati alle fatiche più estreme. Un chiaro invito a non dimenticare l’epoca in cui gli emigranti discriminati eravamo noi e, quindi, la richiesta di avere più rispetto per chi cerca fortuna. Ma, soprattutto, un invito a ricordare con orgoglio il sacrificio di chi ha permesso all’Italia, e anche alla Francia, di rialzarsi dopo gli anni terribili delle due guerre mondiali. Il film, distribuito da Lucky Red, è uscito nelle sale italiane il 31 agosto 2023, dopo essere stato premiato come miglior lungometraggio al Festival internazionale del film d’animazione di Annecy nel 2022 e, come miglior film d’animazione, all’European Film Awards nello stesso anno.
di Alessandro Calisti