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Aldo, tu hai sfidato alcuni luoghi comuni non veritieri su un fascismo delle origini che avrebbe fatto cose buone e su un Benito Mussolini considerato secondo una vulgata della destra un bravo uomo, padre di famiglia.
La realtà è ben altra. La banda dei delinquenti fascisti era guidata da un uomo spietato e cattivo anche nel privato. Mussolini era un violento fin da bambino. A scuola andava col coltello in tasca, Da ragazzo entrava e usciva di galera. Ebbe una importante storia d’amore con Ida Dalser da cui nacque nel 1915 il figlio, Benito Albino. La donna, vendendo tutto quello che possedeva, nel 1914 aveva contribuito col suo patrimonio personale a finanziare il suo giornale, il Popolo d’Italia. Mussolini – dopo l’abbandono della sua famiglia di fatto – fu costretto dal Tribunale di Milano a riconoscere il figlio ma non pagò mai l’assegno di mantenimento. Ida, ormai priva di risorse economiche ritornò in Trentino dai suoi parenti ma Mussolini, ormai diventato il Duce, le strappò il figlio e la fece internare in manicomio. Lei era sana di mente e con la complicità dei medici del regime subì atroci vessazioni e la camicia di forza. In manicomio morì dopo 11 anni di cattività.
Il bambino Benito non ebbe migliore sorte. Sottratto agli zii materni, dopo essere stato narcotizzato dalla polizia, fu rinchiuso in un orfanatrofio. Grazie alla benevolenza dello zio Arnaldo fu trasferito in un collegio più adeguato ma dopo la sua morte nel 1931 la sorveglianza poliziesca diventò asfissiante. Benito Albino venne traferito in Estremo Oriente continuamente sorvegliato dagli sgherri fascisti. Quando morì la mamma nel 1935 Benito tornò in Italia e fu subito internato in un manicomio vicino a Milano. I medici lo mandarono in coma più volte con un potente farmaco provocandogli la morte nel 1942.
L’esercito privato di Mussolini servì all’ascesa del potere?
Furono tre anni terribili dal 1919 a 1922 in cui gli squadristi spadroneggiarono in Italia compiendo molti crimini. Cominciarono con le spedizioni notturne assaltando case private spaccando teste e somministrando olio di ricino. Umiliazioni pubbliche, caccia all’uomo, torture e omicidi. I tribunali venivano assediati dai fascisti che minacciavano e picchiavano avvocati, giudici, vittime dei reati e testimoni. La complicità di una parte delle forze dell’ordine e della magistratura li favorì al punto che agirono di giorno a volto scoperto sicuri dell’impunità. Furono assalite Camere del lavoro, palazzi comunali come quello Bologna, cooperative agricole, sedi di partito e giornali.
La violenza squadrista non bastò senza le complicità dei poteri forti
Nei giorni precedenti la Marcia su Roma nell’ottobre del 1922 Mussolini cercò alleati presso la corte, l’esercito e in altri partiti, lusingò liberali della destra e popolari per formare un governo di coalizione che sostituisse il governo di Luigi Facta. I numeri dei fascisti in parlamento erano esigui, 35 deputati su oltre 500. Contava solo sulla forza di circa 15 mila uomini in camicia nera. L’esercito era ben schierato contro gli squadristi che si avvicinavano alla Capitale male armati. Sotto la pioggia e in maniera disordinata. Lo stato d’assedio era stato proclamato ma non firmato dal re Vittorio Emanuele. Il re non firmò anche perché il generale Armando Diaz gli disse che l’esercito avrebbe fatto il suo dovere ma era meglio non metterlo alla prova.
Mussolini in attesa degli eventi si nascondeva a Milano nel suo covo del Popolo d’Italia e in una casa vicino al confine svizzero. Le soluzioni erano due o il carcere o l’ingresso al governo come ministro.
Il quadrumviro Cesare Maria De Vecchi da Perugia accorse a Roma convocato dal re. Mussolini, ormai certo della designazione di primo ministro, prima di scendere a Roma in vagone letto, chiese garanzie scritte al re e le ottenne. Una vittoria insperata che spinse le camicie nere ad entrare in Roma e a devastare, dopo l’insediamento di Mussolini, il quartiere popolare di San Lorenzo con assalto alle case private e persone inermi gettate dalla finestra. La violenza non si spense ma Mussolini ora contava sulle complicità dei prefetti, delle forze dell’ordine e sulle leggi ad hoc che soffocarono la stampa. Il delitto Matteotti ordito dal premier suscitò ovunque indignazione ma il fascismo si avviò ad una feroce dittatura sopprimendo tutti i partiti tranne il suo. Tribunale speciale, carcere e confino.
Cosa era esattamente il confino?
Non certo una villeggiatura. Una variante del carcere. Isolamento pesante. Il confinato doveva essere dimenticato dalla società. Fu in queste condizioni che nel 1941 sull’Isola di Ventotene tre antifascisti Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni scrissero il manifesto che prefigurava un’Europa unita, nella convinzione che solo un patto tra popoli del continente avrebbe posto fine per sempre ai conflitti armati.
Tante vittime innocenti anche dopo il 1922?
Possiamo dire che fino nel 1938 Mussolini ha eliminato fisicamente i suoi principali avversari politici. Da Giacomo Matteotti a Giovanni Amendola; da Antonio Gramsci a Piero Gobetti, a Carlo e Nello Rosselli.
Nel tuo libro scrivi della fuga da Milano di Filippo Turati storico leader del Partito Socialista
Era appena morta la moglie Anna Kuliscioff il 27 dicembre 1925. Durante i funerali a Milano, Filippo Turati venne aggredito e sbeffeggiato dai fascisti.
Come definirli. Vigliacchi?
Turati subiva minacce da tempo e viveva segregato a Milano da quando Mussolini aveva chiuso il Parlamento. I suoi giovani amici e compagni di partito decisero di farlo espatriare ma il regime aveva ritirato il suo passaporto. Ferruccio Parri eroe della Grande Guerra e Carlo Rosselli lo portarono clandestinamente ad Ivrea dove fu ospitato nella casa di Camillo Olivetti. Il figlio Adriano fece da autista per portarlo a Savona dove fu imbarcato con Sandro Pertini altro organizzatore della fuga. Arrivarono dopo lunghe ore di navigazione a Calvì in Corsica. Turati era salvo grazie a Parri futuro presidente del Consiglio della liberazione, a Pertini futuro presidente della Repubblica e ad Adriano Olivetti il più innovativo industriale della Ricostruzione.
Mussolini si è macchiato di crimini di guerra?
Furono tanti. Dai bombardamenti italiani durante la guerra civile spagnola contro le popolazioni inermi di Barcellona e delle Baleari alle pulizie etniche in Jugoslavia. Mussolini creò i campi di concentramento in Cirenaica liquidando migliaia di cittadini inermi. Nella guerra di aggressione all’Etiopia del 1935/36 ci fu un uso massiccio di armi chimiche. Mussolini a più riprese approvò questi crimini. Il 19 gennaio 1936 ordinò di impiegare tutti i mezzi di guerra. Il viceré di Etiopia, Rodolfo Graziani reagì ad un attentato nei suoi confronti con una strage sproporzionata di innocenti civili e persino di religiosi.
Il metodo è sempre quello squadristico approvato dal capobanda.
I morti furono migliaia. Il fascismo tocca il vertice delle sue barbarie ai limiti della follia.
Quando Mussolini affronterà eserciti veri e ben armati cambia la musica.
Le sue truppe a parte le parate non sono addestrate contro gli eserciti moderni: le armi e l’equipaggiamento sono arretrati. Mancano carri armati, aerei e la difesa contraerea. A partire dalla aggressione alla Grecia iniziarono le prime sconfitte. Mandare al macello un esercito indifeso è un crimine. Dopo la dichiarazione di guerra all’Inghilterra e alla Francia cominciarono le disfatte navali ed aeree. I primi bombardamenti inglesi nelle città italiane trovarono una difesa sguarnita. Persino nella breve guerra dichiarata alla Francia, quando i tedeschi avevano già occupato Parigi nel giugno del 1940, l’esercito italiano non fu in grado di avanzare nel territorio della Savoia e di Nizza. Venne conquistata solo la città di Mentone. Le disfatte militari di Mussolini vennero coperte dall’esercito tedesco che rimediò in Grecia e nel nord Africa. Anche la spedizione in Russia fu organizzata dall’esercito italiano nel peggiore dei modi senza armi e vestiario adeguato. Fu la disfatta. I tedeschi più organizzati lasciarono gli italiani come scudo della loro ritirata.
Pensi che i nipotini di Mussolini possano ripetere la catastrofe italiana del ventennio e della guerra?
Non dovrebbe più accadere. Da più di 75 anni l’Italia è una democrazia matura. Tuttavia, occorre contrastare l’apologia ed essere consapevoli dei crimini fascisti di cui tutti noi dovremmo vergognarci.
di Filippo Senatore
Aldo Cazzullo Nato ad Alba, città di Beppe Fenoglio, nel 1966. Da oltre trent’anni racconta sui giornali le principali vicende italiane e internazionali. Ha lavorato a La Stampa fino al 2003. Cura le pagine delle Lettere al Corriere della Sera di cui è vicedirettore. Da Mondadori ha pubblicato libri sul Risorgimento (Viva l’Italia!), sulla Prima guerra mondiale (La Guerra dei nostri nonni) sulla Ricostruzione (Giuro che non avrò più fame) sugli anni Cinquanta (I ragazzi di via Po) e sugli anni Settanta (I ragazzi che volevano fare la rivoluzione e Testamento di un anticomunista, Dalla Resistenza al golpe bianco con Edgardo Sogno). I suoi due libri su Dante (A riveder le stelle e Il posto degli uomini) hanno venduto oltre trecentomila copie.