Tina Iannotta, La stele e le stelle. Memoir d’Eritrea, Scatole parlanti, Viterbo 2025

La letteratura del postcolonialismo continua a riservarci spunti di lettura interessanti. Tra questi La Stele e le stelle. Memoir d’Eritrea di Tina Iannotta, che è stato recentemente  presentato dalla FIAP presso la Casa della Memoria e della Storia di Roma. Attraverso due generazioni l’autrice, nata ad Asmara, racconta una saga familiare in un arco di tempo di circa quarant’anni, tra la nascita dell’impero coloniale voluto da Benito Mussolini e la presa del potere da parte dei militari del governo che verrà chiamato Derg, ricordato per la violenza del regime che ha instaurato. Le due generazioni vengono rappresentate, in successione e in epoche diverse, attraverso due giovani: il primo è Andrea che, dopo aver ascoltato il discorso del duce che invitava i contadini e i periti agrari italiani a trasferirsi nelle colonie, decide di partire alla ricerca di un mondo migliore perché, al di là della retorica, l’Italia era un paese povero. Andrea, a guerra finita dopo la sconfitta del fascismo e la dissoluzione dell’impero coloniale italiano, decide di cogliere la possibilità di restare perché l’imperatore Hailé Selassié, già cacciato dall’invasione fascista e riportato sul trono dalle forze alleate, non ostacola la presenza degli italiani in Eritrea. Andrea, dopo anni di guerra, conosce finalmente la pace e può costruire il suo nucleo familiare, sposando per procura una brava e operosa ragazza italiana. La seconda protagonista è Lietta, la figlia di Andrea, rimasta orfana piccolissima per la morte precoce in un incidente sul lavoro del padre. Sarà Lietta che sarà obbligata a ripercorrere al contrario il viaggio del genitore, lasciando la terra dove è nata e cresciuta per tornare in Italia perché il nuovo governo militare, che ha eliminato l’anziano imperatore e tutto il suo governo, questa volta ha costretto gli italiani a lasciare il paese. L’Eritrea si affaccia sul mar Rosso, dal quale deriva il suo nome, ed è un territorio dai forti dislivelli, dal porto di Massaua all’altipiano che si trova a un’altezza di circa 2300 metri, dove c’è la capitale Asmara. È stata la prima colonia di un’Italia che, giunta alla sua unità, è stata l’ultimo tra i paesi europei a inserirsi nella corsa per la spartizione del continente africano. Paesi tutti uniti dallo spirito eurocentrico per cui si definivano portatori di civiltà, insieme alla possibilità di ottenere, in cambio, lo sfruttamento delle risorse dei paesi colonizzati.

La vicinanza tra le coste italiane e quelle del Nord Africa aveva sempre costituito la base di rapporti di scambio tra le due sponde del Mar Mediterraneo e l’Italia, monarchica e liberale,  che cominciò ad accarezzare l’idea della quarta sponda nella vicina Tunisia. Il tentativo fallì quando con il trattato del Bardo, nel 1881, venne istituito il protettorato della Francia nonostante la comunità italiana fosse numericamente superiore rispetto a quella francese. La delusione fu definita, dalla retorica nazionalista, come lo schiaffo di Tunisi.  Le ambizioni italiane si concentrarono sul Corno d’Africa e, al fine di arginare lo spazio coloniale francese, gli inglesi non si opposero. Cominciò l’insediamento dei primi italiani, che andarono a costituire una sorta di aristocrazia coloniale liberale quando la tragedia della battaglia di Dogali, il 26 gennaio 1887, suscitò una profonda emozione. Il massacro della colonna italiana composta da 548 soldati, che dovevano portare viveri e munizioni al forte italiano di Saati, venne celebrato dedicando ai militari trucidati la grande piazza dei Cinquecento di fronte alla stazione Termini di Roma e l’installazione di un obelisco egiziano, con i nomi dei morti incisi sul basamento. Con la successiva disfatta di Adua del 1896, il progetto di colonizzazione subì una battuta d’arresto ma riprese vigore durante il fascismo. Il ricordo delle sconfitte di Dogali e Adua alimentò il fuoco della retorica anche prima dell’avvento di Mussolini al potere grazie ai nazionalisti.

Le vite dei protagonisti sono descritte attentamente e la teoria ufficiale appare a sprazzi perché le dure e difficili scelte quotidiane sembrano non lasciare altri spazi. Ma anche se gli eventi legati ai governi avvengono a migliaia di chilometri di distanza, le vite quotidiane dei protagonisti ne sono coinvolte. Come per Andrea, che decide di partire per le colonie pur non condividendo nel profondo la propaganda del regime e che riflette, certo non potendo esplicitare il proprio pensiero, vista l’impossibilità del dissenso e l’alto numero di spie nella colonia, che la battaglia dei nativi, che si troveranno contro i gas di Pietro Badoglio e le feroci rappresaglie di Rodolfo Graziani, non è altro che la difesa da parte di un popolo delle proprie terre. La figlia Lietta viene educata da una madre che, per far fronte alle difficoltà di educare da sola la figlia, si vede  costretta ad impegnarsi con tutte le sue capacità di esperta di sartoria ma che non riesce a staccarsi dai pregiudizi della sua rigida educazione familiare nei confronti di un’adolescente che cresce in un’epoca diversa dalla sua. Il mondo di Lietta è composto, oltre che dalla comunità italiana, da eritrei, cristiani, ebrei, musulmani, bianchi, neri, negli anni del dopoguerra in un mondo che sta cambiando rapidamente, che si apre alle notizie di battaglie e movimenti nuovi come quello per l’ampliamento dei diritti civili, come nuove sono le musiche che avvolgono la sua adolescenza e la sua formazione. Gli avvenimenti attraversano i confini ma le intensità, i colori, i sapori di tante diversità non rendono impossibile vivere insieme, perché quello che rende uguali è l’umanità di ognuno.

A tale proposito, il libro  di Tina Iannotta suggerisce una riflessione quanto mai attuale per   tutti coloro che non hanno vissuto il colonialismo e il successivo periodo di decolonizzazione.  Se grazie agli storici, tra i quali è impossibile non ricordare Angelo Del Boca, che con onestà e coraggio hanno raccontato il vero volto del colonialismo, insieme alle speranze ed alle delusioni della decolonizzazione, pensando ad un giovane italiano e ad un giovane eritreo di oggi appare indispensabile storicizzare il passato per consentire quella conoscenza che consenta di superare l’immobilismo dei rancori, il ripetersi delle provocazioni, per ritrovare la necessaria convivenza.

Attraverso le vite dei protagonisti principali, l’autrice ci fa incontrare tante altre vite tra coloro che sono arrivati in una terra straniera, pur  legata come colonia alla terra d’origine e quelli che in quella terra ci vivevano. Un giovane ricercatore italiano arrivato in Eritrea per i suoi studi, in risposta ai dubbi della giovane Lietta, le risponde che «… non c’è niente di più lento della vera nascita di una persona», parole che ricordano che la Storia, sia quella “ufficiale” sia quella delle persone nel loro quotidiano, sono un movimento ed una ricerca continui. Incuriosisce una brevissima immagine che ci regala l’autrice del giovane Andrea, che è in procinto di partire per l’Eritrea. Lo descrive, pur nel momento in cui fa parte dell’esercito fascista, come un pacifista, parola sulla quale recentemente ci si è molto interrogati. Riferita a quella specifica situazione può sembrare una contraddizione ma in realtà, seguendo il filo del senso critico che Andrea è riuscito a conservare, nonostante viva sotto una dittatura, e la profonda onestà che il giovane ha scelto come base della sua vita, attraverso il rispetto per le persone che incontra la parola pacifista trova il suo contenuto. Se l’avventura coloniale, sembra ricordarci l’autrice, è cominciata con la più ampia retorica, la sua fine, al di là della dissoluzione attraverso i trattati tra governi, non è forse ancora conclusa nelle vite e nella memoria delle persone. E non aiuta certamente la rimozione, come non ha aiutato rimuovere l’obelisco inizialmente posto al centro della piazza dei Cinquecento per ricordare la battaglia di Dogali. Obelisco che, durante il fascismo, per minimizzare lo smacco venne spostato in un posto meno centrale e meno visibile. Sarà Lietta che, tornata in Italia, andrà a cercarlo nel suo angolo un po’ abbandonato, per poter finalmente ricostruire l’interezza della sua vita.

di Sonia Marzetti


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