«Qualcuno una volta mi ha detto: le guerre non iniziano con le esplosioni. Iniziano con il silenzio». Comincia con questa amara riflessione il viaggio di documentazione sul campo di Mstyslav Chernov, reporter ucraino che si trova a Mariupol nei giorni in cui inizia il conflitto russo-ucraino. Il 24 febbraio del 2022, i militari russi superano i confini ucraini e danno inizio ad una guerra sanguinosa ancora in atto. L’ordine di intervenire del presidente russo Vladimir Putin avviene subito dopo il riconoscimento delle repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk, nei territori del Donbass, ed era stato inizialmente comunicato come una missione militare di peacekeeping.

Il conflitto russo-ucraino ha però radici più lontane. A partire dal 2014, infatti, la Rivoluzione di Euromaidan* spinge Mosca ad invadere ed annettere la penisola di Crimea, sostenendo i movimenti di matrice separatista del Donbass, nella parte orientale dell’Ucraina. L’attacco russo ha così determinato tensioni e contrapposizioni tra Europa e Nato da un lato e paesi filo russi dall’altro. Oggi, dopo più di due anni di conflitto, le diplomazie sono ancora incapaci di giungere ad una tregua e ad una soluzione politica. Nel frattempo, oltre ai drammatici bilanci di vittime civili, sono forti anche i contraccolpi per l’economia europea, fortemente dipendente dalla Russia per l’approvvigionamento energetico del gas e per molti settori commerciali del vecchio continente.

Nel documentario distribuito da Dogwoof e prodotto da Frontline PBS e The Associated Press, troupe e regista si ritrovano ad essere fra i pochi giornalisti internazionali nei territori appena invasi. Decidono di riprendere e girare il più possibile, dato che i segnali radio sono oscurati e le comunicazioni intermittenti o del tutto assenti. Ci consegnano un lavoro scrupoloso sul campo, un dramma di silenzi e frastuono che merita di essere visto.

Quella del reporter di guerra è una missione molto difficile. Oltre al rischio per la propria incolumità nell’effettuare riprese in zone di guerra, ad un passo da bombardamenti e postazioni di combattimento, è necessaria una vera e propria vocazione per resistere allo stress fisico e psicologico che si prova di fronte alle morti violente e alla distruzione. Un difficile equilibrio fra il desiderio di testimonianza storica e la capacità di seguire da vicino le tragedie umane, con rispetto e distacco, per non scadere nel voyerismo. Questa professione, così drammaticamente attuale, è fondamentale perché gli orrori dei conflitti armati non cadano nella “spirale del silenzio” mediatica.

In un documentario del genere, ricco di immagini crude come lo è la guerra, c’è tutta l’evidente assurdità di una distruzione che si sarebbe dovuta e potuta evitare. Fa un certo effetto, allo spettatore europeo, un’ambientazione così vicina: non si tratta di uno scenario mediorientale o di paesi lontani. Qui siamo ad un passo da casa nostra, ai confini di un’Europa non sempre coesa di fronte alle questioni politiche internazionali e nell’affrontare le sfide del futuro. Nel dibattito pubblico si discute da mesi delle strategie militari più adeguate e di un ritorno agli armamenti, che preoccupa non poco i cittadini europei. Ma il supporto all’Ucraina da parte dell’Unione Europea rappresenta la difesa dei valori democratici più alti.

Questo docufilm coraggioso, importante dal punto di vista giornalistico e storico, ha ricevuto il Premio Oscar 2024 per la categoria documentari, mentre al regista è stato consegnato il Premio Pulitzer 2023 per il miglior giornalismo di pubblico servizio. Il video reporter Mstyslav Chernov, insieme alla troupe, ci catapulta in quei primi drammatici giorni di conflitto. Ci porta nei bunker con le famiglie sfollate, nelle strade martoriate dalle bombe, negli ospedali con i medici sfiniti. Fra i palazzi sventrati, le auto carbonizzate e le macerie. Saremo tra i militari mentre avvistano l’avanzata dei carri armati nemici e, molto spesso, preferiremmo non vedere ciò che accade.

Dopo varie crisi economiche e la pandemia del 2020, mentre il mondo sembrava ripartire speranzoso, attento a nuovi modelli di sostenibilità socio-economica, l’Europa è ripiombata in un clima cupo e poco incoraggiante. Siamo convinti che questo lavoro possa supportare il popolo ucraino e sensibilizzare l’opinione pubblica sul conflitto in corso, che auspichiamo possa cessare al più presto.

*Con il termine Euromaidan si fa riferimento a numerose manifestazioni filoeuropee svoltesi a Kiev, in Ucraina, nel novembre 2013. Le proteste condannavano la decisione del governo di sospendere gli accordi di libero scambio tra Ucraina e Unione Europea. L’intervento delle forze governative contro i manifestanti diede inizio a un crescendo di violenze e alla rivoluzione ucraina del 2014, nonché alla messa in stato di accusa del presidente ucraino Viktor Janukovyč e alla sua fuga dai territori interessati.

di Alessandro Calisti

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