Il 19 giugno 1944 fu costituito all’interno del CLNAI il Corpo Volontari della Libertà (CVL), con lo scopo di coordinare le operazioni delle diverse formazioni partigiane organizzandole sotto un unico comando. Sentite le autorità alleate e il nuovo governo centrale, presieduto da Ivanoe Bonomi e appena insediatosi a Salerno (si sarebbe trasferito a Roma poco dopo metà luglio), fu deciso che il generale Raffaele Cadorna sarebbe stato il comandante , carica che avrebbe assunto ad agosto dopo essere stato paracadutato in Lombardia. Due dirigenti del calibro di Ferruccio Parri (del Partito d’Azione) e Luigi Longo (del Partito Comunista), a capo rispettivamente delle formazioni gielliste e garibaldine, divennero i vicecomandanti “politici” del CVL, affiancati da Sandro Pertini (socialista), Enrico Mattei (democristiano) e Mario Argenton (liberale). La nascita del CVL fu giustificata da varie ragioni di natura politica e militare. Dopo la liberazione di Roma dai nazifascisti (4 giugno) e l’appello ai patrioti dell’Italia occupata («insorgere compatti contro il nemico comune colpendolo con ogni mezzo») del generale britannico Harold Alexander, comandante delle forze alleate in Italia, Pietro Badoglio si dimise e fu incaricato dal Luogotenente del Regno Umberto (figlio del re Vittorio Emanuele III) di accordarsi con i rappresentanti del CCLN per far nascere un nuovo esecutivo, in linea con la nuova stagione che si stava aprendo. Il I Governo Bonomi, da un lato, s’impegnava con gli Alleati ad accettare il cosiddetto “armistizio lungo” e a rimandare la questione istituzionale a dopo la fine della guerra ma, dall’altro, sembrava essere più adatto del II Governo Badoglio (il primo di unità nazionale dopo la “svolta di Salerno” promossa da Togliatti) nel sostenere la Resistenza. Tra i ministri, si ricordano vari importanti esponenti dei partiti antifascisti, in parte rientrati dall’esilio politico e destinati a scrivere pagine importanti della storia dell’Italia repubblicana: De Gasperi, Togliatti, Saragat, Meuccio Ruini, Alberto Cianca, Carlo Sforza, Pietro Mancini, Gronchi, Guido De Ruggiero, Fausto Gullo e Benedetto Croce, presto sostituito da Niccolò Carandini.
Il CLNAI, quindi, si mostrò cosciente di dover imprimere un’accelerazione alla lotta armata contro il nazifascismo, favorendo un organismo unitario che potesse rappresentare il partigianato nel suo complesso proprio di fronte al governo di Roma. Ma vi erano anche altre ragioni, tra di loro inevitabilmente connesse: in primis fare del CVL l’unico legittimo interlocutore degli Alleati (e dei rispettivi servizi segreti) e superare le tensioni esistenti in alcuni settori del movimento resistenziale attraverso la formazione di un comando unico, che fosse in grado di rappresentare i combattenti di tutti i partiti dello stesso CLNAI e le brigate Autonome. Nei mesi successivi, tuttavia, non mancarono le difficoltà derivanti, tra l’altro, dai non facili rapporti con gli anglo-americani (in rapporto al tipo di lotta e alle prospettive politiche della Resistenza) e dalle differenti sensibilità ideologico-politiche interne al CLNAI, in cui convivevano una sinistra “rivoluzionaria” (formata da azionisti, comunisti e socialisti, che pure non erano tra di loro allineati) e un’area moderata (DC, DL e PLI), che si mostrava lontana da ogni forma di rivoluzione sociale e in parte fautrice della monarchia e, quindi, della continuità istituzionale rispetto all’Italia liberale da cui si era generato il fascismo.
Una fase critica fu certamente costituita dal mese che partì con l’ormai famoso “proclama Alexander”, motivato dall’andamento non proprio positivo delle operazioni militari alleate nell’Italia settentrionale. Il 13 novembre Alexander, modificando le indicazioni fornite due mesi prima e recepite dal CVL, dai microfoni di Italia combatte affermò che la campagna estiva aveva lasciato il posto a quella invernale che avrebbe avuto caratteri del tutto diversi. Disse, tra l’altro, Alexander: «i patrioti devono cessare la loro attività precedente per prepararsi alla nuova fase di lotta e fronteggiare un nuovo nemico, l’inverno». Il messaggio costituì un vero e proprio trauma per i partigiani, tra i quali si diffuse un senso di smarrimento dovuto al fatto che, ormai da cinque mesi, decine di migliaia di persone stavano combattendo contro nazisti e repubblichini con la convinzione che l’insurrezione definitiva fosse imminente. Ora, in buona sostanza, venivano invitati a cessare ogni operazione militare aspettando tempi migliori.
Il 14 novembre una delegazione del CLNAI-CVL (composta da Parri, Pizzoni, Pajetta e Sogno, coinvolto su espressa richiesta degli Alleati) partì per il Sud Italia con l’obiettivo di trovare un accordo con gli stessi Alleati e il governo di Roma che consentisse di definire nel Nord il ruolo della Resistenza, che rappresentava l’autorità nazionale in quelle regioni nell’ambito della “cobelligeranza” e in accordo con gli Alleati. L’inizio della missione avvenne proprio nel giorno in cui l’ammiraglio Raffaele De Courten lasciò il ministero della Marina per contrasti con Mauro Scoccimarro in merito all’epurazione degli apparati amministrativi da elementi fascisti, una questione di primaria importanza che si sarebbe riproposta anche dopo la Liberazione.
Le difficoltà di coesistenza delle forze antifasciste si manifestò in via definitiva il 25 novembre con le dimissioni di Bonomi, presentate nelle mani del Luogotenente del Regno e non del CLN. Oltre all’epurazione, la questione istituzionale continuava ad essere per tutti un nervo scoperto. Tramontata la candidatura di Sforza a causa del veto britannico, Bonomi formò un secondo governo nato con il sostegn0 delle forze moderate ma anche di Togliatti, convinto che le sinistre non dovessero abbandonare la maggioranza in una fase critica della lotta politico-militare. Pd’A e PSIUP, tuttavia, rimasero fuori dall’esecutivo. Il Pd’A, attraverso il suo organo L’Italia libera, il 30 novembre diffuse una lettera aperta alle direzioni degli altri partiti del CLN in cui si chiarivano le priorità del programma azionista. Le proposte, coerenti con la rivoluzione democratica incentrata sui CLN interpretati come organismi di base del nuovo Stato, indicavano chiaramente la rottura politico-istituzionale con l’Italia liberale e monarchica. Il governo, secondo l’impostazione degli azionisti, doveva essere il prodotto di un’autentica partecipazione popolare nel segno della valorizzazione delle autonomie, distanti dal centralismo rappresentato dai prefetti e da una burocrazia compromessa con il fascismo. Oltre al tema della democrazia diretta tornava l’epurazione, vista come una necessità per il rinnovamento radicale delle varie articolazioni dello Stato (e delle classi dirigenti) che, solo così, si sarebbe lasciato alle spalle il regime fascista. Alla lettera avrebbero risposto PCI, DC, PSIUP e PLI, esprimendo posizioni diverse e per molti aspetti ricalcando le divisioni interne che avevano caratterizzato la sofferta convivenza nei precedenti mesi.
Il CVL, proprio nei giorni successivi alla pubblicazione della lettera, impartì ai partigiani le Istruzioni per la campagna invernale, come recitava un documento del 2 dicembre 1944 che, di fatto, evitò che la profonda delusione si trasformasse nello smantellamento delle formazioni partigiane. Si trattò di un gesto fondamentale che, al di là del valore simbolico, ebbe una funzione molto concreta, depotenziando fortemente il proclama Alexander e lasciando sostanzialmente inalterata la struttura delle bande dei partigiani, che sarebbero diventati sempre più numerosi fino a raggiungere, in vista della Liberazione, le 200.000 unità circa. Il CVL, direttamente dipendente dal CLNAI, in quelle settimane dimostrò così di esercitare una funzione centrale. Le grandi difficoltà che si manifestarono nel rapporto tra i vertici dei partiti ciellenisti a proposito delle diverse visioni del futuro dell’Italia non impedirono che la Resistenza giocasse, al fianco degli Alleati, un ruolo determinante nella sconfitta del nazifascismo, facendo prevalere il valore dell’unità sulle divisioni ideologico-politiche, pur nel rispetto del pluralismo che sarà alla base della Costituzione repubblicana.
*Oggi, 28 novembre 2024, è stato organizzato a Milano, presso Palazzo Cusani, il convegno nazionale intitolato CVL: un esercito partigiano per la liberazione d’Italia. All’appuntamento, organizzato dalla Fondazione CVL, sono stati invitati, tra gli altri, gli storici Nicola Labanca, Tommaso Piffer, Silvia Salvatici, Giovanni De Luna, Paolo Pezzino, oltre a Luca Aniasi e Ferruccio Parri.
di Andrea Ricciardi