LA MOGLIE DEL PARTIGIANO

Grazia Carrà di Torino è la vedova del partigiano Giuseppe Migliore.
Sono molto gelosa dei miei ricordi personali: ho condiviso con Beppe 32 anni che sono stati per me, la parte più bella del mio percorso di vita. Nonostante una grande differenza di età, c’era e rimane, nel mio intimo, la certezza e la gioia di avere vissuto una storia felice come non capita sovente, purtroppo, a molte coppie.

Una educazione alla vita coniugale.
Mi riallaccio al racconto che Beppe scrisse per raccontarti un piccolo punto critico del nostro ménage, causa a volte di innocenti litigi. Beppe adorava fumare la pipa, che era un po’ il suo passatempo preferito e, continuamente, spargeva cenere e procurava buchi su cravatte, maglie, vestiti e divani di casa.
Ai miei brontolii, si difendeva facendomi un broncio che durava a lungo…
Stava recuperando, con gli interessi, la lunga astinenza del periodo della Resistenza!


Mancava tutto oltre al cibo?
In uno dei lanci avvenuti da parte degli Anglo-americani, i partigiani trovarono oltre alle armi, munizioni, vestiti e vettovaglie, anche un sacchetto che conteneva, all’apparenza, del tabacco.
Beppe era dovuto andare con altri a fare un’azione. Al suo ritorno, trovò i compagni che stavano fumando freneticamente…. C’era nell’aria un odore strano e, nel sacchetto, era rimasto soltanto un pizzico di quel “tabacco”! “Però a fümmo bin mal sti ingleis”! (Però, come fumano male questi inglesi) stavano commentando i partigiani…non era tabacco ma thè.


Quando finì la guerra suo marito ha avuto seri problemi di salute?
Vi furono anche momenti difficili, in particolare legati ai postumi delle ferite di guerra e del congelamento dei piedi Dovettero amputare alcune falangi. Moltissimi i ricoveri in ospedale…
Ma ho sempre ammirato il suo coraggio: affrontava tutte le avversità senza mai lamentarsi.

Dopo la guerra prestò servizio per parecchi mesi al C.M.R.P.
Sì il Comando Militare Regionale Piemontese per l’accertamento delle qualifiche partigiane, dove lavorava anche la sorella Rita, staffetta partigiana in Valle Grana, maggiore di Beppe di sei anni, colei che gli salvò la vita dopo il suo ferimento e congelamento nel novembre 1944.

Mi parli di sua cognata.
Rita, nome di battaglia Anna, fu una coraggiosa staffetta partigiana, nella Divisione Giustizia e Libertà. Scelta dal Comando della Brigata “Paolo Braccini”, comandante Alberto Bianco. In sella alla sua bicicletta recapitava, senza timore, ordini, denaro e giornalini di propaganda ai vari distaccamenti, nascondendo il materiale tra i suoi abiti e nella canna del suo unico mezzo di locomozione. Sfidava i pericoli e le avversità, dormendo in luoghi inospitali, come le stalle, e anche quando a Castelletto Stura le requisirono la bicicletta a un posto di blocco, continuò la sua opera tentando di raggiungere a piedi Pradleves, dove si trovava il suo gruppo. Poi un giorno andò a recuperarla dai fascisti e gliela restituirono senza sapere che nella canna c’erano documenti compromettenti sufficienti alla sua fucilazione.
Finché una denuncia, partita probabilmente da Pradleves, pose fine alla sua attività. Venne arrestata, ai primi di aprile del ‘45 a Torino e condotta nella caserma di Via Asti, sede della milizia fascista. Per molti giorni sottoposta a interrogatori e soprusi da parte del tenente fascista Saporito, pur mettendo a dura prova la sua dignità, non ne scalfirono il coraggio.

Quando l’ha conosciuta?
Negli anni ‘80 fui contagiata dalla sua serenità, l’ammiravo moltissimo e mi colpiva sempre il suo spirito modesto nel raccontare quei giorni di vita partigiana. Diceva “Io potevo passare in qualsiasi luogo, dove non potevano andare i ragazzi! Se fossi più giovane lo rifarei…” Oggi avrebbe compiuto 100 anni.
Si augurava sempre un futuro migliore non oscurato dai tanti errori commessi in passato, privo di disparità, divisioni e non più insanguinato da guerre fratricide.

Beppe e Rita erano legati da un profondo affetto.
Dopo la guerra continuarono a frequentare i compagni partigiani e, in particolare, il 25 aprile di ogni anno a Pradleves, erano sempre presenti per ricordare i Caduti e portare testimonianza della Resistenza a quelli che non l’avevano vissuta…

La memoria è un esercizio prezioso.
Questo compito fu per Beppe un dovere imprescindibile. Non si esimeva dal portare la sua esperienza di partigiano nelle scuole, accompagnava i ragazzi più grandi a visitare i luoghi significativi della guerra: Mauthausen, Cefalonia, le spiagge dello sbarco in Normandia… solo alcuni dei suoi impegni che portò avanti finché le condizioni di salute glielo permisero. Adesso, dopo che lui è morto, continuo la sua memoria nella associazione dei partigiani torinesi Fiap.

Beppe Migliore Partigiano 1926-2013

di Bianca Cimiotta Lami

Loading...