18 maggio 1910 nasce Carlo Lodovico Ragghianti

Carlo Lodovico Ragghianti, nasce a Lucca il 18 maggio 1910. Allievo di Matteo Marangoni, saggista e storico dell’arte, fra i più noti del Secondo Dopoguerra, è stato ordinario di storia dell’arte medievale e moderna alla Normale di Pisa.
Di lui resta l’alto rigore dell’attività di studioso, e di prestigioso civismo. Un’intima fusione tra elaborazione e ricerca intellettuale (Mario Spinella). Coerente e vivo il suo impegno morale e politico nella lotta ideale e pratica contro il fascismo. Uno spirito pubblico secondo la lezione di Giandomenico Romagnosi. Muovendo dal pensiero di Leonardo, Kant, Fiedler e Croce ha svolto un’originale concezione delle arti visive e un metodo critico che ha investito l’arte antica, moderna e contemporanea.
Giovane studioso, pubblica il suo primo saggio, “I Carracci e la critica d’arte nell’età barocca” sulla “Critica” di Benedetto Croce. Nel 1935 con Roberto Longhi e Ranuccio Bianchi Bandinelli, fonda “La Critica d’Arte” che segna un punto fermo sul rinnovamento della critica artistica, dando adito a nuove interpretazioni degli stessi itinerari e risultati della produzione figurativa, sottraendola alle tradizioni agiografiche e alla mitologia romantica dell’artista eroe. La riflessione critica di Ragghianti è volta ad individuare e definire la specificità delle arti della visione rispetto a quelle della parola. La messa in luce della fitta trama culturale soggiacente all’opera, rappresenta uno dei grandi meriti del lavoro di Ragghianti. Così nel corso degli anni si affina una versatilità stilistica nell’affrontare lo studio delle opere di Stefano da Ferrara e Piet Mondrian e altri artisti contemporanei. Tra gli anni Cinquanta e Sessanta per SeleArte, la rivista da lui diretta con la moglie, Licia Collobi, fondata da Adriano Olivetti, realizza una serie di documentari con lo scopo di leggere arte e ambiente attraverso un nuovo occhio critico. Nascono così i Critofilm: movimento di macchina. I diciotto testi critici, conservati dall’Archivio Storico Olivetti, sono stati riproposti dieci anni fa in una rassegna ad Ivrea.

Si farebbe torto a Ragghianti se si trascurasse o si ponesse in secondo piano il suo approccio specifico di antifascista militante che ricevette le bastonate, il rigore del carcere e rifiutò il giuramento imposto al corpo docente universitario, ritardando così l’ingresso alla Scuola Normale di Pisa.

Tra i fondatori del Partito d’Azione egli ha un ruolo di primo piano nella fase finale della resistenza a Firenze. In virtù della sua azione militante, Ragghianti divenne nell’agosto del 1944 presidente del Comitato Toscano di Liberazione Nazionale. In tale veste diede ai rappresentanti delle forze armate
anglo-americane l’immagine di un potere reale, scaturito dalla lotta che anticipava gli intendimenti di un’Italia democratica capace di autogoverno e giustamente fiera del suo apporto alla sconfitta e alla cacciata del fascismo.

Come ricordava Geno Pampaloni, “per lui poesia e libertà coincidono”. Egli è politico nel senso nobile nel contesto dell’etica della responsabilità. Senso morale come prassi aperta alla comprensione di tutte le iniziative esistenziali realizzate nelle opere. Momento essenziale è la ricerca della verità. “ Sapevo costruire una casa, ma ero convinto che la letteratura fosse il vero scopo della mia vita. Poi l’esperienza fu la rivelazione che scaturì la mia dedizione all’arte”. Figlio d’architetti, Francesco e Maria Cesari, nasce a Lucca il 18 marzo 1910.

Appena sedicenne si trasferisce a Firenze dove conosce e frequenta Eugenio Montale.
Carlo Ludovico Ragghianti nel 1975 pubblica, “Disegno della liberazione italiana”, edito da Vallecchi. Non vi è dubbio secondo l’autore che il Partito D’Azione, erede di Giustizia e Libertà, sia stato tra le espressioni migliori della Resistenza italiana nel senso che ne abbia rappresentato la coscienza avanzata.

Nel 1935 d’intesa con Ferruccio Parri e Ugo La Malfa, riprende l’organizzazione nazionale di Giustizia e Libertà. Nel 1942 egli è incarcerato e deferito al Tribunale Speciale. Amico dell’artista Giorgio Morandi nei suoi confronti si sente debitore. Il grande pittore è arrestato dai fascisti nel 1941 e Carlo Ludovico è convinto di esserne in qualche modo responsabile per averlo invitato nella sua casa bolognese di piazza Calderini frequentata da Bassani, Gnudi, Arcangeli, Capitini, Trombadori e Licata.

Critico del marxismo, già nel 1939 aveva denunciato il processo inquisitorio in Unione Sovietica al pittore Nikritin. Suo un contributo politico filosofico nel 1980. “Marxismo perplesso”, Editoriale Nuova. Ragghianti nel saggio analizza l’esperienza di Antonio Labriola, di Benedetto Croce, di Carlo Rosselli e di Antonio Gramsci. L’autore critica il pensiero unico e la distruzione criminosa del capitale artistico. Idea che è tipica del fascismo, dello stalinismo e del maoismo. Pur non essendo marxista, Ragghianti nel riproporre il pensiero originale di Marx e Engels, denuncia il tradimento dei cosiddetti eredi. Il pensiero marxiano affonda nella tradizione filosofica europea che parte da Vico e che riconosce alla sua base l’originalità e la responsabilità dell’uomo. Secondo Ragghianti il vero marxismo non è estraneo alla tradizione storicista e liberale mentre è lontanissimo tanto dal leninismo che è un tradimento quanto dal sociologismo deterministico.
Altre opere principali sono: Pittura del Dugento, Pittori antichi di Pompei, Mondrian e l’arte del XX secolo. Egli ha curato l’edizione critica delle Vite di Giorgio Vasari. Ragghianti è stato un genio multiforme di radice leonardesca. Definirlo politico militante, critico d’arte e filosofo è riduttivo. La definizione “critico civile” ci rende più caro Carlo Ludovico Ragghianti, uomo di pensiero e azione quali seppe plasmarne nella stagione della Resistenza l’alto profilo e la tensione etica con il gruppo fiorentino di Piero Calamandrei, di Guido Calogero, di Tristano Codignola e di Enzo Enriques Agnoletti. Il suo temperamento ruvido e fiero si può riassumere in un aneddoto illuminante narrato da Arturo Colombo. Quando Ferruccio Parri gli propone di conferirgli la medaglia d’argento al valore militare, Ragghianti lo dissuade con brusca fermezza pur avendo le carte in regola di combattente contro il fascismo. Perché il perentorio diniego ad un riconoscimento più che doveroso? Perché, avrebbe ripetuto Ragghianti sino all’ultimo: “La resistenza era stata anche una guerra civile fra italiani; e, di conseguenza, se bisognava combatterla e vincerla, non si doveva menarne vanto né averne ricompense”.

E’ morto a Firenze il 3 agosto 1987.

Filippo Senatore

Per approfondire si vedano i suoi scritti:

“Filippo Brunelleschi: un uomo, un universo”, Ghibli, Milano, 2013; “Critica d’arte africana” diretta da C. L. Ragghianti, Panini, Modena, 1984 – 1985;“Arte essere vivente: dal diario critico 1982”, Pananti, Firenze, 1984; “Opere di Carlo L. Ragghianti” a cura della Associazione per l’edizione delle opere complete presso l’Università Internazionale dell’Arte di Firenze, Calderini, Bologna, 1981; “Risposte sul marxismo”, Le Monnier, Firenze, 1981; “Marxismo perplesso : arte, cultura, società, politica”, Editoriale nuova, Milano, 1980; “Arti della visione” (3 vol. ) [Cinema 1975, Spettacolo 1976, Il linguaggio artistico 1979], Einaudi, Torino, 1975 – 1979; “L’arte in Italia”, G. Casini, Roma, 1968; “Mondrian e l’arte del 20° secolo”, Edizioni di Comunità, Milano, 1962; “Diario critico: capitoli e incontri di estetica critica linguistica”, Neri Pozza, Venezia, 1957

Si vedano anche gli studi su di lui:

Andrea Becherucci “Le delusioni della speranza. Carlo Ludovico Ragghianti militante di un’Italia nuova” con prefazione di Paolo Bagnoli, Biblion, Milano, 2021; “Per mio conto e fuori dell’architettura del 20° secolo” a cura di Valentina La Salvia, Fondazione Ragghianti studi sull’arte, Lucca, 2015

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