Piero Gobetti sull’antifascismo di Giacomo Matteotti
Giacomo Matteotti vide nascere nel Polesine il movimento fascista come schiavismo agrario, come cortigianeria servile degli spostati verso chi li pagava; come medioevale crudeltà e torbido oscurantismo verso qualunque sforzo dei lavoratori volti a raggiungere la propria dignità e libertà. Con questa iniziazione infallibile Matteotti non poteva prendere sul serio le scherzose teorie dei vari nazionalfascisti, né i mediocri progetti machiavellici di Mussolini: c’era una questione più fondamentale di incompatibilità etica e di antitesi istintiva. Sentiva che per combattere utilmente il fascismo nel campo politico occorreva opporgli esempi di dignità con resistenza tenace. Farne una questione di carattere, di intransigenza, di rigorismo […]. E fu Matteotti a stroncare, appena se ne parlò, ogni ipotesi collaborazionista della Confederazione del lavoro: non si poteva collaborare col fascismo per una pregiudiziale di repugnanza morale, per la necessità di dimostrargli che restavano quelli che non si arrendono. Come segretario del partito [il PSU] pensava al collegamento, animava le iniziative locali, le coordinava intorno a questo programma. Compariva dove il pericolo era più grave, incognito suo malgrado, a dare l’esempio.
Tratto da «La Rivoluzione liberale», 1° luglio 1924
Riccardo Bauer sul Partito d’Azione
Potrà piacere o meno il programma del P.d’A., ma una cosa è certa, ed è questa: esso risponde ad una esigenza storica vivissima e ad una esigenza politica di reale democrazia fuor della quale non v’è salvezza pel nostro paese, che altrimenti rimarrà prigioniero fin chissà quando di una tragica alternativa di dittature bianche o rosse. Il P.d’A. inoltre è stato il partito che sin dal suo sorgere ha posto come essenziale la pregiudiziale repubblicana contro l’opinione di tutti gli altri movimenti, quello comunista compreso, il quale nella sua politica di fronte unico contro il fascismo temeva fortemente la nostra pregiudiziale alienasse dalla lotta troppi elementi di destra, quasi che questi potessero realmente portarvi un contributo decisivo. Questa nostra posizione è stata fermamente tenuta durante tutto il periodo badogliano ed il periodo di occupazione tedesca; ha costituito il perno intorno al quale il Comitato di Liberazione Nazionale ha dovuto girare, nonostante la riluttanza dei partiti di destra e gli sbandamenti e le incertezze dei socialisti e dei comunisti.
Da una lettera di Riccardo Bauer a Gaetano Salvemini, scritta da Roma il 15 ottobre 1944