Le donne si erano già fatte sentire nelle Istituzioni: nel settembre 1945, con il Decreto Legislativo Luogotenenziale, veniva istituita la Consulta Nazionale in rappresentanza dei sei partiti del Comitato Nazionale di Liberazione per legiferare in attesa del Parlamento democraticamente eletto. Emanò il decreto istitutivo del referendum e la legge per l’elezione dell’Assemblea Costituente del 2 giugno. Ma fu il 1° ottobre 1945 che nell’aula di Montecitorio per la prima volta prese la parola una donna, Angela Guidi Cingolani, un debutto diretto e qualcuno direbbe femminista.

Credo proprio di interpretare il pensiero di tutte noi Consultrici invitandovi a considerarci non come rappresentanti del solito sesso debole e gentile, oggetto di formali galanterie e di cavalleria di altri tempi, ma pregandovi di valutarci come espressione rappresentativa di quella metà del popolo italiano che ha pur qualcosa da dire, che ha lavorato con voi, con voi ha sofferto, ha resistito, ha combattuto, con voi ha vinto con armi talvolta diverse ma talvolta simili alle vostre e che ora con voi lotta per una democrazia che sia libertà politica, giustizia sociale, elevazione morale….Non si tema, per questo nostro intervento quasi un ritorno a un rinnovato matriarcato, seppure mai esistito! Abbiamo troppo fiuto politico per aspirare a ciò; comunque peggio di quel che nel passato hanno saputo fare gli uomini noi certo non riusciremo mai a fare! 

Parole sante che hanno funzionato poco, se, fino ai nostri giorni – possiamo certamente diventare ministre e, in Europa, almeno una decina sono capi di Stato o di governo e in Estonia entrambe le cariche sono femminili – è necessario adeguarsi al modello unico, che sembra neutro ed è sostanzialmente maschile.. Infatti dovrebbe essere un complimento essere “come un uomo”. Nemmeno nella morfologia linguistica le donne riescono a imporre la semplice correttezza lessicale e ministra sembra dia difficoltà di pronuncia mentre la semplice maestrarispetta la desinenza in-a.

Anche le 21 Costituenti hanno dovuto adeguarsi: la nostra bella Carta dice tutto e lo dice bene: la prima delle parità è quella di sesso. Peccato che, a termine di diritti, a partire dalla maternità, nonostante la parità non contempli che una volta partorisco io, un’altra mio marito, la donna è “oggetto” di leggi e leggine che contemplano i casi di specie. Anche per l’aborto, la donna non dispone della propria volontà neppure quando riguarda il suo corpo. Tra le costituenti il problema, ufficialmente rimosso, riguardò Teresa Mattei e Nilde Iotti, che non dovevano avere bambini “legittimi” fuori dal matrimonio: entrambe risolsero i loro drammi in modi diversi, ma la ragion di partito presidiava la loro libertà, senza alcun riguardo alla loro sofferenza e all’egoismo dei loro uomini. Era, purtroppo, il clima degli anni Quaranta del secolo scorso? Indubbiamente, ma negli anni Ottanta e Novanta le parlamentari impiegarono vent’anni – e cinque legislature (le elezioni erano sempre anticipate!)- per ottenere una vera legge contro la violenza dello stupro: Giglia Tedesco deplorava i comunisti, che si opponevano a giudicare stupro quello del marito.

Eppure sono stati quelli pilotati dalle donne i temi che hanno aperto l’elettorato femminile alla sinistra: il divorzio e l’aborto fecero paura ai partiti, ignari del desiderio di autonomia del pensiero femminile. Che non ha mai avuto libero accesso nella formazione delle “linee” di contenuti e strategie generali. Quanto succede negli Usa (già 5 stati hanno ridotto la permissività delle leggi sull’aborto ed è attesa la severità dell’intervento della Corte Suprema) lascia pensare che l’aborto e le tutela della famiglia saranno materia elettorale alle politiche del prossimo anno. Le donne, contente della parità che le ha fatte anche soldate, subiscono anche questa guerra che, nonostante una risoluzione dell’Onu, non vede ancora la loro presenza ai tavoli decisionali internazionali. Lo diceva Madeleine Albright: finché non saremo tante Armageddon resta dietro l’angolo.

di Giancarla Codrignani 

Illustrazione: ©Massimo Jatosti

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