Riccardo Bauer. Un ideale che diventa destino. Lettere 1916 – 1982, a cura di Alberto Jannuzzelli e Claudio A. Colombo, Milano, Guado Edizioni – Società Umanitaria, 2022, pp. 432.
Di Riccardo Bauer (1896-1982) – una delle coscienze più alte e limpide dell’Italia del Novecento – grazie, soprattutto, agli studi che gli ha dedicato Arturo Colombo, cui il volume è significativamente dedicato, si poteva pensare di conoscere tutto. E, invece, andando a scavare, non si finisce mai di conoscere come questo libro dimostra. Ci sia permesso di aggiungere, con grande piacere di chi scrive poiché ha conosciuto Bauer, che andava a trovare all’Umanitaria e con cui ha avuto pure un rapporto epistolare. Lo diciamo in quanto ci rendiamo conto che è stato un privilegio visto che, avendo di fronte Bauer, non si aveva davanti solo un pezzo vivente di storia italiana sempre vissuta dalla parte giusta, ma in quanto egli, con quello sguardo che ti rimaneva dentro, era la personificazione, al pari di Ferruccio Parri, di un’altra Italia. Di un’Italia per la quale si era battuto senza esitazione schierandosi contro il fascismo, pagando un duro prezzo di carcere e confino, con grandi responsabilità militari durante la lotta armata e poi, consultore per il Partito d’Azione, si era dimesso dal preparlamento abbandonando la politica attiva, ma non il campo della politica intesa come impegno civile, testimonianza morale, senso concreto dell’agire sociale.
Il volume è introdotto da un lungo scritto di Alberto Martinelli intitolato Una vita esemplare (pp. 13–27) che ripercorre la vita di Bauer cogliendo la sua figura con precisione, non celando un affetto verso di lui che resiste all’usura del tempo. Martinelli, nel tracciare il paradigma esistenziale, politico e civile di Bauer, introduce il lettore alla comprensione di colui che, i curatori, definiscono un “vero eroe del nostro tempo (…) un autentico padre della patria, ma anche un personaggio scomodo, difficilmente classificabile…” (p. 10).
Bauer, infatti, non è definibile secondo canoni di senso comune, ma se lo vediamo quale “uomo morale” allora lo si capisce; un discorso simile vale anche per Piero Gobetti. L’uomo morale si esprime “sulla necessità di una diffusa e capillare educazione alla libertà e alla democrazia” (p. 20). Martinelli coglie bene l’ideale di Bauer, ma se ci è permesso di accennare a una rispettosa e amichevole correzione, questo idealenon fu un destino poiché, come sosteneva Carlo Cattaneo, il destino non esiste in sé e per sé essendo il frutto del carattere di ognuno di noi. E Bauer conosceva bene Cattaneo. Come Gobetti, come Parri, come Carlo Rosselli – ci fermiamo a questi tre nomi – i rispettivi caratteri costruirono i propri destini; assolsero il compito che ritenevano di svolgere, nel nome della libertà e della democrazia. A tale compito si attrezzarono dedicandovi la vita: Gobetti e Rosselli perdendola sul campo della lotta. Furono tutti uomini morali.
In un Paese di predicatori e di imbonitori, le cui tare storiche, etiche e civili stanno alla base di quello che Umberto Eco ha definito “un fascismo eterno”, Bauer assunse, rimanendovi fedele per tutta la vita, le vesti dell’educatore civile; una figura, questa, rara sulla scena nazionale. L’attività che svolse tramite l’Umanitaria, e attraverso tanti altri consessi nazionali e internazionali, fu sempre consapevolmente fedele a questo compito.
I curatori spiegano l’intenzione che li ha mossi a ideare il libro: “immergersi nell’universo Bauer” (p. 8). Dobbiamo dire che l’immersione è riuscita. Il volume si articola in tre parti. La prima è un Corpus epistolareche va dal 1916 al 1982 abbracciando la Grande Guerra, il carcere, il confino, la politica e la società civile; quattro sezioni introdotte, rispettivamente, da Barbara Bracco, Antonella Braga, Piero Graglia e Andrea Ricciardi. La seconda è intitolata Dieci lettere a Bauer: sono di Piero Calamandrei, Gobetti, Paolo Grassi, Antonio Greppi, Ugo La Malfa, Indro Montanelli, Parri, Sandro Pertini, Ernesto Rossi e Leo Valiani. La terza,Appendice, contiene una lettera di Bauer a Gobetti e due testi, rispettivamente, di Carlo Tognoli e di Arturo Colombo. Secondo questi ultimi Bauer personifica “la religione del dovere”. Si tratta di uno scritto pieno di spunti ognuno dei quali meriterebbe una riflessione a parte. Ci limitiamo a riportarne uno. Scrive Arturo Colombo: “La politica, per lui, doveva, anzi deve essere un servizio, un impegno da assolvere giorno dopo giorno, all’unico scopo di contribuire a vivere meglio, in una società senza odio, senza tensioni, senza sopraffazioni” (p. 429). Sono parole del 1990 e si direbbero di questi giorni.
Ecco perché Riccardo Bauer non solo non va dimenticato; anzi va letto e meditato in questo nostro tempo pervaso da smarrimento e da vuoto morale; ecco perché il libro è utile non solo per conoscere Bauer, ma per capire l’Italia, per saperne di più sui veri Padri della Patria. Infine, per chi crede nella libertà e nella democrazia, perché l’impegno per la giustizia e la libertà non ammette congedi.
di Paolo Bagnoli