22 settembre 1943: il vicebrigadiere dei Carabinieri Salvo D’Acquisto si autoaccusa dell’esplosione di una bomba per salvare 21 civili

A Palidoro, nelle vicinanze di Roma, alcuni soldati tedeschi ubriachi, rovistando in una cassa provocano lo scoppio di una bomba. Un soldato muore e altri due riportano ferite. La sera del giorno successivo le SS rastrellano l’abitato di Torre in Pietra e la zona circostante. 22 civili vengono caricati su di un camion e portati alla Torre di Palidoro. Tra loro il vicebrigadiere dei Carabinieri, Salvo D’Acquisto[1]. A ciascuno dei prigionieri viene consegnato un badile e vengono obbligati a scavare una fossa, seguendo un tracciato già preparato nell’erba. Salvo D’Acquisto, intuendo quale sarebbe stata la fine di tutti loro, si accusa dell’attentato, seppur non esistente, e viene fucilato. Gli altri 21 vengono  rilasciati.

Si insediano a Roma gli esponenti della RSI, a Palazzo Braschi, nei pressi di piazza Navona e del Pantheon.

Francesco Maria Barracu, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio fascista, propone al generale Graziani, ad Arcinazzo, il ministero della Difesa nazionale. Il generale nell’immediato rifiuta, ma il giorno successivo accetta.

Aldo Pavia

(nella foto il vicebrigadiere Salvo D’Acquisto)

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[1] Medaglia d’Oro al Valor Militare.

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