Scrisse Pietro Nenni, sul suo diario, il 3 dicembre 1974:
Vera Modigliani si è suicidata. Ne avevo il presentimento, Lei stessa aveva parlato di suicidio l’ultima volta che era venuta a casa, un paio di mesi or sono […]. Fisicamente era come precipitata negli ultimi mesi, aveva 86 anni. L’isolamento lo creava attorno a sé per poi soffrirne fino alla morte. Povera Vera! Era stata per Menè una compagna incomparabile in vita e in morte. In vita dove quando uno compariva l’altra spuntava, in morte perché gli aveva eretto un monumento con l’Opera Modigliani alla quale ha lavorato finché ha potuto. Il tempo era diventato implacabile con lei. Non abbiamo fatto abbastanza per sostenerla. Ecco l’amara verità.
Così il più importante leader socialista del Novecento descriveva il suo stato d’animo dopo aver ricevuto la notizia della scomparsa di Vera Funaro Modigliani, una delle grandi donne che avevano combattuto il fascismo dentro e fuori dall’Italia, moglie di Giuseppe Emanuele Modigliani e autrice nel 1946 di Esilio, un volume pubblicato l’anno prima della morte del marito e appena riproposto, con la prefazione di Anna Foa e un bell’apparato critico, in una nuova edizione in francese dall’ESSMOI, nata nel 1949 per iniziativa della stessa Vera.
Exil giunge l’anno dopo la meritoria ripubblicazione, sempre a cura dell’ESSMOI, di un altro importante volume, uscito nel 1971 e fortemente voluto dalla stessa Vera: le Lettere ai familiari (1891-1945) di Giuseppe Emanuele. La nuova edizione del volume è impreziosita da un’introduzione di Viviana Simonelli, da un breve saggio di Paolo Edoardo Fornaciari sulla ricchezza linguistiche delle lettere e da uno scritto di Maria Gabriella D’Amore, che spiega il funzionamento del database Dietro la facciata di un combattente, che consente lo spoglio analitico delle lettere presentate con l’ausilio di un apparato scientifico leggero e molto utile per inquadrarle. Le missive, comprese fra il 13 giugno 1891 e il 4 agosto 1945 (ma soltanto due sono successive al 1928), si possono dividere in tre periodi. Quelle della giovinezza, che hanno un carattere familiare; quelle del periodo in cui Modigliani (che sposò Vera nel 1908 e fu eletto deputato del PSI nel 1913) svolse la sua attività politica e parlamentare durante l’ultima fase dell’Italia liberale; quelle della prima parte dell’esilio, attraverso le quali si respira la difficile condizione (comune a molti antifascisti di diversa estrazione ideologico-culturale) di chi fu costretto, soprattutto dopo le “leggi fascistissime” del novembre 1926, a lasciare l’Italia a causa dell’affermazione del totalitarismo fascista. I corrispondenti di Modigliani furono i genitori (Flaminio ed Eugénie Garsin) e la sorella Margherita, ma nei carteggi compaiono (oltre ad alcuni esponenti politici del tempo) vari altri membri della famiglia Modigliani, a cominciare dai due fratelli di Giuseppe Emanuele, Amedeo e Umberto.
Quando Vera promosse la pubblicazione delle lettere del marito, la sua condizione fisica e psicologica era diversa da quella di pochi anni dopo: tra il 1971 e il 1974, insomma, si ebbe quel crollo di cui Nenni scrisse sul suo diario, esprimendo un sincero rammarico perché la comunità politica a cui la donna apparteneva non l’aveva abbastanza aiutata, dal punto di vista materiale come da quello psicologico. Vera, nella brevissima introduzione al volume del 1971, scrisse di essere rimasta a lungo perplessa sull’opportunità di pubblicare le lettere, ma chiarì i motivi che l’avevano portata a prendere la sofferta decisione che, chiarì, forse il marito non avrebbe gradito.
Sono rimasta a lungo perplessa, dicevo, sulla opportunità della pubblicazione perché esse, in fondo, violano una intimità che potrebbe considerarsi sacra. Ma mi sono detta: Modigliani non appartiene più né a se stesso, né a me; appartiene, sia detto senza falsa modestia, alla storia della sua epoca […]. Ed io ritengo utile far conoscere agli altri, ai giovani innanzi tutto, ai giovani socialisti in particolare, quanto di buono, di dolce, perfino di tenero, vi fosse dietro la facciata di un combattente che poteva sembrare, ed era, duro, inflessibile nella lotta per il suo ideale.
Queste semplici parole ci ricordano innanzitutto una cosa: non è opportuno dimenticare la storia anche perché, sia pure in una forma mai uguale, potrebbe ripetersi e, pensando al fascismo, non è augurabile che ciò avvenga. Ma le poche frasi di Vera ci ricordano anche che i giovani (poco ascoltati e molto giudicati) vanno stimolati e che, in questo presente per molti aspetti inquietante, i cosiddetti adulti sono distratti e pericolosamente smemorati. L’indifferenza è la strada più diretta verso l’abisso e i Modigliani, di origine ebraica, socialisti e antifascisti, sempre dalla parte dei deboli, animati dal coraggio e dallo spirito di sacrificio forniti loro dalle forti idealità in cui credevano, ce lo ricordano ancora oggi.
di Andrea Ricciardi