3 aprile 1944: vengono arrestati Giuseppe Gracceva e Giuliano Vassalli

Lunedì Santo. Dopo che il generale Kesselring ha respinto la domanda di grazia presentata dal Vaticano, viene fucilato a Forte Bravetta, da un plotone della PAI,  il prete partigiano don Giuseppe Morosini. Non tutti i militi delle PAI, che don Morosini ha benedetto prima dell’esecuzione,  sparano e don Peppino cade a terra ancora in vita. Lo finirà con un colpo alla nuca un ufficiale tedesco. Don Morosini verrà decorato con Medaglia d’oro al Valor Militare alla memoria.

I tedeschi consegnano all’ospedale San Giovanni il corpo di Liliana Barni, una giovane romana di 16 anni, motivandone la morte per suicidio. Si seppe poi che Liliana, abitante a via Due Macelli, era stata catturata in una retata dalle SS e costretta a lavorare per loro come cuoca a Frascati. A fronte di un comportamento inaccettabile delle SS si era rivoltata e questi l’avevano barbaramente uccisa con un colpo di revolver alla nuca.[1]

In seguito ad una spiata, vengono arrestati Giuseppe Gracceva[2], comandante delle formazioni “Matteotti” e Giuliano Vassalli[3].

Viene arrestato anche il democristiano Amerigo Mei, comandante della banda partigiana dei Monti Lepini, a Roma per procurarsi armi.

Tre gappisti, nella mattinata,  lanciano bombe a mano e una bottiglia incendiaria in un parcheggio al Colosseo.

A Quarto Miglio, sull’Appia, una formazione “Matteotti” blocca con una mina una autocolonna tedesca. Muoiono una decina di soldati.

A San Lorenzo viene attaccata la sede del fascio in piazza dei Siculi. Viene distrutta la lista dei ricercati.

In piazza Cavour giovani distribuiscono un volantino che annuncia per il 6 aprile la sospensione delle udienze in tribunale, come protesta per l’eccidio delle Ardeatine. Una spia tedesca viene uccisa in viale del Re (Trastevere) da Antonio Volpicelli che, catturato, resterà imprigionato in via Tasso fino alla liberazione della capitale.  Giuseppe Albano, chiamato “il  Gobbo del Quarticciolo”[4] con altri compagni, nella  trattoria  “da Giggetto” sulla Tuscolana (Osteria del Curato), nei pressi di Cinecittà, uccide tre soldati tedeschi di stanza nel campo di transito di Cinecittà.

Aldo Pavia

(nella foto Giuliano Vassalli)

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[1] Testimonianza di Piero Fabbri, funzionario addetto al cimitero del Verano in “Il Popolo” del 4 aprile 1945.

[2] Giuseppe Gracceva (1906-1978). Giornalaio. Arrestato per la prima volta, poiché antifascista, nel 1925. Nel 1937, con altri comunisti di Genzano, condannato dal Tribunale speciale a 5 anni di detenzione. Contrario al Patto Ribbentropp-Molotov si stacca dal comunismo e si avvicina al socialismo. L’8 settembre entra nella Resistenza, con il nome di battaglia di “Maresciallo Rosso”. Organizza le Brigate Matteotti nell’Italia centrale. Arrestato e ferito a casa sua,  resta più di un mese rinchiuso a via Tasso. Torturato e condannato a morte, viene salvato dall’arrivo degli americani. Alla sua morte, il presidente Sandro Pertini volle che al funerale fossero schierati i Corazzieri. Rifiuta la Medaglia d’Oro, ritenendola più meritata da altri, e accetta solo la Medaglia d’Argento al Valor Militare.

[3] Giuliano Vassalli (1915-2009). Professore universitario, giurista, dirigente e parlamentare socialista, ministro, Presidente Emerito della Corte Costituzionale. Dopo l’8 settembre membro della Direzione clandestina del PSIUP e uno dei capi delle formazioni socialiste. Sostituisce Sandro Pertini nella giunta militare del CLN, dall’ottobre 1943 alla fine di gennaio 1944. Catturato viene imprigionato in via Tasso e sottoposto a interrogatori e torture. Medaglia d’Argento al Valor Militare.

[4] Giuseppe Albano (1927-1945). Garzone di farmacia, a 16 anni tra i combattenti a Porta San Paolo.Poi attivo nella zona di piazza Vittorio Emanuele.  Su di lui pendeva una condanna a morte e per poterlo catturare fu emesso l’ordine di catturare tutti i gobbi. Aderente alla Banda Basilotta. Arrestato il 17 aprile con un gruppo di partigiani di Bandiera Rossa, ma non riconosciuto. Imprigionato in via Tasso. Morto il 16 gennaio 1945, in circostanze non chiare, colpito alla schiena.

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