Diretto dal regista tedesco Wolfgang Becker e uscito in sala nel 2003, il film è catalogato come genere drammatico e come commedia. A ben vedere, in effetti, entrambe le classificazioni sono perfettamente calzanti. Si potrebbe anche aggiungere storico – sociale, visto che l’intento del film è quello di ricostruire un periodo ben preciso con un focus sulla vita delle persone comuni, nei mesi prima e dopo la caduta del Muro di Berlino. Quel 9 novembre 1989, sarà una data cruciale negli assetti geopolitici europei e mondiali. Un evento sconvolgente per migliaia di cittadini della Germania dell’Est dopo anni di isolamento e non solo.

Fra gli attori e le attrici principali troviamo nel cast Daniel Brühl, Katrin Sass, Čulpan Nailevna Chamatova, Maria Simon e Alexander Beyer. Il film, che ha ricevuto diversi riconoscimenti, fra cui vari European Film Awards ed altri premi al Festival Internazionale del Cinema di Berlino, vanta inoltre la colonna sonora originale creata dal compositore Yann Tiersen, già autore delle musiche de Il favoloso mondo di Amelie.

La trama, molto articolata, si gioca tutta su un topos che è anche riscontrabile in tanti fatti di cronaca: il risveglio dal coma, in un mondo presente in cui è tutto diverso dal passato.

Facciamo però un passo indietro. La Repubblica Democratica Tedesca venne proclamata nel settore sovietico di Berlino il 7 ottobre 1949, conseguentemente alla “nascita” della Repubblica Federale di Germania da parte del blocco occidentale. Iniziava così l’era dei blocchi contrapposti, della guerra fredda e dell’Europa divisa fra influenza sovietica e occidentale. Per la popolazione confinata nella parte est di Berlino, tutto questo significò vivere per molto tempo in una bolla di ristrettezze economiche e culturali: soprattutto rispetto agli ex concittadini e connazionali occidentali “oltre muro”.

Con la caduta del muro, simbolo per eccellenza delle divisioni politiche, la Repubblica Democratica Tedesca fu investita dall’impatto devastante di un consumismo occidentale che invase in poco tempo la società. La Germania dell’Est, che aveva sofferto non poche difficoltà economiche, con le famiglie divise dal muro, e con i continui tentativi di fuga dei cittadini sta per cambiare. Ben presto la mitica automobile Trabant, gli inni socialisti cantati in coro dai bambini, il rigore estetico e formale che sembrava ingrigire i colori in modo rassicurante, saranno solo un ricordo.  Quella DDR caratterizzata dal controllo del governo centrale e dalla Stasi -la crudele e onnipresente organizzazione di sicurezza e spionaggio- sta per essere rimpiazzata dai fast food, dalle parabole satellitari e dal luccicante e degradante modello capitalista. Ma ovviamente di buono c’è anche il ritorno alla libertà.

La genialità del film però, non è tanto nel racconto, che comunque ci consente di vivere un incredibile salto nel tempo, quanto nella vicenda raccontata. Ci troviamo proprio a Berlino Est, e la signora Christiane, convinta sostenitrice della DDR, scopre che il figlio Alexander ha preso parte ad una manifestazione contro il regime, e colta da un malore, cade in coma. Siamo all’alba della caduta del muro e il mondo è in subbuglio. Christiane si risveglierà in un paese totalmente cambiato, in quella che viene definita la fase della riunificazione della Germania.

Qui comincia la parte più comica del film. Per evitare forti emozioni alla mamma convalescente, Alexander decide di non rivelarle quanto accaduto. Ricostruisce abilmente scenografie, notizie e finti telegiornali, recupera barattoli di cibi ormai introvabili, fino a creare una Repubblica Democratica quasi perfetta. Ovviamente l’aiuto della sorella Ariane, della fidanzata infermiera Lara e dell’amico Rainer sarà fondamentale nell’impresa e i colpi di scena non mancheranno. Questa impegnativa attività sembra ad un certo punto prendere il sopravvento sulla vita di Alexander e rimane forse l’ultima occasione di salutare, fra rimpianto e speranze disattese, il mondo appena scomparso.

A distanza di più di trent’anni dalla caduta del Muro di Berlino, il film è ancora una testimonianza unica nel suo genere, ricco di momenti ironici e commoventi. Consigliatissimo per i nostalgici degli anni ‘80 e del comunismo ma soprattutto per chi, nel 1989, non era ancora nato.  

di Alessandro Calisti

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