Carlo Ludovico Ragghianti – Amintore Fanfani, Carteggio, a cura di Tiziano Torresi, Edizioni Fondazione Ragghianti studi sull’arte, Lucca 2022.

Con questo volume, come chiarito da Paolo Bolpagni nella prefazione, è iniziata la sistematica pubblicazione dei carteggi di Carlo Ludovico Ragghianti, tra i fondatori del Partito d’Azione, suo dirigente di primo piano e, durante la Resistenza, divenuto capo del Comitato Toscano di Liberazione Nazionale (CTLN). Il primo carteggio, supportato da un interessante apparato scientifico e introdotto con passione da Torresi, è particolare poiché ha per oggetto la corrispondenza con una figura centrale della politica italiana che nulla c’entra con il Pd’A e con il post azionismo. Si tratta, infatti, di Amintore Fanfani, due volte segretario della DC e ben cinque volte a capo del governo. È forse questa distanza, nel tempo “attenuata” dal distacco di Ragghianti dalla militanza attiva, il principale motivo per il quale le 131 lettere, comprese tra il 1951 e il 1987 (e dunque integralmente collocabili nell’Italia repubblicana, ma soltanto due prima degli anni Settanta), non hanno nei partiti e nel quadro politico bensì nell’arte il quasi esclusivo terreno di confronto tra due figure accomunate, oltre che da questa grande passione (Fanfani dipingeva), anche da una forte personalità. I due si conobbero nell’autunno del 1945 quando, accompagnato da Riccardo Bauer, Ragghianti (allora Sottosegretario alla Pubblica Istruzione del Governo Parri, con delega alle belle arti e allo spettacolo) si recò da Fanfani per capire le intenzioni della DC sul carattere più o meno radicale di alcune riforme che si potevano concepire in quella delicata stagione di passaggio, seguita alla Liberazione e foriera di grandi speranze. Una stagione che, com’è noto, si concluse poco dopo con la caduta del governo per mano del PLI e lasciò dietro di sé, guardando alle varie anime dell’azionismo e non certo alle forze moderate del CLN (DC compresa), rimpianti, delusione e rabbia.
Ragghianti, che seguì l’attività di Fanfani come pittore con un interesse che si può definire sincero e non per omaggiarlo acriticamente, il 3 dicembre 1970 gli scrisse per informarlo della fondazione e delle iniziative dell’Università Internazionale dell’Arte di Firenze dove, il 14 ottobre del 1972, il leader democristiano si recò per presenziare all’inaugurazione del terzo anno presso la sede di Villa Tornabuoni. Proprio la lettera con cui Fanfani, il successivo 16 ottobre, ringraziò Ragghianti per l’accoglienza ricevuta fu l’ultima in cui i due si diedero del lei. Dal quel momento, sembrò che i rapporti fossero più diretti e che, da una conoscenza non proprio approfondita, testimoniata da una corrispondenza improntata per lo più a una cortesia “distaccata”, si fosse passati a un legame più stretto sebbene non si possa capire dalle lettere se tra i due si fosse sviluppato un vero e proprio rapporto di amicizia. La politica, comunque, rimase quasi del tutto assente dalle missive nelle quali comparvero con sempre maggiore frequenza riflessioni su scritti aventi per oggetto le arti figurative, a cominciare da volumi e articoli prodotti in primis da Ragghianti.
La politica, non in senso stretto, comparve nel gennaio del 1980 quando i due parlarono della nomina di Valiani a senatore a vita da parte di Pertini. Ragghianti mandò a Fanfani un suo articolo pubblicato su La Nazione, Fanfani gli scrisse di condividere la stima per l’ex dirigente azionista e aggiunse: «apprezzo la sua nomina, come avrei apprezzato la tua» (p. 78). Interessante la lettera di Ragghianti del 19 maggio dello stesso 1980 in cui l’ex dirigente azionista, sottolineando di essere «da tanto tempo lontano dalla milizia politica» e un «anziano professore e scrittore non privo di riconoscimento», tentò di sensibilizzare Fanfani su una sentenza con la quale un magistrato aveva dichiarato la propria incompetenza a pronunciarsi sull’applicazione della legge, approvata nel 1974, che aveva equiparato l’appartenenza alla Consulta nazionale a una legislatura del Parlamento. Vi era stato un ricorso degli ex consultori e, pur essendo Ragghianti il più giovane dei ricorrenti, peraltro non bisognoso dal punto di vista economico, egli si preoccupava per alcuni dei più anziani colleghi ai quali, secondo lui, sarebbe stato giusto estendere i benefici riconosciuti per legge ai parlamentari (p. 79).                
L’azionismo ritornò in un’altra lettera in cui Ragghianti, il 18 maggio 1981, invitò Fanfani a leggere un suo articolo, pubblicato su La Nazione e inviato con la missiva, sul CTLN e sul progetto di sua istituzionalizzazione, condiviso con il democristiano Attilio Piccioni, citato nella lettera al pari di Adone Zoli. Nella risposta, breve, Fanfani ringraziò Ragghianti per aver riportato alla sua memoria quell’importante accadimento, «un episodio significativo di anni caratterizzati da impegno generoso ed intenso» (p. 85). Nel complesso le lettere di Ragghianti sono più lunghe di quelle di Fanfani: sembra che il dirigente della DC sia meno propositivo del suo interlocutore, attento sì a rispondere con una certa puntualità ma non sempre così sensibile alle sollecitazioni dell’ex azionista. Forse Ragghianti avvertiva l’esigenza di mantenere con Fanfani un rapporto epistolare abbastanza costante senza, tuttavia, riuscire a costruire un vero e proprio dialogo. Quando Ragghianti ricordò, alla fine del 1983, che la rivista Critica d’Arte avrebbe ripreso le pubblicazioni, Fanfani se ne rallegrò con parole particolarmente calorose (lettera dell’11 febbraio 1984, p. 105) ma, in generale, il politico in attività si mostrò più distaccato dello storico dell’arte, autore della maggior parte delle lettere che costituiscono il carteggio. Questo non significa che Fanfani non tenesse al parere di Ragghianti, come mostrato per esempio dall’interlocuzione su un volume, Il Greco e Teresa d’Avila, di cui proprio Fanfani fu autore nel 1986.
L’ultima lettera pubblicata, di Fanfani a Ragghianti datata 26 luglio 1987, fa riferimento a una precedente missiva di Ragghianti del 14 luglio in cui lo storico aveva accennato ai tre mesi passati «in clinica per una vicenda molto grave, conclusa felicemente in virtù di una sorta di miracolo da parte dei medici curanti» (p. 126). In realtà Ragghianti, il 3 agosto dello stesso anno, scomparve a Firenze. Il 4 si svolsero i funerali e Fanfani, con la moglie Mariapia, vi partecipò. Lo stesso giorno della scomparsa di Ragghianti, Fanfani scrisse a Licia esprimendo «affettuosa partecipazione al gravissimo lutto» e definendo l’ex dirigente del Pd’A «a noi amico carissimo, della cultura italiana sommo maestro, della democrazia fervido operatore» (p. 133). Questa breve ma significativa lettera si trova nell’appendice, che testimonia come i rapporti tra i Fanfani e Licia continuarono fin quasi fino alla sua scomparsa, sopravvenuta il 27 luglio 1989. Proprio nell’appendice sono pubblicati anche due scritti di Ragghianti: Osservazioni al disegno di legge d’iniziativa governativa per l’istituzione di un Ministero per il patrimonio artistico e storico (datato 20 maggio 1972) e Fanfani pittore, pubblicato su La Stampa del 14 luglio 1971. A questi si aggiunge il discorso di Fanfani all’inaugurazione del Centro Studi Licia e Carlo Ludovico Ragghianti, già pubblicato su Luk nel numero 1 del 1982.  
Anche l’appendice ci dimostra come due uomini non esattamente affini politicamente, con una diversa formazione e animati da diverse priorità, abbiano trovato un terreno comune sull’arte in una stagione della storia repubblicana in cui, al contrario di oggi, la cultura era centrale e contava anche per i tanto (troppo) vituperati politici di professione.
 
di Andrea Ricciardi

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