La lunga notte del ‘43, di Florestano Vancini (Italia, 1960, b/n 90’)

 

Il film, diretto dal regista esordiente Florestano Vancini, è ispirato all’Eccidio del Castello Estense che avvenne a Ferrara il 15 novembre 1943, in cui alcuni antifascisti vennero prima arrestati e poi giustiziati, in un’azione di rappresaglia organizzata dal Partito Nazionale Fascista.

Liberamente tratto dalla raccolta di racconti “Cinque storie ferraresi” di Giorgio Bassani, con cui vinse il Premio Strega nel 1956, il film vede la partecipazione nella sceneggiatura di Pier Paolo Pasolini insieme a Ennio De Concini e allo stesso regista Florestano Vancini.

Nel cast troviamo Gino Cervi, Gabriele Ferzetti, Enrico Maria Salerno, Belinda Lee, Andrea Checchi, Nerio Bernardi, Loris Bazzocchi e Raffaella Pelloni (nota in seguito al grande pubblico come Raffaella Carrà). Le musiche invece sono ad opera di Carlo Rustichelli, musicista compositore presente in tanti titoli italiani e scelto da registi come Germi, Risi e Bertolucci.

Ambientato in una Ferrara nebbiosa e spettrale, racconta le vicende sentimentali dei due amanti protagonisti. Anna Barillari, una donna affascinante e insoddisfatta del suo matrimonio col farmacista invalido Pino Barillari, incontra per caso Franco Villani, in fuga dai tempi dell’8 settembre, e sua vecchia conoscenza. Nel frattempo il gerarca fascista Carlo Aretusi, detto non a caso Sciagura, e onnipresente nelle dinamiche della vita cittadina, organizza un’imboscata ai danni di un federale e rivale di partito, il console Mario Bolognesi, per ricoprirne l’incarico. Sarà proprio questo evento a determinare la rappresaglia delle camicie nere ai danni degli antifascisti locali.

L’intreccio delle vicende però, si fa ancora più denso. Aretusi infatti sospetta che il farmacista Barillari, perennemente affacciato alla finestra della sua abitazione, a causa della sua invalidità, possa aver visto qualcosa in grado di comprometterlo. Anche la moglie Anna è stata suo malgrado testimone dell’eccidio, a cui assiste dopo una lunga notte trascorsa insieme a Franco. La presunta complicità di suo marito con il gerarca sarà la goccia che fa traboccare il vaso, mettendo fine a un matrimonio infelice.

Una pellicola vicina allo stile neorealista, che attraverso il racconto intimo dei protagonisti, trova con abilità la strada per offrire al pubblico una testimonianza universale delle miserie umane esasperate dai conflitti e ancora di più dalla sete di potere. Come spesso accade quando ci troviamo di fronte a vicende ambientate negli anni dell’occupazione nazifascista, riconosciamo tutto il peso di vite travolte dagli accadimenti storici.

Con grande lucidità, il film introduce sul finale un tema molto amaro: la necessità di dimenticare le tragedie familiari, talvolta per debolezza o per opportunismo, riproponendoci il grande dilemma che l’Italia visse nel dopoguerra. Un paese in cerca di ricostruzione morale e di ritorno alla normalità, in un faticoso percorso avviato senza i dovuti processi ai protagonisti del fascismo, che tornarono in molti casi alle loro vite “normali” dopo anni di attività criminali.

 

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