Alessandro Calisti

Bob Marley, la voce degli ultimi tra musica reggae e impegno politico.

Uscito in sala nel febbraio del 2024, Bob Marley – One love è un biopic diretto da Reinaldo Marcus Green, incentrato sulla vita del celebre cantante e musicista reggae giamaicano.
Robert Nesta Marley nacque in uno sperduto villaggio in Giamaica nel 1945, da un capitano della marina di discendenza inglese e da una giovane donna giamaicana, diciottenne. La relazione mista generò uno scandalo nella famiglia Marley. Il padre di Bob, dopo una fase iniziale in cui aiutò economicamente il figlio e sua madre, decise di abbandonarli in seguito delle pressioni ricevute. Il giovane Marley fu vittima di numerosi pregiudizi razziali a causa del sangue misto e del colore della pelle, molto più chiara rispetto ai suoi coetanei. Anche il periodo trascorso a Trenchtown, sobborgo povero e degradato di Kingston, influì sulla sua visione del mondo. Il tema del rifiuto da parte della società, e quello dell’emarginazione sociale da lui vissuta, ne caratterizzeranno i contenuti
artistici e politici per tutta la vita.

Il film ci riporta nel 1976 a Kingston, capitale della Giamaica, che vive in quel periodo in un clima difficile, tra divisioni politiche e guerriglia urbana. Da questo momento in poi, nei successivi cinque anni, si sviluppa e si conclude la vicenda di un uomo che ha saputo
rappresentare un messaggio di pace e di speranza in tutto il mondo. Come si è accennato, sull’isola caraibica sono tempi caratterizzati da violenza e conflitti. I due principali partiti politici si contendono il potere ed innescano una lotta armata. Da una parte il Partito Nazionale del Popolo guidato da Michael Manley, dall’altra il Partito Laburista Giamaicano del leader Edward Seaga. Storica colonia britannica, e oggi monarchia parlamentare (Reame del Commonwealth), la Giamaica ha vissuto anche di recente periodi molto difficili: crisi politiche e disordini si sono succeduti senza soluzione di continuità.
Bob Marley, insieme allo storico gruppo The Wailers, alla fine del 1976 sta organizzando un grande concerto gratuito, convinto che la musica possa portare un messaggio di pace e far cessare la violenza. Poco prima di esibirsi, il 3 dicembre, Marley subisce un attentato con numerosi colpi di arma da fuoco, da cui riesce a salvarsi miracolosamente. Anche la moglie Rita e il suo manager, Don Taylor, entrambi feriti, si salvano. Nonostante la faticosa partecipazione al concerto, sembra che i tempi non siano ancora maturi perché il suo messaggio di pace sia accolto sull’isola. Seguirà un periodo di allontanamento volontario verso l’Europa, periodo fondamentale e fortunatissimo dal punto di vista discografico.
A Londra Bob Marley and The Wailers registrano infatti l’album Exodus, tra i lavori più rappresentativi della band e della musica raggae in generale. Ne segue un tour con un record di incassi nelle principali capitali europee, fino a fare di Marley una vera e propria rock star. Ma il suo scopo non è quello di raggiungere la fama e il successo. Grazie alla moglie Rita, principale compagna di vita con cui ha avuto tre figli, corista del gruppo e sua mentore, Bob decide che è il momento di tornare alle origini. Rita, infatti, richiama alla coscienza del marito il ruolo di rappresentante degli ultimi e di Messiah della religione Rastafari. Bob, che è diventato rasta fin dall’adolescenza, sogna da troppo tempo di organizzare un tour in Africa, che vorrebbe raggiungere al più presto per promuovere l’unione delle popolazioni di colore.

Forse non tutti sanno che il Rastafarianesimo è una religione monoteista, che si propone erede del cristianesimo e si sviluppò a partire dagli anni Trenta del Novecento. Il termine Ras-Tafari deriva da Tafari, nome originario dell’imperatore d’Etiopia Hailé Selassié I, a cui si aggiunge il termine Ras, titolo aristocratico etiope ancora oggi usato nel senso di Guida, Capo. Hailé Selassié I è stato imperatore dal 1930 al 1974. Nel 1936, il regime fascista di Mussolini decise di aggredire e occupare l’Etiopia, costringendo Selassié all’esilio, fino al rientro nel 1941. Successivamente l’Etiopia fu trasformata in uno Stato socialista. Il suo nome, come è ben ricostruito nel film, rimane molto legato alla cultura giamaicana e al concetto di riunificazione con le popolazioni africane.
Bob Marley – One love è dunque un lungometraggio articolato, incentrato sulla vicenda di una leggenda della musica, che affronta al contempo vari temi: dalla politica alla storia del colonialismo europeo, passando per la religione rastafari e raccontando il successo del reggae negli anni Settanta e Ottanta. Fedele la ricostruzione degli esordi di carriera e dell’incontro con i musicisti Bunny Livingston e Peter Tosh. Inutile dire che la colonna sonora di questo lavoro biografico, con le canzoni originali, è sicuramente di grande attrattiva per gli appassionati del genere. Molto toccante la scena in cui Bob, davanti alla moglie e ai figli, canta Redemption song, quella che per molti è considerato fra le canzoni più rappresentative per poetica e messaggio politico, forse il suo testamento spirituale.
Il ruolo del protagonista è affidato all’attore Kingsley Ben-Adir che, visto con i capelli corti e senza i tipici dreadlocks, fa decisamente un altro effetto rispetto ad altri lavori… Nel cast troviamo anche Lashana Lynch nel ruolo della moglie Rita, James Norton, Tosin Cole, Anthony Welsh, Michael Gandolfini, Sheldon Shepherd, Umi Myers e Nadine Marshall.
A più di quarant’anni dalla sua scomparsa, il messaggio politico di Marley resta ancora tragicamente attuale. I testi delle sue canzoni sembrano oggi preghiere di speranza e di libertà, in uno scenario internazionale dominato da conflitti e diseguaglianze.

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