Noemi Di Segni, Presidente Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
In occasione del Giorno della Memoria – Quirinale, 28 gennaio 2025
Signor Presidente Matterella, Signor Ministro Valditara
Autorità civili, religiose, militari
Carissimi ragazzi, Carissimi ospiti e amici
Viviamo in un tempo sospeso: tra il sapere – attraverso testimonianze, documentazione e ricerche di quanto avvenuto prima e durante la Shoà, e il dubbio se quanto viviamo oggi è premonitore di qualcosa che possa rievocare, ispirare e poi fare accadere quanto avvenuto allora. Questo, più di chiunque altro, e meglio di me, lo possono spiegare i testimoni superstiti che sono ancora oggi tra noi a cui va il mio abbraccio commosso: Edith, Liliana, Andra, Tati, Sami, qui oggi a Roma, Goti Bauer e Gilberto Salmoni a Milano e Genova. E insieme a loro chi ancora, con moltissimo e ammirevole sforzo, testimonia la persecuzione subita dagli ebrei italiani.
Viviamo così sospesi tra il richiamato dalla memoria e il timore per il futuro. Timore che non riguarda solo la nostra vita ebraica ma quella della società italiana e dell’Europa nel suo insieme come sistema democratico.
Ottant’anni fa si aprivano i cancelli del campo di Auschwitz. Liberazione però è una parola troppo grande ed è riferibile solo ad una mera presa dei campi da parte delle forze sovietiche e degli alleati, in altri Campi. Perché non coincide con la liberazione dei prigionieri, evacuati per compiere le marce della morte e assassinati lungo tragitto, deceduti nelle fasi successive per altre complicazioni sopravvenute, smarriti nella nebbia dell’orrore interiorizzato come condizione esistenziale, timorosi di pronunciare il proprio nome e nudi davanti a chi cercava di offrire primo soccorso, ingabbiati nel silenzio nel timore del confronto.
Da Auschwitz, come ci raccontate voi carissimi testimoni, non si è mai davvero usciti né liberati, anche quando la prigionia è terminata e si è tornati, dopo mesi e mesi di traversie, alle proprie città.
Liberazione non era accoglienza, ascolto e consolazione ma vuoti e distanze. Si è tornati a respirare e vivere ma non si è tornati alla vita intesa come insieme di relazioni sociali, civili, familiari.
Chi ha potuto testimoniare e documentare nei primi momenti e giorni – quanto si svelò dietro a quel cancello e dove portavano i binari realmente, rimase scioccato ma non aveva ancora lontanamente la comprensione della dimensione dell’orrore e della sistematicità.
Rimase scioccato un intero mondo. Rimase meno scioccato chi già sapeva e scelse di non intervenire. Svanirono all’improvviso coloro che sapevano tutto e pianificarono ogni atto. Nazisti e
fascisti. Ma ci vollero anni prima che si giungesse ai processi, alla raccolta dei dati e nomi di milioni di persone sterminate. Sei milioni e tutto il loro mondo. Mesi prima che la liberazione dei campi si completasse con la liberazione dal nazifascismo e la fine della guerra.
Dalla liberazione e la fine della guerra il percorso verso le libertà che si sono volute riaffermare e sancire nel nostro testo costituzionale, nei trattati internazionali e carte europee.
Ma siamo davvero come ebrei stati anche idealmente liberati dall’antisemitismo? viviamo davvero come italiani sotto l’ala protettrice delle libertà?
Da anni lo percepiamo, ma ancor più dopo il 7 ottobre 2023, purtroppo accade il contrario di quanto avveniva con la liberazione dei campi e nel dopoguerra. Tutto viene etichettato e giudicato a priori attribuendo crimini e intenti genocidari, estendendo a qualsiasi persona di fede ebraica o ente con denominazione ebraica, a qualsiasi israeliano le colpe criminali e, in sintesi, ci sentiamo dire “tu no perché sei un genocida”. “voi siete i nazisti di oggi”. Voci europee, voci delle alte rappresentanze e delle organizzazioni internazionali, che rispondono all’eco degli appelli iraniani e altri alleati satanici.
La lingua non è quella tedesca ma i meccanismi di propaganda e inganno sono i medesimi. Assenze che pesano oggi come ieri della Croce Rossa. Silenzi oggi come ieri, di chi teme ma rimane
indifferente. Sostegno di scienziati e mondo accademico alle rinnovate edizioni dei protocolli dei savi di Sion. Selettività e ridondanza delle immagini trasmesse e fonti travisate.
Si vive sospesi tra sentimenti di appartenenza e moti di esclusione. Sconvolti per oblio e distorsione. Speranzosi in contesti istituzionali come questo di oggi. Forse illusi quando un Giorno della Memoria è coerentemente dedicato a ribadire quel “mai più” e non altri mai esistiti.
Ieri – 27 gennaio – è stata annunciata la Strategia per il contrato all’antisemitismo in Italia, con la proposta di interventi in diversi ambiti. Quello a cui attribuisco maggior rilevanza in assoluto è quello della scuola e verso i giovani. L’attenzione alla cultura per ossigenare la convivenza. Ringrazio la Presidente Meloni, il governo italiano tutto e il coordinatore Angelosanto per l’elaborazione di questo importantissimo documento. L’assunto di base della strategia è che l’antisemitismo è un problema della società nel suo insieme e non degli ebrei. Non si è scelto di agire per pietà, protezione o interesse politico perché il governo è “sionista”. Ma perché l’argine all’odio razziale e alla demonizzazione di Israele, è argine per la nostra democrazia. Per quelle libertà riconquistate dopo la liberazione su cui siamo chiamati a vigilare tutti assieme. Quelle libertà e diritti costituzionali che sono spesso protetti al punto di essere abusati. Al punto di offendere quella memoria e quella dignità umana che ne erano alla base. Al punto di restituire spazio e legalità a chi nostalgicamente desidera il ritorno di quel braccio alzato e saluto romano.
Ci addolora constatare che in alcuni Paesi, alcune correnti politiche, alcune autorità locali, alcune assise internazionali, è invece messa in atto una strategia opposta. Quella del negazionismo e
dell’assist a chi desidera smantellare i presidi della democrazia europea.
Paul Eluard scrisse la sua più nota poesia di resistenza “Liberté”, pubblicata in clandestinità nel 1942 durante l’occupazione tedesca di Parigi e venne lanciata in migliaia di copie dagli aerei alleati nella Francia occupata.
Su ogni pagina che ho letto
Su ogni pagina che è bianca
Sasso sangue carta o cenere
Scrivo il tuo nome
….
Sul vigore ritornato
Sul pericolo svanito
Su l’immemore speranza
Scrivo il tuo nome
E in virtù d’una Parola
Ricomincio la mia vita
Sono nato per conoscerti
Per chiamarti
Libertà.
Vigiliamo assieme. Assieme a voi ragazzi che avete visto con i vostri occhi quel campo che gela il cuore. Voi che non userete mai la parola lager e genocidio in modo prestato e distorto verso altri. Perché avete studiato e avete visto. Vigiliamo assieme alle altre minoranze, a tutte le istituzioni preposte all’educazione, alla cultura, alla giustizia, alla sicurezza, alla ricerca e alla memoria storica, affinché la parola “LIBERTA’” sia scolpita e vissuta quotidianamente, scontata e senza illusione, forse come poteva essere dopo la liberazione.
Grazie