Alle 22.45 del 25 luglio 1943 un comunicato radiofonico annunciava che Vittorio Emanuele III aveva accettato le dimissioni di Mussolini. Badoglio lo aveva già sostituito alla guida del governo nel pomeriggio e il duce, dopo un colloquio con il re alle 17.00, era stato arrestato. Il giorno prima si era riunito il Gran consiglio del fascismo e, attraverso la votazione del famoso ordine del giorno letto da Grandi, Mussolini era stato sfiduciato proprio dai suoi camerati, con una maggioranza di quasi due terzi dei partecipanti alla storica riunione. Un’operazione di palazzo, si dirà poi, di cui inizialmente si comprese poco e che non fu figlia di un moto popolare. Tuttavia le pressioni degli antifascisti, che subito criticarono la scelta del re e che avevano già costituito il Comitato nazionale delle opposizioni (da cui nacque poi il CLN); gli scioperi operai (si ricordino quelli del marzo 1943 partiti dalla FIAT Mirafiori, ne iniziarono altri il 9 agosto in Piemonte e in Lombardia) e lo svolgimento delle operazioni militari (con lo sbarco degli Alleati in Sicilia il 3 luglio) rappresentarono, fin dal 1942 considerando anche gli scenari esterni all’Italia e all’Europa (controffensiva dei sovietici dopo l’assedio di Stalingrado, sconfitte dell’Asse in Africa e dei giapponesi nella battaglia delle isole Midway), fattori determinanti per l’accelerazione della crisi politico-istituzionale al vertice del regime fascista.
Il 26 luglio, in tutta Italia, si svolsero spontanee manifestazioni di giubilo per la caduta del fascismo perché s’immaginò che la sostituzione di Mussolini con Badoglio avrebbe portato rapidamente la pace e che il fascismo stesso non sarebbe rinato. Era una tragica illusione. I tedeschi si mostrarono tutt’altro che impreparati e dopo l’annuncio dell’armistizio con gli Alleati (8 settembre), nonostante lo sbarco degli stessi a Salerno e la riorganizzazione degli antifascisti, che sarebbe sfociata nell’inizio della Resistenza, il re e Badoglio fuggirono da Roma mentre Mussolini (senza alcuna fatica) fu “liberato” dai paracadutisti tedeschi. Dal confino di Campo Imperatore fu condotto in Germania, da dove annunciò la costituzione del Partito fascista repubblicano e di una repubblica nelle zone del centro-nord occupate dai tedeschi, la Repubblica Sociale Italiana. Iniziarono allora venti mesi di lotta che, prima di arrivare alla Liberazione, avrebbero rappresentato la fase più terrificante della storia italiana in cui il fascismo repubblicano, pur assente da ampie zone del paese via via liberate dagli Alleati e dai partigiani, si rese protagonista delle peggiori nefandezze dimostrando che il 25 luglio 1943 aveva cambiato gli equilibri al vertice del paese, ma non aveva portato alla pace né alla scomparsa del fascismo e del suo capo.
Ennio Flaiano, proprio in quel giorno, scrisse una lettera alla figlia Lelè, di un anno, con l’idea che, una volta diventata grande, l’avrebbe potuta leggere comprendendo cosa erano stati il fascismo e Mussolini. Se ne riproduce la gran parte, tralasciando le righe finali.
Cara Lelè, questa è la prima lettera che ti scriviamo per dirti che oggi il tiranno d’Italia è stato mandato a spasso. Si chiamava Mussolini. Un giorno tu ti sorprenderai quando ti racconteremo quello che si è sofferto in ventun’anni di miseria morale. Non vorrai crederci. E forse ci rimprovererai dicendo «Perché non l’avete cacciato prima?». Lè, era impossibile. Aveva un esercito di spie, di poliziotti e di mascalzoni: un esercito armato che teneva l’Italia ben ingabbiata. Mai, nemmeno nelle epoche più tristi della storia del mondo, si era visto un tale spiegamento di forze contro gli innocenti. Una parola e si andava dentro. Due, e si veniva uccisi. Migliaia di persone hanno pagato con la vita il lusso di un’opinione diversa da quella ufficiale. Ma ora è finita, grazie a Dio! E tu potrai essere educata libera da ogni nefasta influenza fascista. Non sappiamo quel che l’avvenire ci riserba. Ma una cosa è certa: che Dio s’è svegliato.
Flaiano parlò di ventuno anni di “miseria morale”, avendo ben presente l’intervallo tra l’ottobre 1922 (nascita del governo Mussolini) e il luglio 1943. Considerato che il ventennio divenne sinonimo dell’epoca fascista, ma che venne preceduto dallo squadrismo che iniziò a diffondersi nel ‘19 dopo la nascita dei Fasci italiani di combattimento e che la Liberazione sopravvenne definitivamente il 25 aprile 1945, e non su tutto il territorio nazionale, appare curioso che, guardando soprattutto all’Italia centro-settentrionale e alla storia della RSI, che fu un regime collaborazionista a sovranità limitata, la durata del fascismo sia stata accorciata. In realtà il fascismo storico si avvicinò più al quarto di secolo che al ventennio. Flaiano, il 25 luglio 1943, voleva che sua figlia fosse cosciente di quanto ogni singolo anno di assenza di libertà e diritti, anche nel futuro, potesse essere drammaticamente fondamentale nella vita di ogni persona.
di Andrea Ricciardi