Montepulciano è una cittadina del senese, orgogliosa di aver dato i natali al grande umanista quattrocentesco Angiolo Poliziano, tant’è che lì molti portano il suo nome di battesimo. C’erano due Angiolo anche fra gli antenati di Corrado Bernabei, dal cui matrimonio con Concetta Sonnini, il 29 settembre 1907, nasce Elio. Ragazzo intelligente e tranquillo, a scuola studia con impegno: appassionato di musica, suona il violino. Ma è più portato per le materie scientifiche e, terminate le superiori, va al Politecnico di Torino dove, nel 1929, si laurea in Ingegneria industriale chimica. Dopo altri impieghi vince un concorso alle Ferrovie dello Stato, che nel 1933 lo assumono, assegnandolo all’Istituto Sperimentale FS, con sede a Roma in un fabbricato realizzato alla fine dell’Ottocento per la prima Stazione Trastevere, a Piazza Ippolito Nievo 29. Bernabei si stabilisce nella Capitale vicino a Piazza Mazzini, prima in via Sabotino 17, poi in via Baiamonti 2. Il suo babbo Corrado fa appena in tempo ad apprezzare i buoni risultati del figliolo: muore nel 1935. Elio – che dalle foto appare un bell’uomo, capelli curati, baffetti sottili – è ancora celibe, così la mamma si trasferisce a Roma da lui, pur conservando la casa a Montepulciano. In ferrovia è molto apprezzato per come svolge i suoi compiti tecnico-scientifici. Fa anche parte di un’importante associazione, il Collegio Ingegneri Ferroviari Italiani, di cui è vicesegretario, dove viene convinto, vincendone la ritrosia, a pubblicare un decina di studi sulle sue attività, che riscuotono grande apprezzamento. È insomma un funzionario promettente, gli si prospetta un’ottima carriera.
Cresciuto sotto il regime di Mussolini, Bernabei ha fin dalla maggiore età la tessera del Partito Nazionale Fascista. Poi, specie attraverso la lettura di autori del Risorgimento, in lui comincia a svilupparsi l’esigenza di un’Italia diversa. Inoltre è profondamente credente, animato da una fede “attiva”, vuole fare e partecipare. A Montepulciano frequenta l’Azione Cattolica, nell’Urbe fa parte del gruppo romano dei laureati cattolici (ricordiamo che alla presidenza della Federazione Universitaria Cattolica Italiana – F.U.C.I. – arriva nel 1939 Aldo Moro) e lavora nella Conferenza di San Vincenzo dei Paoli, con cui si dedica a visite domiciliari e altre attività di assistenza ai poveri, in particolare nella borgata di Primavalle.
Nel 1940 giudica l’entrata in guerra dell’Italia accanto alla Germania nazista come contraria, oltre che ai nostri interessi, ai suoi principi morali. Così gli cresce dentro l’ostilità al fascismo, vuole sentirsi libero. E «la libertà e la dignità non devono esserci semplicemente elargite da chi combatte per una stessa idea: dobbiamo guadagnarcele anche noi, se vogliamo che siano veramente nostre». Questo dichiara durante un lungo viaggio in treno a un amico, il vecchio socialista Giovanni Mariotti: insomma, medita di entrare in azione. Continuando a frequentare Montepulciano, intensifica i contatti con antifascisti locali, sia laici sia credenti. Fra questi ultimi, molti suoi giovani amici dell’Azione Cattolica locale, che poi confluirà nel Movimento cristiano sociale, fondato nel 1940 da due studiosi che lavorano alla Biblioteca Vaticana, dove ha trovato rifugio anche Alcide De Gasperi, con cui però politicamente andranno poco d’accordo. Sono Gerardo Bruni, che sarà l’unico rappresentante di tale movimento eletto all’Assemblea Costituente, e Anna Maria Enriques Angioletti, che poi andrà a Firenze a operare nel Partito d’Azione e finirà fucilata dai nazifascisti nel 1944. Animatore del gruppo in Montepulciano è Lidio Bozzini, giovane poliziano che studia all’Università di Roma ed è in contatto col citato presidente della F.U.C.I. Moro. Il loro esponente più significativo è però il Conte Lucangelo Bracci Testasecca, erede di una famiglia toscana di tradizioni risorgimentali, che vive fra Roma (dove, nel salotto di casa sua in via IV novembre, si sono ritrovati per molto tempo importanti antifascisti come Giovanni Amendola, Piero Calamandrei, Emilio Lussu, i fratelli Rosselli e Gaetano Salvemini, che lì fu arrestato nel 1925) e la cittadina toscana, dove dagli anni ’30 (in concomitanza con l’apertura di un fascicolo della polizia politica nei suoi confronti, e continuando a frequentare Calamandrei che ha casa lì) preferisce ospitare soprattutto letterati e artisti, quali Renato Gottuso, Arturo Toscanini, Elsa Morante e Alberto Moravia, che in casa Bracci scriverà parte de Gli Indifferenti). I cristiano sociali, pur di matrice cattolica, affermano con energia, come dirà il fratello di Anna Enriques Agnoletti, l’azionista Enzo, “principi di socialità e di laicità, essenziali per i liberal-socialisti”, lontani dall’ispirazione più confessionale della Democrazia Cristiana e vicini appunto a quelli del Partito d’Azione, con cui in Toscana sigleranno anche un accordo di collaborazione.
Questo è l’humus in cui si muove Elio, morale e politico oltre che geografico, visto che si sposta anch’egli lungo l’asse Roma/Montepulciano, dove anzi torna più spesso per visitare la madre che, temendo bombardamenti sull’Urbe, ha riportato nella casa natia. Durante una di queste visite si colloca il ricordo di Giuseppe Momicchioli, all’epoca un fanciullo (poi medico dentista, nonché storico poliziano), che sta facendosi tagliare i capelli dal barbiere del paese, quando vede entrare “un signore alto, elegantemente vestito”: tutti i presenti si alzano in piedi e lo salutano molto calorosamente, per poi mettersi a commentare la situazione politica. Il ragazzo capisce che quel signore è l’ingegnere delle ferrovie di cui ha sentito parlare, solo molto tempo dopo comprenderà di essersi trovato in mezzo ad una riunione di antifascisti cittadini, che si vedevano in quel luogo tutti i sabati sera.
Con l’armistizio dell’8 settembre il centro nord d’Italia è occupato dai nazisti, Mussolini costituisce la Repubblica Sociale Italiana e inizia la Resistenza. I repubblichini vogliono trasferire i Ministeri lontano dal fronte, al nord: la Direzione Generale FS dovrebbe andare a Verona, ma il Direttore Luigi Velani riesce abilmente a procrastinare i traslochi, si spostano quindi in pochi. In particolare, nell’Istituto Sperimentale le apparecchiature scientifiche con cui si lavora vengono sì smontate e imballate, poi però parte solo un camion con qualche macchinario antiquato o addirittura guasto, il grosso resta lì, pure il personale che si muove non è molto. Bernabei rimane al suo posto di lavoro, pur avendo poco da lavorare: ormai è ora di agire.
Ma con chi? I cristiano sociali – mentre a Montepulciano collaborano con i partiti laici antifascisti – non sono potuti entrare nel Comitato Centrale di Liberazione Nazionale per l’opposizione dei democristiani. Fra i partiti interni al CCLN c’è invece il Pd’A, a cui Elio aderisce. Lo annoterà più tardi, nel commemorarlo, l’amico Mariotti: “politicamente aderiva alle fila del partito Cristiano Sociale, militarmente comandava le formazioni del partito d’Azione, pel settore di Piazza Mazzini”. Gli azionisti infatti organizzano la loro resistenza nella Capitale su otto Zone territoriali, ognuna divisa in vari Settori. Bernabei fa parte della Prima (fra San Pietro, Prati, Primavalle e Trionfale), dov’è Caposettore Militare del III Settore (appunto Piazza Mazzini, abita lì). S’incarica di compiti rischiosi: prepara squadre d’azione, partecipa ad azioni di sabotaggio, coordina il servizio stampa e, per finanziare tali attività, investe parte dei suoi risparmi. Arriva così a svolgere anche funzioni di Capo Zona e s’interfaccia con il Comitato Militare del Partito (che coordina le Zone) dove opera Armando Bussi, ferroviere pure lui, impiegato al Compartimento FS di Roma. Inoltre ospita nella sua casa un altro azionista di primo piano, Vincenzo Baldazzi detto “Cencio”. È un vecchio repubblicano, rientrato in città da un periodo di confino a Ponza, con un largo seguito nei quartieri popolari della Capitale, che ricorderà sempre le loro lunghe conversazioni serali sul futuro del Paese.
Gli Alleati il 22 gennaio 1944 sbarcano ad Anzio e Bernabei attende impaziente l’ordine d’insurrezione della Capitale. Ma i tedeschi bloccano gli angloamericani ed Elio, deluso, a metà febbraio torna a Montepulciano. E lì Giovanni Mariotti, mentre se ne sta nella sua baita in montagna, isolato da un’abbondate nevicata, se lo vede comparire sull’uscio, con scarponi, calzettoni e un giaccone pesante, “più simile a un buon signore di campagna che a un alto funzionario di città”. Di fronte al caminetto acceso, Elio si apre con l’amico: è in crisi, si chiede se valga la pena di correre tanti rischi. Mariotti lo tranquillizza e, pur raccomandandogli prudenza, lo invita alla fiducia, sull’esito della guerra non possono esserci dubbi. Bernabei, rincuorato, passa ancora qualche giorno in paese, torna a trovare gli amici dell’Azione Cattolica e si confronta con gli antifascisti nella bottega del barbiere. A fine febbraio saluta la madre e lascia la propria cittadina per tornare nell’Urbe e riprendere la lotta. Va pure nella borgata di Primavalle dai “suoi” poveri: non sa che sarà l’ultima volta.
A Roma opera una squadra speciale della polizia alle dirette dipendente del Questore Pietro Caruso, diretta dall’ex granatiere Pietro Koch, che riesce a infiltrare fra gli azionisti alcuni delatori, fra cui Francesco Argentino, già collaboratore del servizio segreto. Grazie a loro si può così preparare un elenco di partigiani con nomi e indirizzi ed arrestarne, fra il 1° e il 2 marzo 1944, parecchi (compreso Armando Bussi). Bernabei s’è mosso con prudenza, i traditori lo conoscono solo di vista, tant’è che in quell’elenco non c’è. Purtroppo in tasca di un arrestato trovano un taccuino, con l’indirizzo di un altro compagno, un certo Rizzo. La mattina del 3 i fascisti sono in casa di questi e stanno per portarlo via, quando squilla il telefono: è Elio. Il padrone di casa viene costretto a rispondere e poi a passare il telefono a Koch stesso che, imitandone la voce, riesce a concordare un appuntamento a Piazza Cavour. I poliziotti non sanno che viso abbia il nostro, ma l’Argentino sì, lo vede, lo riconosce e lo fa arrestare. È detenuto e torturato per un paio di giorni nella Pensione Oltremare di Via Principe Amedeo 2, dove la squadra ha in quei giorni la sede operativa, intanto gli vanno a perquisire la casa. “Cencio“ Baldazzi, più fortunato del compagno, al momento della perquisizione non c’è, sfugge così all’arresto. Torna più tardi, diverse volte e, non trovandolo, capisce che è stato preso. Il 5 marzo Elio è trasferito nel carcere di Regina Coeli. Dalla prigione riesce a mandare ad un collega dell’Istituto Sperimentale una lettera gentilissima ove, scusandosi per il disturbo che sta arrecando, gli raccomanda la madre, che immagina molto in ansia, pregandolo di dire alla donna una bugia, cioè che Elio si era dovuto nascondere per non essere trasferito al Nord con la Direzione Generale FS. Pare abbia la possibilità di essere ricoverato in infermeria dove ci sono vari compagni, che il 19 verranno prelevati dai tedeschi. Ma riusciranno a fuggire e si salveranno. Elio invece non ci va, vuole restare nella cella che divide con altri due azionisti.
Alle 15.50 del 23 marzo, in via Rasella, una bomba partigiana fa 33 vittime fra i tedeschi, che subito decidono di uccidere per rappresaglia 330 antifascisti; i prigionieri che hanno non bastano, gliene mancano 50 che chiedono al Questore Caruso. La mattina del 24 costui – sentito il Ministro del Governo fascista Buffarini Guidi e con l’aiuto di Koch – redige l’elenco e glieli consegna: ci sono quasi tutti gli azionisti appena arrestati, fra cui Bussi e Bernabei. Così, a nemmeno 24 ore dall’attentato, gli ostaggi sono sui camion diretti verso la via Ardeatina. La mattina del 25 il Comando tedesco comunica ufficialmente l’uccisione dei suoi 33 soldati, la conseguente decisione di fucilare dieci ostaggi per ognuno di essi e che “l’ordine è già stato eseguito”. Fra i romani la mancanza dei nominativi degli uccisi getta nell’ansia centinaia di famiglie, che non sanno dove siano i propri cari e li temono fra le vittime.
Pochi giorni dopo le voci sull’accaduto arrivano a Montepulciano e per la mamma di Elio, da tempo senza notizie del figlio, comincia un’alternanza di paura e speranze, che durerà a lungo. Ciò nonostante che, il 19 maggio, le venga inviata dalla polizia germanica di stanza in via Tasso la comunicazione dell’avvenuto decesso: però all’indirizzo romano, dove non c’è nessuno. La troverà più tardi un cugino di Elio che sta a Roma, ma per varie difficoltà di comunicazione è solo il 27 luglio che entra in casa della donna, per darle la triste conferma, il parroco Padre Anselmo. È accompagnato fino all’uscio da due chierichetti, fra cui il già citato Giuseppe Momicchioli, che poi racconterà l’episodio ricordando come, sulla via del ritorno, il prete fosse silenzioso e pallido mentre nella mente dei due ragazzi “rimase solo il ricordo di quella tristezza di cui non capivamo la ragione ma che avevamo ugualmente condiviso”.
All’inizio di settembre gli esami medico-legali, svolti in un laboratorio allestito all’interno delle Fosse Ardeatine, portano all’identificazione della salma di Elio: la sua bara è collocata insieme alle altre in una galleria dello stesso complesso. Si sta decidendo di costruire nel luogo del martirio un mausoleo per i caduti, ma la signora Concetta preferisce riportare il figlio a Montepulciano, nella Cappella di famiglia presso il Cimitero di Santa Chiara. Nel gennaio 1945 Bernabei viene così tumulato accanto al babbo e altri familiari: fra i commossi discorsi che sono pronunciati c’è quello di Lucangelo Bracci, divenuto nel frattempo sindaco. Più tardi, il 15 luglio dello stesso anno, nel locale Municipio è collocata una lapide in suo ricordo.
La madre di Elio – “sora Concetta”, come la chiamano tutti – muore nel 1955 ed è sepolta anch’essa nella tomba familiare. Lascia i suoi beni in beneficenza, fra l’altro alla Pia Arciconfraternita di Misericordia di Montepulciano per la gestione di un ricovero per anziani, costituito nel 1924 a seguito di un precedente lascito della famiglia Cocconi. Ricovero che oggi, col nome di Casa di Riposo Cocconi-Bernabei, ne perpetua la memoria. Sempre a Montepulciano, il 29 giugno 2013, a Elio sarà dedicata una strada con un’altra più recente iscrizione.
A Roma, il 24 marzo 1949, viene inaugurato il Mausoleo delle Fosse Ardeatine, con i sacelli di tutte le vittime, compreso quello di Bernabei, al n.196. Non risulta che la salma vi sia stata riportata da Montepulciano, possiamo considerare quel sacello un cenotafio, che gli rende onore ma è vuoto. Non è l’unico caso: Manlio Gelsomini, a cui è intestato il sacello 34, è sepolto al Cimitero del Verano. Poi, il 24 marzo 1950, presso l’Istituto Sperimentale viene scoperta una stele marmorea in onore del nostro alla presenza di varie autorità, fra cui il Sottosegretario ai Trasporti Bernardo Mattarella, padre del futuro Presidente della Repubblica Sergio. La stele resterà lì fino al 2005 quando le Ferrovie venderanno l’edificio, sembra che oggi sia custodita in un loro magazzino. Nella Capitale possiamo anche ritrovare il nome di Bernabei in un’ulteriore lapide del giugno 1945, posta vicino San Pietro, in Piazza Pia, ove figura fra i trenta caduti del Partito d’Azione nella Prima Zona. Va infine citata un’ultima iscrizione dedicata a sei ferrovieri caduti alle Ardeatine, fra cui Bernabei e Bussi, collocata nell’ottobre 2013 al Binario 1 della Stazione Tiburtina.
Come dice un verso del Poliziano, “Chi ha tempo e tempo aspetta, tempo perde“. Elio di tempo non ne ebbe molto, solo trentasei anni. Ma certo non aspettò e non li perse.
di Armando Bussi
BIBLIOGRAFIA
– Parisella A. (a cura di), Gerardo Bruni e i cristiano-sociali, Edizioni lavoro, Roma 1984
– Mariotti G., Resistenza e riscossa nella terra del Poliziano, Le Balze, Montepulciano 2003
– Polo M., Consonanze azioniste fra Lucangelo Bracci Testasecca e Lidio Bozzini, il Ponte, n.6/2011, pp. 82-93
– Polo M., Civiltà e libertà. Margherita Papafava e Lucangelo Bracci dalla Grande Guerra alla Repubblica, il Ponte, Firenze 2013
– Momicchioli G., La Macchina del tempo, Andrea Comunicazione, Sinalunga 2015
– Bussi A., Due vite, tante vite. Storie di ferrovia e di resistenza, Luigi Pellegrini Editore, Cosenza 2022