« C’est la lutte finale groupons-nous, et demain
L’Internationale sera le genre humain… »
(Eugène Pottier, Pierre de Geyter, L’Internationale, 1871)
Di chiara impronta otto-novecentesca, sebbene eredità del cosmopolitismo illuministico, il lemma “internazionale” ha accompagnato, spesso contrapponendovisi, l’ascesa e le fortune del moderno Stato-nazione e del nazionalismo, forza quest’ultima rimasta intatta dopo il 1945. Ed ha tuttavia marcato la dimensione ineludibile degli scenari contemporanei.
Il secolo XIX fu dominato dallo sviluppo delle nazioni e dalla rivendicazione degli Stati nazionali; il secolo XX, dallo scontro tra i nazionalismi e le ideologie, tra l’indipendenza dei singoli Stati e i nuovi universalismi [1].
La società industriale moderna non solo apre le porte all’egemonia delle borghesie nazionali, ma tiene contestualmente a battesimo il suo antagonista naturale, la classe operaia, che adotta l’internazionalismo come proprio orizzonte. Nell’uso comune politologico contemporaneo, nei media e fra gli storici, il termine sembra però aver perso oggi il suo appeal originario a favore delle più significative accezioni “globale”, “transnazionale”. Questo perché l’internazionalizzazione di fatto del mondo [2] si è giustapposta a un uso sempre meno incisivo di quel termine, considerato obsoleto. Che è stato viatico a una rivoluzione storiografica senza precedenti, combinato disposto di variegati elementi convergenti: le nuove interpretazioni sulla nazione comunità immaginata, la globalizzazione come fenomeno pervasivo allo snodo dei millenni, lo sviluppo mondiale inarrestabile dei commerci e dei servizi finanziari, il dislocamento oltre ogni confine e oltre ogni regola dell’innovazione tecnologica e della forza lavoro, l’irrilevanza infine del ruolo (da “guardiano notturno”) dello Stato in economia [3].
Il primo a coniare il termine era stato Jeremy Bentham (1748-1832), filosofo e giurista inglese, teorico dell’utilitarismo (dottrina etica che definisce l’utilità come misura della felicità) e pensatore liberale assai influente in ambito anglo-americano, in un suo libro pubblicato nel 1789 [4] e dedicato, per la prima volta, a un grande tema della filosofia del diritto contemporanea: ossia il nesso tra giurisprudenza e nuova dimensione internazionale, adeguamento dell’antico ius gentium o law of nations che dir si voglia.
The word international, it must be acknowledged, is a new one; though, it is hoped, sufficiently analogous and intelligible. It is calculated to express, in a more significant way, the branch of law which goes under the name of the law of nations: an appellation so uncharacteristic that, were it not for the force of custom, it would seem rather to refer to internal jurisprudence [5].
Cosmopolitismo, universalismo, internazionalismo sono da considerare senz’altro termini contigui. Se il primo indica quella dottrina che, negando patria Stato e nazione, afferma il diritto a considerarsi cittadini del mondo; il secondo rappresenta l’anti-particolarismo e l’anti-individualismo di natura etica, che però non si contrappongono alle sovrastrutture politiche; il terzo invece raffigura sia l’opportunità di una costruzione giuridica unitaria sovranazionale, sia la prassi e l’immaginario di quei movimenti ispirati al socialismo che, storicamente, si sono contrapposti alla dimensione nazionale [6].
Il Vocabolario on line “Treccani”, trattando sinteticamente la voce [7], la indica come aggettivo composto da inter- e nazione, sull’esempio dell’omologo inglese international. Che sta ad indicare tutto ciò che avviene tra più nazioni o fra stati, concernendo relazioni, trattati o conflitti di vario argomento, commerciale, sportivo, giuridico, ecc.. O anche un particolare regime politico amministrativo sottratto alla giurisdizione della singola nazione; oppure istituzioni, enti e consessi vari caratterizzati da una partecipazione plurinazionale. Come sostantivo femminile invece, scritta in genere con la I maiuscola, si riferisce ad associazioni tra partiti politici o movimenti sindacali che perseguono finalità affini. Le più note: la Prima Internazionale (Londra 1864); la Seconda (Parigi 1889), organo di collegamento dei partiti socialisti, rifondata nel secondo dopoguerra come Socialdemocrazia; la Terza, comunista (Comintern), fondata nel 1919 e disciolta nel 1943; la Quarta (Parigi 1931), comunista dissidente fondata da Lev Davidovič Trockij (alle quali si deve aggiungere l’Internazionale “Due e mezza”, del 1921-1922, tentativo di riconciliazione tra la Seconda e la Terza) [8]. La guerra europea – “grande illusione” – aveva segnato, di fatto, il fallimento dei legami internazionali e aggravato «le conseguenze derivanti dall’oscillazione tra una posizione di lotta e una di adattamento: in quasi tutti i paesi la corrente socialdemocratica che si schierò dalla parte della nazione e dello Stato prese il sopravvento»[9], mentre negli anni immediatamente successivi si sarebbe registrata la rottura definitiva tra democratico-revisionisti e radical-rivoluzionari. Quel fallimento, così plateale e profondo, avrebbe continuato a gravare a lungo sullo scenario europeo, ad esempio con l’affermarsi dell’idea di “socialismi” nazionali e svincolati dall’internazionalismo.
Un uso prevalentemente legato alle vicende delle organizzazioni storiche del movimento operaio lo rileviamo invece nella Piccola Enciclopedia del socialismo e del comunismo, testo destinato alla formazione dei militanti all’indomani della seconda guerra mondiale, che contempla [10]: come prima voce «L’Internazionale», intesa come inno rivoluzionario del proletariato scritto durante la Comune di Parigi e musicato alcuni anni dopo. A seguire le omonime testate «Internationale», rivista spartachista pubblicata a Berlino e fondata da Rosa Luxemburg; e «Kommunisticeski International», organo multilingue del Comintern. Infine, sotto l’unica denominazione «Internazionali» al plurale, sono esaminate secondo le tipologie quelle politiche sopra citate, quelle sindacali, contadine, femminili e giovanili.
Venendo invece ad una definizione più politologica, e scientifica, è necessaria la compulsa del Dizionario di politica [11], nel quale le argomentazioni intorno al nostro lemma possono essere ben ricavate dalle voci: «Cosmopolitismo», «Diritto e organizzazioni internazionali», «Globalizzazione», «Internazionalismo», «Relazioni internazionali».
Dopo il 1989, la fine della guerra fredda e la disintegrazione dell’URSS e dei regimi di “socialismo reale” in Europa hanno inferto un colpo mortale alle forme sempre più ritualizzate e vuote di contenuto di un internazionalismo comunista già da tempo in crisi, senza peraltro comportare una vera ripresa di vitalità di quello socialista e socialdemocratico. D’altra parte, a partire dagli anni Ottanta […] si sviluppa un attivismo internazionale senza precedenti, a partire dalle campagne di resistenza contro i meccanismi e gli effetti più gravi della globalizzazione. Su molti dei più gravi problemi dell’economia globale – gli accordi di integrazione commerciale, il debito estero, la povertà e le disuguaglianze Nord-Sud, l’ambiente, i diritti sociali – di fronte al silenzio e all’incapacità di intervenire dei governi e anche delle forze politiche e sindacali tradizionali, una forte iniziativa nasce dall’interno delle società civili di tutti i paesi [12].
[1] BRACHER, Karl Dietrich, Il Novecento secolo delle ideologie, Roma-Bari, Laterza, 2008, p. 206.
[2] Cfr. ROMERO, Federico, Storia internazionale dell’età contemporanea, Roma, Carocci, 2012; VARSORI, Antonio, Storia internazionale. Dal 1919 ad oggi, Bologna, il Mulino, 2015.
[3] EVANS, Peter, «The Eclipse of the State? Reflections on Stateness in an Era of Globalization», in World Politics, L, 1/1997, pp. 62-87; CACCAMO, Domenico, «Storia transnazionale e globale: un indirizzo recente della storiografia americana», in Rivista di Studi Politici Internazionali, LXXX, 318, 2/2013, pp. 297-305; CASSESE, Sabino, Governare gli italiani. Storia dello Stato, Bologna, il Mulino, 2014.
[4] BENTHAM, Jeremy, An Introduction to the Principles of Morals and Legislation, edited by BURNS, James Henderson & HART, Herbert Lionel Adolphus, London, The Athlone Press, 1970.
[5] Ibidem, p. 296.
[6] RICUPERATI, Giuseppe, «Cosmopolitismo», in BOBBIO, Norberto, MATTEUCCI, Nicola, PASQUINO, Gianfranco (a cura di), Dizionario di politica, Torino, Utet, 2004, pp. 194-201.
[7] https://www.treccani.it/vocabolario/internazionale/ [consultato il 17 settembre 2022].
[8] Ibidem. Da citare anche l’Internazionale Situazionista (1957) e l’Internazionale di Federazioni Anarchiche (1968).
[9] BRACHER, Karl Dietrich, op. cit., p. 100.
[10] TREVISANI, Giulio (a cura di), Piccola enciclopedia del socialismo e del comunismo, Milano, editrice Cultura Nuova, 1948, pp. 188-199.
[11] BOBBIO, Norberto, MATTEUCCI, Nicola, PASQUINO, Gianfranco (a cura di), op. cit.
[12] AGOSTI, Aldo, «Internazionalismo», in BOBBIO, Norberto, MATTEUCCI, Nicola, PASQUINO, Gianfranco (a cura di), op. cit., pp. 482-489.
Bibliografia essenziale
- AGOSTI, Aldo, Le Internazionali operaie, Torino, Loescher, 1973.
- DEVIN, Guillaume, L’Internationale socialiste: histoire et sociologie du socialisme international (1945-1990), Paris, Presses de la Fondation nationale de Sciences politiques, 1993.
- ZOLO, Danilo, Cosmopolis: la prospettiva del governo mondiale, Milano, Feltrinelli, 1995.
- ROCHE, Jean Jacques, Le relazioni internazionali. Teorie a confronto, Bologna, il Mulino, 1999.
- DELLA PORTA, Donatella, KRIESI, Hanspeter, RUCHT, Dieter (edited by), Social Movements in a Globalizing world, New York, St. Martin’s Press, 1999.
- ROMERO, Federico, Storia internazionale dell’età contemporanea, Roma, Carocci, 2012.
- VARSORI, Antonio, Storia internazionale. Dal 1919 ad oggi, Bologna, il Mulino, 2015.
Video: LA SCENA DELL’INTERNAZIONALE DAL FILM “ITALIANI BRAVA GENTE”
https://www.youtube.com/watch?v=NyA_IyhlGaU
di Giorgio Sacchetti