Un film sulla ricerca della verità e sul senso della Memoria
Titolo forse poco conosciuto, particolare per lo sviluppo e per il registro, potremmo definirlo un thriller d’archivio. La testimonianza, del regista israeliano Amichai Greenberg, è un film d’esordio molto ambizioso, che restituisce al pubblico nuove considerazioni e riflessioni sul tema dell’Olocausto.
Distribuito in Italia da Lab 80, il progetto è stato realizzato con il supporto di Israel Film Fund, Jerusalem Film Fund, Austrian Film Institute, Keshet Tv e Yes Tv. Tra gli attori principali del cast troviamo Ori Pfeffer, Rivka Gur, Hagit Dasberg Shamul, Ori Yaniv, Orna Rothberg, Daniel Adari. Presentato in anteprima mondiale al Festival del Cinema di Venezia nel 2017, tratta di un ricercatore e studioso della Shoah, che deve ricostruire una triste vicenda. Nel villaggio di Lendsdorf, a pochi giorni dalla fine della Seconda guerra mondiale, ci fu un eccidio di circa 200 ebrei, uccisi e gettati in una fossa comune. Nonostante le prime testimonianze dell’esercito russo, il luogo esatto non è mai stato individuato. Di conseguenza il recupero dei corpi non è mai stato possibile, anche se è quasi certo che si tratti di un campo nei pressi del villaggio, in cui da tempo si scava senza successo. Su questo terreno, inoltre, sta per sorgere un imponente progetto immobiliare, che significherebbe la definitiva cancellazione delle tracce, nonché un effettivo insabbiamento della Storia. Una vera e propria lotta contro il tempo per ricostruire gli eventi, fra studio dei video d’archivio, testimonianze degli ultimi superstiti, ricerche sulle mappe, battaglie legali e non pochi colpi di scena che porteranno il protagonista a fare i conti con le proprie origini familiari. Proprio grazie ad una video testimonianza, il nostro ricercatore scoprirà una verità alquanto scomoda che riguarda sua madre…
Una storia avvincente, che oltre ad offrire una riflessione sul senso della Memoria e sull’importanza della ricerca storica, pone evidentemente una domanda: cosa rende diverso un ebreo da un non ebreo? La risposta, per un ebreo ortodosso, non sarà affatto scontata. E, in parallelo, questa non differenza di fatto rende ancora una volta più assurdi i crimini commessi dai nazifascisti in nome delle questioni di razza.
L’episodio raccontato nel lungometraggio fa, in realtà, riferimento al massacro di Rechnitz, avvenuto nella notte tra il 24 e il 25 marzo 1945 in quella località in Austria. Nell’eccidio persero la vita circa 200 ebrei ungheresi, mentre gli ufficiali nazisti responsabili riuscirono a sfuggire alla giustizia.
Amichai Greenberg si è laureato alla Maale Film School di Gerusalemme, i suoi lavori sono stati proiettati e premiati in vari festival internazionali. Ha in seguito scritto, diretto e prodotto per televisione e cinema, collaborando con istituzioni locali e internazionali in ambito educativo. Figlio e nipote di sopravvissuti alla Shoah, ha dichiarato in una nota di regia:
«Sono cresciuto tra storie eroiche, incredibili, in cui la vita e la morte erano separate da una linea sottile. Per me erano le migliori storie d’avventura che ci fossero. Ma la mia vita di tutti i giorni contrastava con questo dramma. Figlio di sopravvissuti alla Shoah, sono cresciuto in una famiglia priva di emozioni, dove sentivo che mancava sempre qualcosa. Qualcosa di sfuggente, che rimaneva innominato. Questo enorme abisso mi ha lasciato senza parole. Il copione del film rappresenta il mio sforzo per penetrare attraverso i muri trasparenti del silenzio».
Un film importante perché rende visibile il metodo della ricerca ed entra nel vivo del vero senso della Memoria: non dimenticare per rendere giustizia alle vittime degli eccidi nazisti e alla solitudine dei testimoni.
di Alessandro Calisti