Io Capitano è un film crudo e nello stesso tempo pieno di speranza. Racconta il viaggio di due giovani senegalesi che sognano di raggiungere l’Europa. La regia di Matteo Garrone ricostruisce con continuità le tante vicende che i protagonisti della storia si trovano ad affrontare. I temi trattati sono molteplici, dalla traversata del deserto alla corruzione dilagante delle forze di polizia locali; dalle carceri libiche gestite da mercenari fino ai problemi del soccorso in mare. Nel 2023, il film è stato presentato in anteprima all’80sima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Ha ottenuto un buon riscontro di pubblico nelle sale italiane e, recentemente, la candidatura agli Oscar 2024 come miglior film in lingua straniera. Nel cast troviamo Seydou Sarr, Moustapha Fall, Issaka Sawagodo, Hichem Yacoubi e Doodou Sagna. Accenniamo al complicato percorso ad ostacoli di Seydou e Moussa, che abbandonano il proprio villaggio a Dakar, nonostante siano stati messi in guardia da amici e parenti sui rischi del viaggio. I due giovani sognano di diventare musicisti in Europa, sono attratti da una terra promessa e dal desiderio di riscatto sociale ed economico.

La sceneggiatura di questo progetto è stata scritta sulla base delle testimonianze reali di alcuni migranti; le riprese sono state effettuate in Marocco e in Senegal. La fotografia è sempre a servizio delle immagini, un realismo da cui si discostano solo alcune scene oniriche, ricche di simbolismo e tra le più caratteristiche di questo lungometraggio. Guardiamo il mondo attraverso gli occhi, le paure e le speranze di due ragazzi ostinati. Non sempre, attraverso la cronaca giornalistica proposta dai media occidentali, si riesce ad avere una visione chiara degli aspetti concreti del viaggio della speranza. Di come la condizione del migrante in transito rappresenti un pericolo reale per la sopravvivenza, quanto più ci si trovi in contesti privi di leggi, tutele e in balia della criminalità organizzata.

Il punto di forza del film è a nostro avviso la capacità di rappresentare un racconto completo, che non lascia buchi o parti mancanti e che mostra al pubblico la somma delle disavventure affrontate dai due adolescenti.

Si parte dal Senegal passando per il Mali, il Niger e infine si raggiunge la Libia. Incontreremo autisti e guide senza scrupoli, milizie armate e moderni predoni del deserto, scafisti malavitosi e scaltri. Vedremo l’ingenuità di due ragazzi che non conoscono ancora il mondo, ma anche la forza dell’amicizia e della solidarietà. Una caratteristica, quest’ultima, che sembra essere molto radicata nelle comunità africane, sempre disposte ad aiutare chi ha bisogno, nonostante la povertà e tutte le inevitabili vicissitudini. Il risultato del progetto è un equilibrio costante tra documentario e finzione. Il punto di vista inizialmente adottato si avvia lentamente a diventare corale, fino a farci interrogare sulle responsabilità dell’Europa e sui diritti umani. Sembrerà quasi bizzarro che il film si concluda lasciando un finale aperto a molte possibilità.

Ma questo è il trucco utilizzato da Garrone per farci riflettere. Il regista romano ci costringe abilmente a porci delle domande: che ne sarà di Seydou e di Moussa, dei loro compagni di viaggio e degli altri che sono partiti e che ancora partiranno? Riusciranno i soccorsi ad intervenire prima che sia troppo tardi? C’è oggi, nel Vecchio Continente, una speranza di integrazione reale per chi emigra da paesi extraeuropei? Nelle risposte, difficili da trovare, si gioca il futuro di tante vite umane e dell’Unione Europea.

di Alessandro Calisti

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