Il 4 agosto 1944 i sobborghi di Firenze, occupata dai tedeschi, furono raggiunti dalle avanguardie anglo-americane. Nello stesso giorno, predisposta la difesa della città e proclamato lo stato di emergenza, i tedeschi fecero saltare tutti i ponti sull’Arno, escluso Ponte Vecchio perché ostruito da macerie. L’11 agosto il Comitato Toscano di Liberazione Nazionale diramò l’ordine d’insurrezione generale e assunse il governo della città, nominando sindaco il socialista Gaetano Pieraccini (vicesindaci il comunista Mario Fabiani e il democristiano Adone Zoli). La battaglia proseguì fino al 1° settembre, quando i tedeschi si ritirarono. Secondo «Il Corriere di Firenze» del 2 settembre 1944, tra i fiorentini si registrarono 379 morti e 1308 feriti; 205 i partigiani caduti in combattimento, 400 i feriti e 18 i dispersi, secondo i dati diffusi dal Comando generale del CTLN. Nonostante Firenze fosse stata liberata, il nazifascismo non era stato ancora sconfitto nella regione e le stragi di civili, perpetrate dai nazisti e dai fascisti della Repubblica Sociale Italiana, soprattutto ma non solo nell’area tosco-emiliana, proseguirono.

Il 12 agosto a Sant’Anna di Stazzema, in provincia di Lucca, tre reparti della 16° divisione Panzergrenadier, accompagnate da bande di fascisti, circondarono l’abitato mentre un quarto reparto si attestò più a valle, sopra il paese di Valdicastello, per bloccare ogni via di fuga. Nonostante all’inizio di agosto Sant’Anna fosse stata dichiarata zona bianca, cioè un paese in cui era previsto che venisse accolta la popolazione civile sfollata, in poco più di tre ore furono massacrate 560 persone, tra cui molti bambini. L’eccidio, “giustificato” dagli esecutori perché considerato una rappresaglia contro le azioni dei partigiani che agivano nella zona, fu seguito da altri orribili crimini che culminarono nella strage di Marzabotto, paese vicino a Bologna distrutto in due giorni, alla fine di settembre. In quella circostanza furono massacrati 1836 civili, il reparto che portò a termine la strage era comandato dal maggiore Walter Reder, che già era stato tra i protagonisti dell’eccidio di Sant’Anna di Stazzema.

Reder, arrestato a Salisburgo dagli statunitensi nel maggio 1945, fu consegnato prima agli inglesi e poi alle autorità italiane nel 1948. Dopo un procedimento giudiziario conclusosi nel 1951, in cui presentò un memoriale nel quale sostenne la natura prettamente militare del rastrellamento del 1944 (una tesi sempre sposata dai neofascisti italiani per tutte le stragi di civili compiute in Italia), Reder fu condannato all’ergastolo, pena da scontare presso il carcere di Gaeta. Nel 1967, mostrando pentimento e chiedendo scusa per quel che aveva fatto, l’ex ufficiale delle SS scrisse una lettera al sindaco di Marzabotto e alla popolazione per chiedere la grazia che, dopo un referendum tra i cittadini, chiamati a pronunciarsi sul contenuto della lettera, non venne concessa. Furono 282 coloro che si pronunciarono contro Reder, soltanto 4 cittadini di Marzabotto proposero di accettare le sue scuse. Nel 1980, tra violente polemiche, la corte del Tribunale militare di Bari concesse la condizionale a Reder che fu liberato nel 1985 e morì a Vienna nel 1991, non senza aver ritrattato le scuse e le dichiarazioni di pentimento che aveva rilasciato in precedenza.

In occasione delle recenti celebrazioni per l’80° anniversario della strage di Sant’Anna di Stazzema, ricordata con parole molto sentite e opportune dal Presidente Mattarella, non risulta che, nonostante le richieste del sindaco Maurizio Verona, sia intervenuto alcun membro del Governo Meloni. Sarà stata di certo una dimenticanza, forse dettata dal caldo estivo o da altri e più importanti impegni istituzionali. La storia del nostro paese, e in particolare delle radici antifasciste della Repubblica democratica, per la classe dirigente di destra, continua a contare poco o nulla. Meglio dimenticarla o alterarla, esattamente com’è stato fatto nel caso delle Fosse Ardeatine in questo stesso 2024. Altrimenti si rischia di percorrere terreni molto accidentati e di dover addirittura studiare per capire chi erano i patrioti che combattevano per la libertà sfidando la tortura e la morte. Ma solo attraverso lo studio e un’onesta riflessione sul passato che non passa, i nuovi custodi della nazione eviterebbero di andare incontro a brutte figure.

di Andrea Ricciardi

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