Drammatico, Italia, Polonia, 2020, 96 min.
Il film del 2020, con la regia di Mauro Mancini, è un’opera intensa che tratta di temi importanti dal punto di vista sociale, e riesce ad affrontarli con un efficace sguardo contemporaneo. Nel cast troviamo Alessandro Gasmann, in uno dei suoi ruoli più impegnativi e convincenti e Sara Serraiocco, consolidata e versatile attrice del cinema italiano. Con loro anche Luka Zunic, Lorenzo Buonora e Cosimo Fusco.
Una storia incentrata sul perdono, il conflitto interiore e il costante dilemma morale che vive chi si interroga sul senso della giustizia. Il protagonista è un affermato medico chirurgo ebreo che vive solo ed ha un rapporto difficile con il padre, sopravvissuto all’olocausto. Un giorno assiste per caso ad un violento incidente stradale fra due automobili, causato da un pirata della strada. Si avvicina all’uomo che ne è vittima e nel tentativo di tamponare un’emorragia si accorge di un tatuaggio, una svastica tatuata sul petto, che lo lascia impietrito e incapace di continuare ad assistere il ferito.
Pur avendo chiamato i soccorsi, i suoi sensi di colpa iniziali aumentano quando scopre che l’uomo non sopravvive all’incidente. Rintraccia i familiari e decide di aiutare a suo modo la figlia rimasta orfana, assumendola come collaboratrice domestica. Tutto senza rivelarle il fatto di cui è stato testimone e che la riguarda così da vicino. La giovane però, rientrata a Trieste dopo l’incidente per seguire il fratello minore ha anche un fratello adolescente e militante neonazista, che comincia a perseguitare il chirurgo ebreo non appena scopre le sue origini. Da qui inizierà un percorso di scontro e un doloroso viaggio nella memoria, che riguarda anche il passato oscuro dell’anziano padre del medico protagonista. Riusciranno persone così diverse a trovare un punto di incontro attraverso il dialogo?
Sullo sfondo vediamo una Trieste divisa fra benessere ed emarginazione sociale. Una periferia economica e culturale in cui non a caso si trova il terreno più fertile per la proliferazione di movimenti neofascisti. Punto di forza del film è il racconto delle dinamiche sociali attraverso cui i giovani sono guidati e formati a seguire la cultura dell’odio. Organizzazioni a cui viene troppo spesso consentito di agire indisturbatamente; qui assistiamo addirittura ad una commemorazione di “camerati” all’interno di un cimitero, in pieno giorno.
La trama è stata ispirata da una vicenda realmente accaduta in Germania; un chirurgo ebreo si rifiutò nel 2010 di operare un paziente con un tatuaggio neonazista e chiese ad un collega di farsi sostituire.
Quella di Mancini è una regia che sa alternare il ritmo dell’azione a quello intimista della riflessione personale. Un equilibrio perfetto per un risultato non scontato, visto la delicatezza e la complessità dei temi trattati.
Il film è stato presentato in anteprima alla Settimana internazionale della critica della 77esima Mostra d’arte cinematografica di Venezia. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti tra cui un David di Donatello come Miglior opera prima, il Premio Pasinetti per la miglior interpretazione maschile ad Alessandro Gassmann e il Nastro d’argento a Sara Serraiocco come Migliore attrice non protagonista.
di Alessandro Calisti